Caro Candidato,
desideriamo farti conoscere il punto di vista delle persone con una sofferenza psichica e dei loro familiari sullo stato dei servizi di salute mentale in Lombardia, non proprio coincidente con la vulgata comune che li qualifica servizi di eccellenza.
Abbiamo molte ragioni per ritenere invece che, insieme ad alcune pratiche di qualità nel complesso in quantità e in qualità i servizi siano molto carenti.
Di seguito elenchiamo le principali criticità che richiedono un cambiamento di rotta che nemmeno l’applicazione della nuova riforma del 21 giugno 2016 nella sua attuazione sembra prospettare.
Riforma alla cui costruzione abbiamo del resto dato il nostro contributo e che, nella formulazione e negli obiettivi, pur contiene degli aspetti innovativi.
Superamento del manicomio?
La prima considerazione, dopo 40 anni dalla legge 180 Legge Basaglia, del 13 maggio 1978, Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori, inglobata nella Legge 833 del 1978: Istituzione del servizio sanitario nazionale, ed i successivi Progetti Obiettivo del 1996 e del 2000, che istituiscono gli attuali Dipartimenti di Salute Mentale con relativa chiusura dei manicomi, riguarda il fatto che in realtà essi non sono del tutto scomparsi ma hanno, oggi, assunto una nuova veste.
Non sono più grandi contenitori di 1000 e più posti letto ma residenze di 100, 200, 400 e più posti letto definite però Comunità, perché suddivise in palazzine di 20 posti ciascuna per “rispettare” le indicazioni di legge che ne delimitano la dimensione. A questi grandi contenitori si aggiungono tante singole Comunità di 20 posti letto distribuite in Lombardia per un totale di oltre 4000 posti.
Tutte queste residenze, insieme ai posti letto in SPDC, Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura, assorbono più del 70 per cento delle risorse previste da Regione Lombardia. Cosa rimane per la vita indipendente, dei progetti di vita, per l’inclusione sociale?
Non investendo così sul territorio, a causa dello spostamento delle risorse sulle residenze, succede che le persone vi trascorrano molti anni, restino in queste strutture a causa dell’assenza di percorsi alternativi e di risorse per il reinserimento sociale, per il ritorno nel proprio contesto sociale, ai propri affetti ecc., tutto ciò provoca anche il poco ricambio degli ospiti ed una continua richiesta di posti letto perché il sociale non è nelle condizioni socio-economiche di sviluppare forme di accoglienza e di integrazione.
L’effetto perverso di questa disponibilità di posti letto non è causato dalla loro esistenza, quanto dalla caratteristica spesso poco riabilitativa per la quale superato un congruo tempo di permanenza si innescano processi di cronicità, in certi casi anche in giovane età. … leggi tutta la lettera