La diffusione mondiale del COVID-19 è stata accompagnata da un’ondata di disinformazione che sta minando le risposte politiche e amplificando la sfiducia e la preoccupazione tra i cittadini. In tutto il mondo, i governi stanno facendo leva sulla comunicazione pubblica per contrastare la disinformazione e sostenere le politiche. La comunicazione pubblica è efficace se si basa sui principi dell’ open government, in particolare sulla trasparenza, per creare fiducia nelle istituzioni pubbliche da parte delle persone. Il presente policy brief fornisce una descrizione dell’ondata di disinformazione che ha accompagnato (e continua ad accompagnare) la pandemia di Covid-19 e riporta alcuni esempi di come i paesi membri dell’OCSE hanno risposto a tale ondata, in particolare attraverso iniziative di comunicazione pubblica. Il documento offre, inoltre, alcune linee guida preliminari sul coinvolgimento dei cittadini durante una crisi sanitaria.
Le riflessioni presentate si basano sulle evidenze acquisite attraverso le attività costanti di raccolta dati dell’OCSE con i paesi membri e partner, a partire dall’analisi in corso da parte della Open and Innovative Government Division dell’OCSE sul ruolo della comunicazione pubblica e dell’ecosistema dei media per promuovere i principi dell’open government, quali trasparenza, responsabilità, integrità e partecipazione dei cittadini.
Il presente documento integra il lavoro di analisi sulla Lotta alla disinformazione relativa al Covid-19 sulle piattaforme online, sviluppata dal Directorate on Science, Technology and Innovation (STI) dell’OCSE, nonché un prossimo documento di lavoro che analizza attraverso uno sguardo più completo le Governance Responses To Disinformation (Risposte della Governance alla disinformazione) per analizzare in che modo i principi dell’open government possono informare le decisioni politiche. Insieme, queste pubblicazioni fanno parte di un emergente quadro di indagine olistico sul ruolo della comunicazione pubblica per una buona governance. Gli esempi delle iniziative dei paesi inclusi in questo documento intendono illustrare le pratiche correnti.
Comprendere la sfida alla disinformazione
La disinformazione sta influenzando le risposte dei paesi alla pandemia mondiale, minando la fiducia, amplificando le paure e talvolta portando a comportamenti dannosi per la salute. In un momento in cui la fiducia dei cittadini e il rispetto delle misure, dai lockdown alle linee guida sull’igiene, sono della massima importanza, un’ondata di disinformazione sta minando le risposte del governo alla pandemia Covid-19 e sta mettendo a rischio la salute delle persone. Cure mediche non scientificamente provate, tecniche di prevenzione e altre false informazioni stanno invadendo Internet e vengono diffuse dagli utenti le cui preoccupazioni sono rafforzate dall’enorme volume di informazioni contrastanti. La lotta contro l”infodemia” (WHO, 2020) è una delle linee prioritarie nella gestione della pandemia di Coronavirus. Le tipologie di disinformazione che circolano attorno al virus stanno diventando sempre più complesse. A differenza dei precedenti episodi di disinformazione diffusa, sono pochi i contenuti attuali completamente inventati. Al contrario, i fatti sono spesso manipolati e le teorie ancora da dimostrare vengono fatte passare come scoperte rivoluzionarie, sfruttando le incertezze scientifiche esistenti. Secondo un’analisi del Reuters Institute su un campione di contenuti falsi sul Covid-19, il 59% di questi si basa in una certa misura su informazioni vere che sono state manipolate, mentre il 38% è interamente inventato (Brennen et al., 2020).
Sebbene “disinformazione” sia il termine più comune per riferirsi a contenuti falsi, dannosi e fuorvianti nei media e nell’ ecosistema dell’informazione[1] (e quello utilizzato in questo documento), il dibattito su questo tema ruota attorno a tre concetti principali, utili per cogliere le sfumature che ne stanno alla base:
Misinformazione– quando informazioni false vengono diffuse ma senza l’intento di creare un danno.
Disinformazione – quando informazioni false vengo diffuse consapevolmente, con l’intento di creare un danno.
Malinformazione – quando informazioni autentiche vengono diffuse con l’intento di creare un danno, spesso rendendo pubblico ciò che è stato progettato per rimanere nella sfera privata.
