Calabria, Sanità: questioni spinose per il commissario. di Gilberto Turati

Finalmente la Calabria ha un nuovo commissario alla sanità. Ma quali sono i problemi che dovrà affrontare? Dalle nomine del management delle strutture sanitarie, alla centralizzazione degli acquisti, fino all’utilizzo dei fondi speciali.

Una nomina tormentata

Dopo qualche tentativo infruttuoso, il governo ha finalmente nominato qualche giorno fa il nuovo commissario per la sanità della Regione Calabria. Si tratta di Guido Longo, “un uomo delle istituzioni, che ha già operato in Calabria, sempre dalla parte della legalità” come lo ha presentato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte con un tweet. I giornali e la stampa lo hanno definito un “superpoliziotto”. L’ultimo incarico prima della pensione è stato, in effetti, quello di prefetto di Vibo Valentia. Quello di oggi non è il primo ruolo in Calabria: Longo, catanese, conosce bene la regione e i suoi problemi sul fronte della criminalità, forse meno su quello della gestione della sanità; ma per questo si potrà avvalere del contributo dell’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, che fornirà supporto tecnico e operativo, come previsto dall’articolo 1 del decreto legge 10 novembre 2020, n. 150, il decreto Calabria bis.

Due decreti per la sanità calabra

La nomina di Longo arriva infatti mentre la commissione Affari sociali della Camera prosegue nell’esame del decreto che proroga per altri due anni sia i poteri aggiuntivi assegnati al commissario dal primo decreto Calabria, il Dl 35/2019 (qui), sia le richieste al commissario avanzate con lo stesso decreto.

In primo luogo, il decreto rinnova i poteri speciali di nomina del management delle strutture sanitarie, sottraendolo alla regione. Fra i poteri del commissario in carica con il primo decreto, l’ormai famoso generale Saverio Cotticelli, spiccava infatti la possibilità di nominare i commissari straordinari degli ospedali e delle aziende sanitarie qualora i direttori generali di nomina regionale non avessero attuato le azioni previste dal piano di rientro. Dal tavolo di verifica del 25 maggio scorso (qui) sappiamo che l’ormai ex-commissario ha effettivamente nominato alcuni commissari straordinari: per l’Asp (Azienda pubblica di servizi alla persona) di Crotone e di Vibo Valentia, per l’Azienda ospedaliera di Reggio Calabria e di Catanzaro e per l’Azienda ospedaliera universitaria Mater Domini di Catanzaro (per la quale è stato nominato quello stesso Giuseppe Zuccatelli che poi è stato anche diventato commissario straordinario ad interim dell’Asp di Cosenza e che il governo aveva proposto come commissario della sanità regionale in sostituzione proprio di Cotticelli, prima di arrivare alla nomina di Longo). Cotticelli non ha invece potuto nominare nessuno per le Asp di Catanzaro e di Reggio Calabria, sciolte per infiltrazioni mafiose, e che quindi sono gestite da commissioni straordinarie nominate direttamente dal prefetto. A differenza del primo decreto, il Dl Calabria-bis (articolo 2) prevede la nomina, entro 30 giorni dall’entrata in vigore, di commissari straordinari per tutti gli enti del servizio sanitario regionale. Si tratterà di sostituire tutti quelli nominati dal precedente commissario? Oppure si farà una valutazione della loro attività prima di decidere chi confermare e chi no?

La centralizzazione degli acquisti

Una seconda questione riguarda la richiesta (confermata dal nuovo decreto) di centralizzazione degli acquisti presso Consip o presso le centrali di committenza di altre regioni. Difficile raccogliere evidenze sull’attività del commissario Cotticelli su questo punto. Il piano per l’ammodernamento tecnologico relativo all’impiego degli 82 milioni di euro stanziati dal primo decreto Calabria, cui sia aggiungono 4 milioni di euro di fonte regionale, è stato effettivamente predisposto non solo per i presidi ospedalieri, ma anche per le strutture territoriali (qui). Il piano è del 19 dicembre 2019 e prevede l’acquisto di attrezzature quali Tac, risonanze magnetiche, mammografi, angiografi (cfr. qui). Si ha poi notizia di un decreto di approvazione di questo elenco di attrezzature in data 6 novembre 2020, segno che gli investimenti non sono ancora stati realizzati e le gare non sono partite. Nel documento, però, si dice esplicitamente che i prezzi sono stati desunti da gare espletate da altre stazioni appaltanti regionali alle quali forse si pensa di fare riferimento. Peraltro, una timida evidenza indiretta della centralizzazione si ha grazie all’indagine di Cittadinanza Attiva per le gare relative all’acquisto dei vaccini anti-influenzali, che la Calabria ha effettivamente organizzato con la Regione Lazio. È grazie a questa gara che la regione ha acquisito 590 mila dosi di vaccino contro l’influenza e 525 mila dosi contro il pneumococco (qui) per una popolazione di meno di 2 milioni di abitanti, con circa 400 mila ultra-sessantacinquenni: certamente meglio di quanto abbiano fatto regioni più blasonate.

Come usare i finanziamenti mirati

Anche il decreto Calabria-bis aggiunge ulteriori finanziamenti mirati per la regione. L’articolo 6 prevede 15 milioni di euro per realizzare interventi sui sistemi contabili delle strutture sanitarie, per migliorare le attività di programmazione e controllo e per la certificazione dei bilanci, nonché altri 180 milioni (60 milioni di euro all’anno tra il 2021 e il 2023) quale contributo per supportare gli interventi di potenziamento del servizio sanitario regionale, che in parte verranno utilizzati anche per acquisire nuovo personale. Altri fondi arriveranno con il Recovery Fund (quando finalmente sapremo cosa ne vorrà fare il governo) o con il Mes (se il governo finalmente farà sapere quali sono le sue intenzioni). Bene però ricordare che, perché i fondi a disposizione migliorino davvero la vita dei cittadini, serve prima di tutto usarli e poi usarli bene. Sul primo punto, contano le capacità di realizzare davvero gli interventi. Lo ricorda anche la Corte dei conti (qui): delle risorse messe a disposizione per la riqualificazione del patrimonio edilizio e tecnologico pubblico e la realizzazione di residenze sanitarie assistenziali previste dall’articolo 20 della legge 67/1988, la Calabria ha sottoscritto Accordi di programma con il ministero della Salute per una quota inferiore al 60 per cento dei fondi stanziati (che per l’intero sistema delle regioni fanno più di 19 miliardi di euro). Peraltro, non è nemmeno detto che basti costruire un ospedale perché ci sia un reale vantaggio per i cittadini: una sommaria indagine sul web racconta di ospedali costruiti e mai utilizzati (qui).

C’è, infine, un’ultima questione, che coinvolge non solo la Calabria, ma che in Calabria diventa cruciale per la gestione commissariale: intenderci su cosa voglia dire usare bene le risorse. Per restare in tema di ospedali, il Dm 70/2015, quello in base al quale il commissario dovrà attuare la riorganizzazione del network ospedaliero e la rete dell’emergenza-urgenza, richiede di centralizzare alcune specialità in ospedali più grandi se si vuole migliorare la qualità del servizio. Chiudere i piccoli presidi non è un “taglio” e le difficoltà di accesso vanno affrontate con altre strategie. Allo stesso modo, il mix di personale va rivisto: almeno in base ai dati disponibili forniti da Istat-Hfa, ci sono troppi medici (19,15 ogni 10 mila abitanti in Calabria rispetto ai 16,61 in Italia) e troppo pochi infermieri (36,9 in Calabria rispetto a 41,82 in Italia). Servono quindi i secondi più che i primi.

fonte: lavoce.info

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