Su Repubblica di ieri 2 dicembre 2020 Gino Strada, ha espresso un giudizio sull’operato di Rosy Bindi allorché ricoprì la carica di Ministro della Sanità negli anni ’90. Il fondatore di Emergency ritiene che «lo slittamento verso il privato» del SSN sia iniziato proprio sotto la guida del Ministro Bindi. Un vero e proprio abbaglio, testimoniato -solo da ultimo- anche dall’impegno della Bindi nel far nascere questa Associazione (ndr Salute Diritto Fondamentale) che tra gli scopi fondanti ha proprio la tutela della sanità pubblica.
In tempi di bufale, questa di Gino Strada è sicuramente degna di segnalazione. Infatti come non ricordare che il decreto legislativo 229/1999, meglio conosciuto come Riforma Bindi, fu aspramente criticato da coloro che vedevano nella riforma un impianto centralista a scapito delle competenze costituzionali assegnate alle regioni? Alcune, tra cui la Lombardia, il Veneto, la provincia autonoma di Bolzano, addirittura impugnarono il decreto. E la Bindi pagò quei dissensi e i timori della sua stessa area politica.
Prima della legge 833/1978 i privati erano al centro del sistema sanitario e lo Stato controllava indirettamente il loro operato mediante la concessione di pubblico servizio. Poi arrivò il SSN. Il sistema iniziò a cambiare negli anni ’90. La profonda crisi economica mondiale, in Italia fu anche accompagnata dalle note vicende di corruzione; l’allora Governo Amato, sotto l’incalzare delle pressioni più disparate e talvolta interessate, varò un’imponente manovra economica che, tra l’altro, prevedeva il riordino della disciplina in materia di sanità. Fu adottato quindi il decreto 502/1992 che apportò una revisione della legge 833. In particolare per i privati che volevano operare in sanità, prevedeva un’autorizzazione vincolata a requisiti di natura tecnica, un sistema aperto e che davvero poteva favorire la privatizzazione. Fu proprio la Riforma Bindi a inserire elementi restrittivi molto forti, vincolando l’autorizzazione non solo ai requisiti tecnici e assegnando la discrezionalità e la competenza alle regioni sulla base della propria programmazione. Non è un caso se in Italia esistono diversi modelli di rapporto pubblico-privato.
L’esatto contrario di quanto sostiene Gino Strada. E qui si tralasciano gli interventi della riforma ter sull’efficienza delle strutture sanitarie, sull’integrazione sociosanitaria, sul rinnovato ruolo delle autonomie locali, sul rapporto esclusivo dei medici, sulla formazione continua, sull’organizzazione territoriale…
Lo “slittamento” di Gino Strada è stato stigmatizzato da più di un esperto del settore. Queste le parole sottoscritte da Rossana Dettori, segretaria confederale della Cgil e da decine di personalità del sindacato, della politica e professionisti della sanità (qui l’elenco):
“Frutto di un macroscopico errore di persona le dichiarazioni di Gino Strada sull’operato di Rosy Bindi, accusata di aver privatizzato la sanità. Non si può dimenticare che fu proprio l’allora Ministra della Sanità, nel 1999 con il decreto 229, a riportare nella carreggiata pubblica e universale il nostro Servizio Sanitario Nazionale, che era stato spinto dalle controriforme degli anni precedenti (prima fra tutte quelle dell’ex Ministro De Lorenzo) verso un’aziendalizzazione esasperata e verso la competizione tra pubblico e privato”
La stessa Rosy Bindi ha rilasciato una dichiarazione in proposito:
“Ringrazio quanti hanno difeso il mio lavoro di Ministro della Sanità messo in dubbio dalle parole di Gino Strada. In questo periodo le polemiche risultano particolarmente insopportabili ma altrettanto le affermazioni infondate. A Strada suggerisco una rapida lettura della riforma che fu varata nel 1999 come decreto legislativo 229. Sarà chiaro allora che quella riforma ha fermato la deriva privatistica avviata dalla controriforma De Lorenzo e ha salvaguardato l’universalità del Sistema Sanitario Nazionale garantendo la sostenibilità finanziaria dei livelli essenziali di assistenza; introducendo i principi della programmazione sia per il pubblico che per il privato; rafforzando le regole per l’accreditamento dei privati; stabilendo l’esclusività di rapporto dei medici con il servizio pubblico; rilanciando l’integrazione sociosanitaria. Scelte riconosciute da tutti gli osservatori più attenti, come esemplari e coraggiose. Allora provocarono ripetute accuse di statalismo e molte proteste di chi lucrava sui conflitti d’interesse, sulle inefficienze del sistema pubblico e puntava all’introduzione di un sistema assicurativo. Scelte rimaste in buona parte inattuate dai miei successori e dai governi di centrodestra. Mi meraviglia che Strada abbia dimenticato quella battaglia, condotta in difesa della sanità pubblica negli anni dei governi dell’Ulivo. Ho sempre stimato il fondatore di Emergency, fin dagli anni in cui ho collaborato con sua moglie Teresa. Continuerò ad apprezzare il suo impegno anche in questa occasione, soprattutto perché conoscendo il conflitto d’interessi a cui sarebbe andato incontro non si è mai candidato a fare il commissario in Calabria”.
fonte: Salute Diritto Fondamentale