Nel campione del Reuters Institute, i social media sono la fonte dell’88% della misinformazione circolante. La misinformazione e la disinformazione si stanno diffondendo sempre di più attraverso i servizi di messaggistica come WhatsApp o Facebook Messenger, che non sono accessibili a osservatori esterni e a moderatori di contenuti e pertanto sono meno visibili e più difficili da contrastare all’origine (Newman et al., 2019). Questi risultati evidenziano il ruolo centrale che le aziende quali Facebook, Twitter e altre piattsforme social rivestono nell’affrontare il problema, come descritto nel policy brief dell’OCSE “Combating Covid-19 Disinformation on Online Platforms” (OCSE, 2020) . Anche la portata reale della disinformazione è difficile da stimare, poiché alcune ricerche suggeriscono che le persone sono propense a condividere misinformazioni più di quanto non credano (Pennycook et al., 2020).
Alcune raccomandazioni per la prevenzione sono infondate e spesso sono fornite da individui che si fingono esperti medici o che attribuiscono falsamente le informazioni a enti sanitari e di ricerca, rendendo più difficile discernerne la validità (NHS England, 2020). Al contrario, voci che mettono in dubbio l’efficacia del distanziamento sociale o informazioni fuorvianti su come si verifica il contagio hanno convinto alcune persone a continuare a comportarsi “come se nulla fosse” a dispetto delle linee guida ufficiali (Seitz, 2020).
In molti paesi, un’iniziale esitazione da parte dei governi nel comunicare in modo deciso, anche rispetto all’incertezza e alle incognite che ruotano attorno alla pandemia, ha lasciato spazio alla diffusione della misinformazione, mentre le persone cercavano delle risposte tempestive. Essere chiari anche riguardo all’incertezza è invece molto importante per trasmettere pareri scientifici che sono soggetti a modifiche legate alle evidenze via via emergenti (OCSE, 2020). Secondo un recente studio (Jamieson e Albarracin , 2020), la situazione è aggravata dalle “lacune nelle conoscenze di base [sulla salute] del pubblico che […] dovrebbero far riflettere chi si occupa di sanità pubblica sulla continua necessità di una comunicazione efficace delle informazioni necessarie, molto prima che sopraggiunga una crisi”. Queste lacune possono aiutare a spiegare la propensione del pubblico a credere nelle proprietà curative del Covid-19 di sostanze come la vitamina C e dei disinfettanti. Questa situazione è un chiaro stimolo ad investire in una migliore comunicazione e nello sviluppo dell’health literacy delle persone (Moreira, 2018).
Le conseguenze negative della misinformazione si vedono offline, in casi come quello di un decesso causato dal consumo di clorochina per combattere il virus (Waldrop, Aslup e McLaughlin, 2020), o quando le torri 5G sono state danneggiate a seguito della diffusione di infondate teorie che collegano la rete al virus (Satariano e Alba, 2020). Ci si aspetta che la disinformazione venga utilizzata anche dal movimento no vax, non appena un vaccino anti COVID-19 diventerà disponibile, il che potrebbe potenzialmente minarne l’efficacia (Johnson et al., 2020).
La fiducia nelle istituzioni pubbliche dei paesi dell’OCSE, diminuita dopo la crisi finanziaria mondiale del 2008 (OCSE, 2019) ha ricevuto un’ulteriore spinta durante l’attuale pandemia (Edelman, 2020). Un’indagine di Edelman su dieci paesi ha rilevato che solo il 48% aveva fiducia nei propri governi come fonte di informazioni sul virus (Edelman, 2020).
Le false affermazioni su azioni, dati statistici o scelte politiche delle autorità pubbliche, compresi il governo e le organizzazioni internazionali, sono la categoria di disinformazione più grande (39%) identificata dallo studio del Reuters Institute, il che suggerisce che “i governi non sono sempre riusciti a fornire informazioni chiare, utili e affidabili per rispondere a pressanti questioni pubbliche” (Brennen et al., 2020).
Da un punto di vista comportamentale e cognitivo, l’ondata di disinformazione contribuisce al sovraccarico di informazioni che può portare a escludere informazioni importanti (City University of London, 2020). I cittadini devono confrontarsi con grandi volumi di informazioni sempre più in conflitto tra loro, che richiedono quindi uno sforzo di selezione e che devono competere con la limitata capacità di attenzione delle persone. L’aumento di volume delle informazioni ufficiali e credibili non è necessariamente garanzia di una comunicazione pubblica efficace, a meno che i contenuti non siano resi più accessibili per le diverse tipologie di destinatari attraverso i loro canali preferiti, dopo aver compreso i loro bias comportamentali e psicologici. Questo aspetto è importante soprattutto per i giovani, che tendono ad accedere alle notizie prevalentemente tramite i social media (OCSE, 2020).
