Il tragico accoltellamento di Don Roberto Malgesini[a], uomo e prete mite, appassionato nel vivere quotidianamente la carità evangelica, riporta immediatamente alla memoria l’omicidio di un altro profeta della città di Como, Don Renzo Beretta, avvenuto nel 1999, in circostanze simili. In questi vent’anni purtroppo le situazioni di marginalità a Como non solo non si sono attenuate, ma anzi si sono aggravate. Una progettualità lungimirante che coinvolgesse tutti gli attori sociali, produttivi ed ecclesiali, sarebbe stata la chiave di volta per un sistema che invece si è auto perpetuato.
Le cause del moltiplicarsi dei problemi sociali di una città tra le più ricche e operose del paese sono molte.
Migratorie. Como è città di frontiera. È storicamente sempre stata una città operosa e solidale in molti aspetti. È una via di passaggio verso la Svizzera e quindi verso i paesi del nord Europa. Recentemente, nel 2016, Como balzò alla cronaca nazionale a causa delle centinaia di migranti bloccati nella stazione ferroviaria mentre erano diretti nella vicina Svizzera nel tentativo di raggiungere, appunto, i paesi del nord Europa. Persone che sono state – dopo aver vissuto settimane in precarietà assistite dalle Associazioni di volontariato – ospitate nel Centro Migranti allestito dalla Croce Rossa Italiana alla cui gestione hanno contribuito molte associazioni di volontariato.
Sociali. Negli ultimi anni abbiamo assistito, soprattutto per volontà politica, alla depauperazione dei servizi di welfare: Centri sociali, Consultori, Servizi per le dipendenze, Comunità protette, Servizi sociali e per la famiglia in generale.
Proprio quando, a causa delle diverse crisi economiche e ora anche della Covid-19, è drammaticamente aumentato il numero di famiglie italiane e non, che si trovano in condizioni di seria difficoltà. Molte istituzioni hanno anche usato gruppi e associazioni della società civile impegnate nella solidarietà, come supplenti dei servizi poco funzionanti. Preti e laici vengono considerati in questo senso funzionali al sistema. Ma se dall’aiuto quotidiano si passa alla denuncia delle cause, gli stessi diventano immediatamente scomodi. Storia vecchia, ma resta attuale la frase di Dom Helder Camara, vescovo brasiliano, che recitava: “Se do il pane ai poveri, tutti mi chiamano santo; se dimostro perché i poveri non hanno pane, mi chiamano comunista e sovversivo”.
Politiche. Ai cittadini è stata proposta una visione egocentrica ed escludente. Prima il nord. Lombardia ai lombardi. Como ai comaschi. Sono stati per anni gli slogan di una parte politica. Salvo poi trasformarli guardando al centro sud in cerca di consenso elettorale. La Lombardia è governata da ormai trent’anni dal Centrodestra. Che ha avuto un’occasione storica irripetibile di cambiamento. Della quale non solo non ha saputo approfittare, ma che ha anche dilapidato un patrimonio di risorse culturali e sociali.
Problemi complessi ovviamente necessitano di soluzioni complesse. La semplificazione ai meri fini elettorali ha invece portato non solo alla non soluzione di problemi ormai cronici (tra qualche settimana si tornerà a parlare di emergenza freddo quando il problema dell’inverno in strada è irrisolto da decenni), ma anche al loro peggioramento. In nome del decoro urbano e della sicurezza l’attuale amministrazione di Centrodestra ha ingaggiato una guerriglia alla marginalità con atti e mozioni tendenti ad ostacolare un reale processo inclusivo.
A questo proposito è illuminante il pensiero di Wolf Bukowsky: “La buona educazione degli oppressi – piccola storia del decoro” (edizioni Alegre).
