Che il cittadino conosca il suo distretto. – LA SFIDA DELLA MEDICINA TERRITORIALE 5
Il lavoro del distretto non ha garanzie di efficacia senza un’interfaccia continua con i cittadini che lo abitano e le loro rappresentanze. Creare servizi territoriali in alternativa all’ospedale presume che il cittadino conosca il suo distretto, sappia che può ricevere risposte di qualità e di vicinanza. Le pretenda, anche segnalando le cattive pratiche se queste ledono il suo diritto alla salute. Denunci politiche sanitarie inadeguate o dannose. Ma, allo stesso tempo, non deleghi in toto la “cura” di sé, della propria famiglia, dei condomini o degli abitanti del suo rione alle istituzioni! Il percorso di cura è suo, gli appartiene, ne è responsabile, richiama un investimento di risorse personali!
Questa serie di passaggi, dalla conoscenza all’assunzione di responsabilità, abbiamo cercato di curarli, tutti. Così nel 2006 decidemmo di presentarci ai rioni del nostro distretto organizzando una iniziativa, Il distretto in piazza. Un gazebo per ogni servizio, operatori che con depliant e racconti spiegavano le attività. Un pomeriggio in piazza Hortis, di grande festosità. Tanti gli operatori presenti. Tanti i cittadini interessati. La sera un concerto.
Poi il Forum Salute del distretto 2: gli utenti, gli operatori di tutti i servizi dell’azienda sanitaria che insistevano nell’area territoriale, le associazioni di volontariato, le cooperative sociali, le istituzioni, le organizzazioni sindacali, negozianti, cittadini e altro ancora…iniziammo a incontrarci fino a una grande manifestazione pubblica, circa 300 persone, nella quale presentammo un documento che sulle varie aree tematiche (anziani, minori, famiglie ecc.) descriveva lo stato di salute e benessere dei cittadini dei rioni di riferimento e poneva alla discussione obiettivi di lavoro comune e partecipato. In quelle discussioni molte “certezze culturali” sono state messe in discussione. Tra le altre e non senza fatica: l’ospedale come il luogo per eccellenza, non eludibile della cura, la casa di riposo come esito obbligato delle persone che invecchiano nei loro ultimi anni di vita. Molte delle alternative pratiche e culturali alle varie forme di ricovero che si sono sviluppate nel tempo, se non fossero state discusse nel Forum, avrebbero di certo tardato a realizzarsi. Da questo senso di complicità e condivisione è derivato il sentimento di appartenenza al distretto; la rete di servizi sanitari territoriali viene intesa così come propria e viene difesa da tagli e cambiamenti di politica sanitaria. In momenti difficili, quando malsane strategie politiche hanno tentato di ridurre e bloccare la crescita della sanità territoriale, il Forum salute del Distretto 2 è stato un buono e utile alleato. Ma la discussione ha prodotto anche di più: iniziative di responsabilizzazione del singolo cittadino o dell’associazione nei confronti del proprio vicino, azioni di auto-aiuto e di reciprocità. Su questa linea bisognerebbe insistere se si vuole, attraverso la sanità, produrre una modifica dell’assetto sociale. … La sfida della medicina territoriale 5 – continua
La sfida della medicina territoriale 6 – Il racconto continua
In questa direzione, di recente, va l’organizzazione del lavoro dell’assistenza domiciliare: ricercare elementi epidemiologici, demografici, ambientali, culturali, storici, che caratterizzano il microterritorio, riconoscere e valorizzare i legami presenti, le risorse naturali, cercare di connettere il problema del singolo, la specifica azione sanitaria al contesto allargato. Non è facile e immediato per tutti gli operatori. Si tratta d’assumere una visione allargata centrata sull’insieme persona/casa/contesto e di dar seguito a quello che i determinanti di salute non sanitari rilevano. Ovvero riconoscere il loro concorso nella patogenesi della malattia e del suo decorso e ricercare tutte le possibili relative soluzioni. Comprendere che questa parte del lavoro rientra a pieno titolo nello specifico professionale del lavoro di medicina territoriale e di comunità è un obiettivo che il distretto ha perseguito nel tempo, ancora non pienamente raggiunto. Lavorando così è nata l’amicizia con il parroco e la parrocchia di piazzale Rosmini, l’apertura di un punto salute infermieristico dentro le sue mura, l’attivazione di un numero cospicuo di parrocchiani come volontari compresenti nei diversi progetti di salute. Al punto salute vengono indirizzate persone già seguite dall’assistenza domiciliare ma in grado di uscire da casa se il servizio è in prossimità. Si riduce così il numero delle persone in assistenza domiciliare garantendo la stessa presa in carico con minor dispendio di risorse professionali, si favoriscono relazioni, si includono le risorse naturali della parrocchia tra gli attori della cura. E ancora la presenza di cittadini che vogliono conoscere e sono disponibili all’aiuto di altri, così come il comitato di quartiere di Ponziana che ottiene dal Comune di Trieste in comodato un giardino ove piantare le erbe aromatiche e allestire spazi di gioco per i bambini o il pranzo dei diabetici in Microarea.
Questi ultimi anni sono stati come una doccia fredda. I recenti amministratori regionali hanno cercato di fermare la ricerca, di ridurre tutto al gesto prestazionale, di normare ogni respiro per rendere eguale il respiro degli uni e degli altri, all’insegna della sicurezza, della trasparenza, della corretta regolamentazione. Sono state tarpate così le ali all’intelligenza individuale e alla soggettiva motivazione al lavoro. Non tutti l’hanno sopportato. Molti si sono difesi, direi bene, facendo gruppo, rifugiandoci all’interno del confine territoriale, continuando a sviluppare, anche a fatica, la ricerca in corso, in attesa di tempi migliori.
fonte: FSM La Terra è blu