Ad esempio, per quanto riguarda l’uso dei canali preferiti dai destinatari, uno studio inserito nella Misinformation Review ha raccomandato ai funzionari della sanità pubblica di cercare di diffondere attivamente messaggi su quelli che gli autori classificano come “media conservatori”, poiché si è notato che i loro destinatari sono meno fiduciosi e più a rischio di essere esposti a misinformazione e, come gruppo più anziano, di essere contagiati dal Coronavirus (Jamieson e Albarracin, 2020). Un tale approccio è importante per garantire che i messaggi chiave di prevenzione raggiungano tutti i destinatari. Esso sfrutta, inoltre, in modo efficace il canale attraverso il quale vengono trasmessi, poiché è più probabile che i diversi gruppi si fidino dei media che si allineano con le loro opinioni preesistenti.
In sintesi, la disinformazione minaccia l’efficacia e il rispetto delle misure di prevenzione in atto contro il Coronavirus. Inoltre, pone sfide alla ripresa economica e sociale in itinere. La polarizzazione e la sfiducia che ne derivano hanno implicazioni negative di lunga durata per l’azione di governo, la democrazia e la crescita inclusiva.
[1]Inteso come la combinazione di modelli di governance della comunicazione e dei media (istituzionali, legali, politici, normativi) e degli attori principali (governi, aziende di media tradizionali e sociali, giornalisti cittadini).
Il ruolo della comunicazione pubblica
Per contrastare in modo efficace la disinformazione che si è creata intorno alla pandemia è necessario uno sforzo coordinato da parte di tutti gli stakeholder, con una leadership pubblica ben definita. Una comunicazione strategica e trasparente [1] dovrebbe essere tra le prime linee di azione delle istituzioni pubbliche a tutti i livelli.
La comunicazione pubblica può essere utilizzata per diversi obiettivi legati alla lotta alla disinformazione:
- fornire ai cittadini informazioni accurate e veritiere;
- “smontare” in anticipo o smentire informazioni false o ingannevoli;
- educare i cittadini all’utilizzo e alla condivisione responsabile dei contenuti;
- sviluppare una maggiore e migliore comprensione dei comportamenti della popolazione, comprese le paure, le preoccupazioni e le aspettative
- coinvolgere i cittadini in una risposta collettiva all’infodemia.
Nella pratica, fare comunicazione pubblica significa diffondere informazioni di interesse pubblico che siano basate sui fatti, trasparenti e separate dalla comunicazione politica. Quest’ultima caratteristica è particolarmente rilevante nell’attuale contesto di elevata polarizzazione e frammentazione politica presente in molti paesi, poiché alcuni gruppi potrebbero avere maggiori probabilità di allontanarsi dalle informazioni ufficiali qualora le percepissero come politicizzate. In Italia, ad esempio, esiste una legge ad hoc sulla comunicazione delle Istituzioni che deve distinguere la comunicazione pubblica dalla comunicazione politica (ForumPA, 2020).
Per essere efficace e promuovere la fiducia del pubblico nei governi, qualsiasi attività di comunicazione pubblica deve essere guidata dai principi di trasparenza, integrità, responsabilità e partecipazione degli stakeholder, stabiliti nella OECD Recommendation of the Council on Open Government (OCSE, 2017).
Stabilire un mandato forte per la comunicazione pubblica è fondamentale per la sua efficacia nel combattere la disinformazione e conquistare la fiducia del pubblico. In tutti i paesi OCSE, la comunicazione pubblica sta dimostrando il suo valore come leva del governo e come strumento per la gestione della crisi e l’attuazione delle politiche. Inoltre, le risposte a un’indagine dell’OCSE indicano che i governi fanno sempre più affidamento sulla diffusione di informazioni accurate e tempestive per contrastare la misinformazione e la disinformazione. Per questo motivo, è importante che questo ruolo sia formalizzato e sostenuto da risorse adeguate. Ad esempio, secondo il governo spagnolo, diventare “una fonte di informazioni certe, trasparenti, continuative e rapide” attraverso i canali ufficiali è fondamentale per contrastare questo problema. Allo stesso modo, sottolinea che gli spazi lasciati “scoperti” dalle informazioni istituzionali e ufficiali possono essere occupati dalle false narrazioni.
Per avere successo, gli sforzi della comunicazione pubblica dovrebbero basarsi su approcci consolidati per strategia, coordinamento, prove e trasparenza, nonché su pratiche OCSE raccomandate per situazioni di rischio critico (OCSE, 2014). Al contrario, comunicazioni fuorvianti o contraddittorie rischiano di erodere la fiducia e di essere controproducenti. I governi e le istituzioni possono provocare essi stessi danni informativi e amplificare gli effetti della disinformazione non comunicando in modo sufficientemente tempestivo e chiaro e omettendo le informazioni essenziali.
