Crescere per ripagare il debito. di Maria Cannata

Per far fronte al Covid-19 e alle sue conseguenze è stato necessario un aumento consistente del volume delle emissioni di titoli. Per ora c’è il sostegno della Bce, poi servirà la fiducia degli investitori. Da consolidare attraverso una ripresa duratura.

Titoli vecchi e nuovi per raccogliere risorse

La pandemia di Covid-19 ha imposto enormi sfide alla gestione del debito pubblico. Ha reso necessario aumentare consistentemente e repentinamente il volume delle emissioni e, soprattutto all’inizio, in condizioni di mercato tutt’altro che favorevoli. L’Italia è stato infatti il primo paese europeo investito dal contagio e il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, livello di debito/Pil in primo luogo, è apparso subito compromesso.

Ne sono derivate tensioni sul mercato secondario, che si sono riverberate in un aumento del costo di finanziamento, plasticamente evidenziato dai movimenti dello spread Btp-Bund, balzato a quasi 300 punti base a metà marzo, dopo un mese di febbraio in cui aveva oscillato sotto i 130. Per reperire rapidamente le risorse per gli interventi a sostegno dell’economia, il Tesoro si è trovato costretto, in prima battuta, a ricorrere maggiormente a titoli di breve durata: è stato nuovamente offerto il Bot trimestrale (per la prima volta dal 2013), sono state effettuate riaperture di Bot già in circolazione, sono stati raddoppiati gli importi in emissione dei titoli a 2 e 3 anni. Per assicurare una raccolta più ampia, è stato emesso il nuovo Btp quinquennale non in asta, come di consueto, ma tramite un sindacato di banche (raggiungendo così subito 10 miliardi di euro).

Per ovviare, poi, al mancato utilizzo del finanziamento del Mes (Meccanismo europeo di stabilità), si è sollecitato il risparmio italiano con un’emissione di Btp Italia a 5 anni, comunicando che i relativi proventi sarebbero serviti a finanziare gli interventi anti-crisi. Per stimolare la domanda retail, è stato raddoppiato il premio fedeltà per gli investitori individuali che, acquistando all’emissione, manterranno il titolo fino a scadenza. Si sono così raccolti quasi 22,3 miliardi, di cui circa 14 da retail.

È stato anche lanciato un nuovo titolo, esclusivamente sottoscrivibile da risparmiatori individuali: il Btp Futura, caratterizzato da tassi step-up, ovvero crescenti nel tempo secondo una scalettatura in tre gradini nel corso della vita del titolo e da un premio fedeltà, per chi lo detiene fino a scadenza, compreso tra l’1 e il 3 per cento e legato all’andamento del Pil a fine periodo. Con la prima emissione di luglio – decennale – si sono raccolti 6,1 miliardi, con la seconda di novembre – a 8 anni – 5,7 miliardi. Se confrontati con i rendimenti ottenibili da titoli di pari durata, i tassi offerti sono stati piuttosto generosi, ma è evidente che se si vuole accedere periodicamente al risparmio retail, in un contesto come l’attuale di rendimenti irrisori (o addirittura negativi), una concessione è necessaria. E se oggi, con la Banca centrale europea che sostiene il mercato con gli acquisti sul secondario, ciò risulta costoso, quando la situazione si normalizzerà potrà tornare utile aver tenuto aperto questo canale, come ci ha mostrato l’esperienza del Btp Italia nel 2012.

Come ottenere la fiducia dei mercati

Nel corso dell’anno il contesto di mercato è progressivamente migliorato, alla luce della chiara volontà dell’Unione europea di affrontare la crisi in un’ottica di solidarietà e rafforzamento dell’Unione stessa.

È un fatto che da gennaio a metà novembre 2020 sono stati emessi oltre 516 miliardi di titoli, 102 in più rispetto all’intero 2019, e che gli anni a venire appaiono molto appesantiti. E anche se il costo medio del funding risulta molto contenuto (inferiore allo 0,65 per cento in media), è comunque un peccato non aver sfruttato, sia pure limitatamente a 36-37 miliardi, l’opportunità del finanziamento Mes, che sarebbe stato addirittura a tassi negativi, sia in caso di prestito a 10 anni che a 7. Certo, il vantaggio sarebbe stato più ampio prima dell’estate, ma anche oggi, con lo spread sceso in area 120 punti base, sarebbe ancora nell’ordine di 80 punti base, corrispondenti a circa 290 milioni l’anno.

Se, com’è pressoché certo, il volume di emissioni del 2020 supererà significativamente il record del 2009 (538,6 miliardi), il 2021 non potrà essere da meno: infatti, da un lato, le scadenze di titoli a medio-lungo termine del prossimo anno ammontano oggi a 227,3 miliardi (circa 25 miliardi in più del 2020); dall’altro, anche in caso di mero rinnovo delle scadenze, pure le emissioni di Bot saranno inevitabilmente superiori, visto il maggior ricorso a questo strumento nella prima metà dell’anno.

Vale la pena rilevare che, non appena le condizioni di mercato sono migliorate, non solo il Tesoro ne ha approfittato per emettere a lungo termine con grande successo, ma ha altresì condotto diverse operazioni di concambio e buy-back, senza le quali l’onere delle scadenze del 2021 sarebbe stato più gravoso per ulteriori 8,4 miliardi.

Se dalle ultime stime della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza per il 2021 è desumibile una riduzione di circa 57 miliardi del fabbisogno da finanziare, la manovra in discussione in Parlamento, alla luce della recrudescenza del contagio, implica un ulteriore sforamento di 38 miliardi. Pertanto, la riduzione del fabbisogno non potrà compensare le maggiori scadenze del prossimo anno.

Il 2021 beneficerà ancora degli acquisti sul secondario della Bce, ma è difficile che la politica di sostegno prosegua, quanto meno con la stessa intensità, anche nel 2023, anno in cui l’onere dei titoli da rimborsare risulterà ancor più ingente. Sarà importante, allora, aver consolidato la fiducia degli investitori con un efficiente uso delle risorse europee, a beneficio di una ripresa sostenibile e duratura.

brugiaviniLaureata in Matematica alla Sapienza di Roma. È stata dirigente generale al Mef e direttore del dipartimento del debito pubblico del Tesoro. Dal luglio 2019 è presidente di MTS S.p.A.
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fonte: lavoce.info

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