L’IMPATTO DELLA PANDEMIA SULLA POPOLAZIONE: lo studio Passi e Passi d’argento

La pandemia di COVID-19 ha investito la collettività su molteplici aspetti di vita e non solo relativi alla salute, ma anche economici, sociali e culturali. L’impatto della pandemia sulle condizioni economiche e lavorative, sullo stato emotivo e sulla domanda di cura della popolazione, la percezione del rischio del contagio e dei suoi esiti, la disponibilità a vaccinarsi contro SARS-CoV-2, l’uso delle mascherine, la fiducia dei cittadini nelle istituzioni, sono aspetti indagati in PASSI e PASSI d’Argento. È online un report con i primi risultati su un campione di 2700 persone, raccolti fra agosto e novembre 2020.

Scarica il rapporto: in italiano (pdf 2,8 Mb) e inglese (pdf 2,3 Mb)

I primi risultati sulla percezione del rischio e sui comportamenti degli italiani nello scenario pandemico realizzati con il nuovo modulo Covid che integra, con 17 nuove domande, la sorveglianza Passi e Passi d’Argento dell’ISS

Quasi la totalità della popolazione tra i giovani e gli ultra65enni ha indossato la mascherina nei luoghi pubblici chiusi e sui mezzi di trasporto. Ma una persona su tre ha dichiarato di aver visto peggiorare la propria condizione economica. Tra gli anziani l’84% ha dichiarato che è disponibile a vaccinarsi contro Sars-Cov-2; ma anche nella popolazione adulta la disponibilità a vaccinarsi sembra elevata (67%).

Sono i primi risultati di un approfondimento realizzato nell’ambito delle sorveglianze Passi e Passi d’Argento, coordinate dall’ISS, nei mesi tra agosto e novembre su un campione di 2.700 intervistati, attraverso il modulo Covid.

“I risultati di questa survey – dice Silvio Brusaferro, presidente dell’ISS – mostrano un atteggiamento di responsabilità degli italiani che, nonostante i sacrifici, hanno sostanzialmente rispettato le misure con costanza ma anche con una prospettiva di fiducia nella scienza. I dati inoltre hanno un valore fondamentale poiché orientano sui bisogni di continuità socioassistenziale. In questi mesi di emergenza sanitaria, infatti, è necessario alzare il livello di attenzione sui bisogni legati alle conseguenze della “fatica pandemica” e questi dati sono importanti indicazioni soprattutto per la tutela dei più fragili”.

Questo report è stato realizzato attraverso le risposte a 17 nuove domande che affiancano e integrano le sezioni standard dei questionari PASSI e PASSI d’Argento e si propongono di indagare alcuni aspetti peculiari che descrivono la percezione del rischio e i comportamenti della popolazione nello scenario pandemico, ma anche di valutare l’impatto diretto della pandemia, su breve, medio e lungo periodo, sullo stato di salute e sui suoi maggiori determinanti sociali. Questi dati, via via che il campione di interviste cresce, saranno aggiornati per tutto il 2021.

 “Questi dati, raccolti dai Dipartimenti di Prevenzione nell’ambito delle sorveglianze PASSI e PASSI d’Argento, attraverso un modulo dedicato al tema Covid-19 introdotto nello scorso agosto ad integrazione dei questionari standard – dice Angela Spinelli, direttrice del Centro Nazionale per la Prevenzione delle malattie e la Promozione della Salute dell’ISS – sono preziosi e di grande supporto alle decisioni collaterali la pandemia. I Dipartimenti di Prevenzione rappresentano il vero punto di forza di questi sistemi di sorveglianza, ne costituiscono il motore, sono la garanzia di un’alta adesione dei cittadini all’indagine e assicurano la qualità dei dati raccolti e la robustezza del campione. Anche in questo periodo di straordinaria emergenza sanitaria in cui tutte le risorse disponibili dei Dipartimenti di Prevenzione vengono convogliate sulle attività di gestione dell’epidemia di Covid-19, non dobbiamo dimenticare gli altri aspetti della salute ed è necessario rafforzare e supportare queste strutture affinché il patrimonio informativo di tali sorveglianze non si disperda e continui invece ad orientare le politiche e gli interventi di prevenzione e a monitorarne l’efficacia nel tempo”

I dati della survey

La disponibilità a vaccinarsi contro il Sars-CoV-2

Complessivamente, il 67% degli intervistati 18-69enni dichiara che sarebbe disposto a vaccinarsi (metà risponde che lo farebbe senza esitazione, l’altra metà risponde che lo farebbe con molta probabilità). Le persone più istruite sono maggiormente disposte a vaccinarsi (71% fra le persone con diploma di scuola superiore o laurea e 56% fra chi ha conseguito al più la licenzia media); qualche differenza si osserva per risorse finanziarie (69% fra chi non ha difficoltà economiche, il 63% di chi ne ha) e per genere ( gli uomini sono più propensi delle donne a vaccinarsi, 74% vs 60%).