[1] La comunicazione pubblica è intesa come qualsiasi attività o iniziativa di comunicazione condotta dalle istituzioni pubbliche per il bene pubblico. È diversa dalla comunicazione politica, che è legata al dibattito politico, alle elezioni o a partiti e figure politiche. Le attività di comunicazione pubblica possono comprendere la diffusione di informazioni, così come la consultazione e il dialogo con gli stakeholder.
Strategie e buone pratiche di comunicazione pubblica nel mondo
Comunicare con tempestività e accuratezza
Attraverso la comunicazione pubblica, il governo può ridurre la probabilità che la disinformazione si diffonda, comunicando le informazioni in modo tempestivo, non appena diventano disponibili. In questo periodo, molti governi organizzano dei briefing giornalieri per aggiornare i cittadini, in alcuni paesi, come la Corea, addirittura due volte al giorno. Allo stesso tempo, smentire le informazioni scorrette richiede un monitoraggio e una valutazione continua dei falsi contenuti che via via emergono. Infine, questa attività può essere supportata rinforzando in modo consistente le narrazioni ufficiali e convincendo il governo e le istituzioni pubbliche a comunicare “con una voce sola”.
Rendere la comunicazione partecipativa
Rispondere all’infodemia richiede uno sforzo da parte di tutta la società nel sostenere un ecosistema dell’informazione sano. Coinvolgere la comunità medico-scientifica nei tentativi di informare i cittadini e di dissuaderli dal credere ad affermazioni non verificate o false è stata una delle principali caratteristiche delle risposte dei paesi dell’OCSE. In modo analogo, lavorare con i media e con il mondo accademico per definire degli interventi contro la disinformazione è stata una parte della risposta dell’Italia, che ha istituito a livello governativo una task force composta da diversi stakeholder.
Infine, la comunicazione può consentire un dialogo bidirezionale con i cittadini che risponde in modo più diretto ai bisogni e offre ai governi spunti per il miglioramento della comunicazione. Questa pratica si sta diffondendo sempre di più sulle piattaforme di messaggistica come WhatsApp e Telegram, o su canali e chatbot dedicati che stanno nascendo, tra gli altri paesi, in Francia, Italia, Australia e Lettonia, ma anche attraverso i canali tradizionali, come le infoline telefoniche con i funzionari pubblici che forniscono assistenza all’utente, in paesi come la Grecia e la Finlandia. Lo stato americano del Kansas sta raccogliendo, attraverso una banca dati di racconti online, le storie personali dei cittadini che raccontano la loro esperienza e quale impatto ha avuto su di loro la pandemia
Anticipare e correggere la disinformazione
La ricerca emergente suggerisce che “smontare” in anticipo o esporre preventivamente il pubblico a piccole dosi di misinformazione in modo da metterne in evidenza i contenuti errati, può sviluppare il pensiero critico e insinuare il dubbio nel destinatario quando successivamente verrà esposto ad un falso contenuto (Roozenbeek et al., 2020). La Spagna è uno dei Paesi che sta adottando un simile approccio nelle sue comunicazioni, informando la popolazione sugli “sviluppi scientifici e sulle possibili bufale e dicerie ad essi associati”, sulla base dei consigli forniti dal suo COVID-19 Scientific Analysis Group e da altri esperti. Al contrario, un’ altra scuola di pensiero sostiene che contrastare le false informazioni, o smentire le bufale, possa aumentare l’attenzione e l’attrattiva delle bufale stesse.
Basare gli interventi sulle evidenze
La comunicazione strategica si costruisce su una robusta comprensione delle sfide informative, degli atteggiamenti dei destinatari e delle loro modalità di acquisizione delle informazioni e sulla valutazione delle attività comunicative. Per esempio, l’atteggiamento del pubblico nei confronti di chi veicola il messaggio ha delle implicazioni sulla comunicazione relativa al virus: l’85% dei rispondenti ad un’indagine in 10 paesi ha sostenuto che preferisce ascoltare gli scienziati piuttosto che i politici (Edelman, 2020). Questo indica che le evidenze scientifiche sono considerate importanti dalla popolazione nei messaggi di comunicazione pubblica. In Belgio e in Portogallo, così come in altri paesi, le conferenze stampa sulla pandemia sono tenuti da esperti scientifici. Un bando internazionale per rendere gratuito l’accesso alle pubblicazioni accademiche sul Covid-19 è un’ iniziativa altrettanto importante per garantire ai principali stakeholder le evidenze per combattere la disinformazione in tema di salute pubblica.
