Nei giorni scorsi il direttore Mattia Feltri ha molto opportunamente sollevato la questione dei medici immigrati che vivono da lungo tempo nel nostro Paese hanno pari titolo dei medici italiani, si sono prodigati nella lotta contro il coronavirus ma non sono considerati parte del sistema sanitario pubblico.
Tranne una norma recente che offre questa possibilità alle Regioni per un periodo di tempo determinato. Mattia Feltri citava l’esempio di Macron che ha deciso la cittadinanza onoraria per alcuni medici molto impegnati contro il coronavirus.
Ieri il dottor Foad Aodi, presidente dell’Amsi, ha rivolto un appello al presidente Mattarella e ha ricordato che i professionisti in sanità di origine straniera in Italia sono 77.500.
L’emergenza in cui ci troviamo a vivere svela in realtà un paradosso di questo nostro Paese che va guardato in faccia e va affrontato e superato. È il paradosso dell’integrazione taciuta e nascosta e delle discriminazioni di fatto che il mancato riconoscimento del valore delle politiche di integrazione e di pacifica convivenza producono.
Perché professionisti immigrati che hanno i titoli, le competenze, l’esperienza richieste dal nostro ordinamento sanitario, hanno una lunga permanenza nel nostro Paese non possono partecipare ai concorsi per lavorare nella sanità pubblica se non hanno la cittadinanza Italiana? Perché possono invece lavorare nella sanità privata?
Il paradosso dell’integrazione negata consiste nel fatto che nel nostro Paese un immigrato pur con lunga residenza, pur con titoli di studio e comprovata professionalità può svolgere lavori solo nel settore dell’industria, del manifatturiero, nell’edilizia, nelle famiglie, nell’agricoltura oppure in settori di insegnamento e sanitario purché privati.
Nella pubblica amministrazione non contano titoli, competenze, lealtà alla Repubblica, lungo-residenza… o si è italiani, con la cittadinanza italiana, o non è previsto l’accesso.
Il caso dei medici tanto più in un momento drammatico come questo fa vedere tutta la incongruenza di tale normativa.
È questo il momento di cambiare la norma e di prevedere che i medici di origine straniera con un permesso di soggiorno di lungo-residenza e con titoli di studio e di tirocinio adeguati possano partecipare ai concorsi previsti dalla sanità pubblica. Se non ora, quando?
È un punto importante del programma di governo dato il rilievo che ha in questo tempo e dovrà avere sempre la salute delle persone e lo stato della nostra sanità pubblica.
fonte: HUFFPOST
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