Oggi in Italia l’argomento del decoro si traduce nel tentativo di sterilizzare le città per destinarle al mercato privato del consumo turistico, che rappresenterebbe l’unico “motore di crescita” economico delle città neoliberiste svuotate di risorse. Anziché chiederci dove finiscono queste risorse, cui tutti con le tasse contribuiamo, e perché le crisi continuano ad accadere e a tagliare welfare e servizi, si criminalizzano poveri e stranieri per i problemi di vivibilità, invocando poi l’iniziativa privata (capitali e proprietà da difendere legittimamente) come soluzione di tutti i mali. L’ideologia del decoro è dunque uno strumento di creazione di consenso politico che ha accompagnato, dandogli una parvenza di democrazia, l’avvento di politiche neoliberiste sempre più attente a redistribuire verso l’alto la ricchezza al ritmo di “non ci sono soldi”. Quello del decoro è un argomento “di distrazione di massa” che mira a tenere nascosti alla vista, dietro un paravento estetico, i meccanismi economici del profitto e dell’ingiustizia sociale. Più che una questione di decoro, si tratta evidentemente di una questione di classe.
La recente storia della città dice che lo smantellamento, nel 2018, del centro migranti allestito dalla Croce Rossa, eseguito notte tempo, ha privato Como di un luogo già collaudato e funzionante che poteva fungere da riparo per molte persone. L’attuale giunta impose la rimozione di panchine davanti alla chiesa ove operava Don Roberto per evitare che i migranti vi si sedessero, rimosse i bagni chimici che lui aveva voluto, tolse l’acqua alla fontanella per render ancora più difficile la vita alle persone. Chi governa Como ha provato ad impedire ai volontari e a don Roberto di distribuire la colazione, per evitare che il salotto buono della città vedesse la tristezza della povertà. La Giunta aveva anche emanato un’ordinanza per punire la richiesta dell’elemosina, aveva sgomberato il rifugio dei senza dimora all’autosilo comunale. Ha tentato ogni strada per scacciare dal centro gli emarginati con le sanificazioni forzate, le coperte rimosse, e la proposta di una cancellata davanti all’ex chiesa di San Francesco, ove una decina di persone dormono ogni notte. La stessa Giunta ha recentemente negato l’applicazione di una mozione bipartisan del Consiglio comunale che chiedeva l’allestimento di un dormitorio.
Associazioni ecclesiali e laiche hanno supplito alle carenze istituzionali. Trovando il modo di salvaguardare singoli e famiglie e di contenere, per quanto possibile, l’emarginazione. Tra queste anche Don Roberto e i gruppi di giovani e meno giovani che ne condividevano i valori. Don Roberto non ha scelto la tanto sbandierata sicurezza, dove in nome di una visione egocentrica e di gruppo ci si barrica contro gli altri, ma la salvezza, dove in nome di una comunità e della vera solidarietà si è disposti persino a perdere la propria vita. Ha vissuto per il vero decoro, ossia per la dignità delle singole persone.
Dopo il tempo dello sgomento, delle lacrime e del cordoglio, diviene urgente nella nostra città – e non solo – un ripensamento politico, sociale ed anche ecclesiale. Como saprà finalmente scegliere la via della solidarietà e dell’inclusione coinvolgendo forze politiche, produttive, attori sociali e di volontariato, dotandosi di una progettualità di medio lungo periodo? La Chiesa locale dovrebbe continuare ad indicare con forza la via della salvezza, senza se e senza ma. Continuando a formare professionalmente i propri operatori della Caritas e di altre Associazioni. E dovrebbe sgombrare il campo da ogni tipo di strumentalizzazione, ribadendo con forza che il Vangelo è uno e che troppi sacerdoti, profeti di una umanità nuova, hanno già pagato con la vita le carenze di un sistema che produce emarginazione.
l’Autore: Italo Nessi, Medico di medicina generale, Como
Nota
a. “Erano da poco passate le 7 di martedì 15 settembre e don Roberto stava caricando le ultime cose in macchina. Aspettava i volontari che lo avrebbero aiutato a consegnare bevande calde ai senzatetto. Il sacerdote era solo quando è stato avvicinato dal tunisino che conosceva e aiutava da tempo. Ancora da chiarire cosa l’immigrato abbia detto al prete prima di impugnare un grosso coltello da cucina e colpirlo più volte, all’addome poi alla schiena e al collo. Quest’ultimo fendente sarebbe stato fatale. Don Roberto si è accasciato e poco dopo è stato notato da un residente, che ha chiamato i soccorsi. Vano l’intervento degli operatori del 118. Il sacerdote degli ultimi, in prima linea nel servizio e nell’accoglienza degli emarginati, era già morto”. (Da Corriere della Sera)
fonte: saluteinternazionale.info