L’età non disegna un vero gradiente ma mostra che i più giovani, 18-34enni, sarebbero ben disposti a vaccinarsi più di altri (76%) rispetto ai 50-69enni (67%) e ai 35-49enni (59%).

Fra gli ultra 65enni la disponibilità a vaccinarsi è decisamente più alta che nel resto della popolazione: l’84% dichiara che sarebbe disposto a farlo (il 57% certamente, il 28% probabilmente) e non sembrano esserci sostanziali differenze nei sottogruppi della popolazione, si conferma che sarebbero gli uomini più delle donne (il 90% contro il 79%) disponibili a farlo.

Questi dati incoraggiano a immaginare una buona adesione di tutta la popolazione a una eventuale campagna vaccinale contro Sars-CoV-2, anche se c’è una quota non trascurabile di adulti che riferisce di non essere disponibile a vaccinarsi (33%). È anche bene sottolineare però che si tratta di dati raccolti, in gran parte, nelle settimane precedenti l’uscita delle notizie sui vaccini in produzione, quindi non si può escludere che la maggiore disponibilità di informazioni, che saranno via via disponibili, sui vaccini, sulle loro caratteristiche ed efficacia, nonché sulla commercializzazione, e le modalità con cui tali informazioni verranno veicolate non possa indurre cambiamenti nella propensione dei cittadini.

La pandemia e la rinuncia alle cure nell’anziano

Nel modulo COVID in PASSI d’Argento si misura questo aspetto con due domande specifiche che indagano la rinuncia a visite mediche e ad esami diagnostici (programmati) nei 12 mesi precedenti l’intervista e le motivazioni addotte: fra i motivi della rinuncia, vi sono la sospensione da parte del centro dell’erogazione del servizio a causa COVID e il timore di contagio.

I dati non sono incoraggianti e nel campione delle oltre 1200 interviste realizzate fra gli ultra 65enni una quota rilevante, pari al 44%, dichiara di aver rinunciato nei 12 mesi precedenti ad almeno una visita medica (o esame diagnostico) di cui avrebbe avuto bisogno, in particolare il 28% ha dovuto rinunciarvi per sospensione del servizio mentre il 16% lo ha fatto volontariamente per timore del contagio.

Questi dati non mostrano differenze significative per caratteristiche sociodemografiche dei rispondenti; tuttavia, si nota che la scelta di rinunciare volontariamente alla visita medica o all’esame diagnostico per timore del contagio è più frequente fra le donne (19% vs 13% fra gli uomini) e fra le persone con un livello di istruzione maggiore.

Uso della mascherina

La quasi totalità degli intervistati riferisce di aver indossato “sempre” la mascherina nel caso di uso dei trasporti pubblici e nei locali pubblici. Senza distinzione di età, genere o condizioni sociali, la stragrande maggioranza dei residenti in Italia indossa le mascherine in queste circostanze.

Anche l’uso della mascherina all’aperto è elevato: riferiscono di indossare spesso/sempre la mascherina all’aperto il 74% dei 18-69enni e l’84% degli ultra 65enni. Non si intravedono differenze per classi sociali, si intravede invece una differenza di genere con le donne più propense degli uomini all’uso della mascherina (78% vs 69% fra gli adulti; 86% vs 81% fra gli anziani). Anche i più giovani di 18-34 anni riferiscono un uso della mascherina all’aperto non troppo diverso da quello del resto degli adulti.

Impatto sulle condizioni economiche e lavorative

Il 32% della popolazione tra i 18 e i 69 anni ha dichiarato che le proprie risorse economiche sono peggiorate a causa dell’impatto della crisi legata al Covid. Tra i più giovani, ma soprattutto nelle età centrali, 35-49 anni (presumibilmente più rappresentative di famiglie con figli piccoli), la quota di chi riferisce un peggioramento sale al 36%, mentre è del 28% fra i 50-69enni.

Un lavoratore su tre, inoltre, ha subito perdite economiche: mantenendo lo stesso lavoro ma con una ridotta retribuzione (28%) o perdendolo del tutto (il 4%). Durante il lockdown nazionale (marzo-aprile 2020), il 37% degli intervistati ha continuato a lavorare nella sede abituale, mentre il 33% ha lavorato in modalità smart working e, in particolare, il 18% in modo esclusivo; il 29% ha invece smesso di lavorare.

Fra gli ultra 65enni, una quota più bassa ma non trascurabile (12%) riferisce un peggioramento delle proprie disponibilità economiche a causa della crisi legata alla pandemia leggi tutto sul comunicato ISS

fonte: EpiCentro

foto cover: onb.it

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