Comunicare in modo trasparente
Durante le crisi, è fondamentale rivelare l’incertezza sulla natura del problema e sulle difficili e delicate decisioni da prendere. La diffusione della disinformazione dimostra che nascondere le informazioni o non essere trasparenti su cosa si conosce e cosa non si conosce alimenta sospetti e sfiducia, che sono ugualmente pericolosi per l’ordine pubblico e l’efficacia delle misure di emergenza.
Mantenere la trasparenza e informare in modo proattivo i cittadini è sempre più riconosciuta come una delle modalità più efficaci per supportare l’implementazione delle politiche e ristabilire la fiducia, smontando le bufale e le false narrazioni. Oltre a contrastare la disinformazione, la trasparenza è utile anche a responsabilizzare i governi nella gestione della pandemia. Per esempio, lo Stato messicano di Nuevo León ha comunicato il suo budget 2020 attraverso un sito web dedicato per spiegare in che modo le spese sono state riviste alla luce della pandemia.
Adottare un approccio strategico alla comunicazione
Un approccio strategico implica un allineamento degli obiettivi e delle attività al fine di combattere la disinformazione. Esso comporta, inoltre, che vengano previste delle strutture appropriate e delle risorse umane ed economiche dedicate, per poter garantire una risposta efficace e coordinata, con la possibilità di fare degli aggiustamenti, data la continua evoluzione del panorama della disinformazione. Nel Regno Unito, è stata istituita una Rapid Response Unit per coordinare le azioni in questo ambito tra i diversi dipartimenti e le diverse funzioni del governo, mentre in Colombia il Ministero STI ha introdotto una Public Communication of Science and Public Outreach Strategy. Il governo canadese ha ampliato la comunicazione pubblica, destinando 50 milioni di dollari per finanziare gli sforzi extra della sua Public Health Agency in termini di comunicazione ed educazione pubblica alla salute. È altrettanto importante uno stretto coordinamento tra i vari soggetti che si occupano di comunicazione pubblica, dalle Istituzioni Sanitarie alle agenzie di protezione civile che guidano le risposte alla crisi.
I paesi stanno gestendo le loro risposte alla disinformazione attraverso unità dedicate e meccanismi di coordinamento interministeriali. Il Regno Unito e l’Italia hanno istituito delle taskforce all’interno del governo, mentre in Spagna e in Corea il coordinamento avviene tra gli enti che si occupano di comunicazione, le istituzioni sanitarie, la comunità scientifica e gli enti di protezione civile.
La maggior parte dei paesi sta lottando contro la misinformazione. I Ministeri della Salute e le agenzie scientifiche hanno assunto un ruolo centrale nel correggere le bufale e i rumors sul virus in Australia, Portogallo a in Francia, mentre in Austria, Belgio e Regno Unito questi sforzi sono stati fatti da unità di gestione della crisi dedicate.
Consigliare i cittadini su come acquisire e condividere i contenuti è l’oggetto di molte campagne di informazione pubblica in molteplici paesi. Per esempio, la campagna del Regno Unito “Non alimentare le bufale”, promuove una check-list per condividere i contenuti. La Spagna ha realizzato una guida sulla media e digital literacy per i cittadini, mentre la Germania promuove queste abilità a livello internazionale attraverso iniziative condotte dalla sua emittente radifonica Deutsche Welle.
I cittadini sono sempre più degli utilizzatori delle piattaforme di messaggistica istantanea, che offrono ai governi una delle migliori modalità per trasmettere i contenuti alla popolazione (e per dare delle risposte). Il canale Telegram del Ministero della Salute italiano ha sorpassato il mezzo milione di iscritti a due settimane dal lancio.
I profili personali dei funzionari pubblici sulle piattaforme social sono diventati una fonte importante di informazioni affidabili, una guida e uno degli strumenti più potenti contro la disinformazione. In molti paesi, tra cui il Belgio, la Grecia e la Corea sono stati quotidianamente gestiti da funzionari esperti di sanità pubblica. La Spagna ha creato dei gruppi su WhatsApp a cui si sono iscritti più di 250 giornalisti per fare domande in tempo reale durante le conferenze stampa istituzionali.
La comunicazione pubblica è solo una delle numerose leve che possono essere utilizzate contro la disinformazione, ma è un elemento essenziale dell’agenda di un open government. Affrontare questo problema dipende anche dalle piattaforme digitali e dai mercati dei media, attraverso i quali le informazioni sono strutturate e fornite e dai consumatori finali di tali informazioni. Questo ecosistema può essere migliorato attraverso diversi interventi, come indicato nel documento di lavoro OCSE Governance Responses To Disinformation: How open government principles can inform policy options.