In questa fase di convivenza con il COVID-19, la comunità rappresenta il luogo dove si “gioca” il controllo dell’epidemia ma dove, allo stesso tempo, si possono trovare nuove opportunità per interventi di prevenzione e promozione della salute. Questa affermazione è confermata dall’esperienza sul campo dei professionisti che nella fase di emergenza sono stati impegnati nei Dipartimenti di Prevenzione delle strutture territoriali dei Servizi sanitari regionali, gli stessi Dipartimenti che, nella fase successiva al lockdown, sono stati riconosciuti come elemento chiave nel controllo della pandemia.
Quelle che seguono sono le riflessioni emerse dai racconti di alcuni professionisti che lavorano nei Dipartimenti di Prevenzione di Regioni diverse (Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna, Lazio, Calabria) e che svolgono attività differenziate in base alle loro specifiche professionalità. Contattati telefonicamente o per e-mail, gli operatori hanno raccontato la propria esperienza professionale all’interno dei Dipartimenti di Prevenzione, mettendo in evidenza aspetti e questioni che sarebbe opportuno prendere in considerazione per affrontare l’attuale fase di emergenza. Le riflessioni raccolte, organizzate e raggruppate per argomenti, riflettono quanto pubblicato in diversi documenti e articoli scientifici e rappresentano una risorsa da non disperdere in quanto strumenti preziosi per individuare nodi problematici e punti di forza, che possono incidere sulla capacità di risposta dei servizi del territorio, alla luce dell’impatto diversificato della pandemia tra le Regioni e delle differenze di risorse umane ed economiche di cui dispongono i Dipartimenti di Prevenzione nelle diverse realtà locali.
Il ruolo fondamentale dell’organizzazione
I Dipartimenti di Prevenzione, attraverso i Servizi di Igiene e Sanità Pubblica (SISP), sono fondamentali per la sorveglianza delle nuove infezioni e l’interruzione della catena di trasmissione del virus. Nella fase 1 della pandemia di COVID-19 la capacità di risposta dei SISP è stata notevolmente rafforzata grazie al contributo di professionisti provenienti dai diversi Servizi del Dipartimento, che si sono resi disponibili in quanto molte attività sul territorio erano state rallentate o sospese. In tal modo, i servizi territoriali hanno potuto garantire le attività necessarie come: il contact tracing, le indagini epidemiologiche, la sorveglianza sanitaria per i casi positivi e per i loro contatti, l’informazione costante ai cittadini attraverso un servizio telefonico dedicato, la richiesta di tamponi, la gestione della piattaforma informatica per la raccolta dei dati, la comunicazione con i medici di medicina generale (MMG) e con le amministrazioni locali, la gestione delle segnalazioni, l’assistenza a domicilio per l’effettuazione dei tamponi.
In alcuni casi, hanno collaborato anche operatori provenienti da Servizi esterni al Dipartimento di Prevenzione, con professionalità e competenze diverse. Inoltre, giovani medici specializzandi, personale in pensione e volontari si sono spesi per far sì che i servizi fossero in grado di rispondere alla pandemia in modo adeguato. Per circa due mesi, il carico di lavoro è stato oneroso, raggiungendo anche le 10-12 ore al giorno, a seconda della Regione di appartenenza.
Nonostante lo slancio e la disponibilità a mettersi in gioco, nella fase iniziale per gli operatori non è stato semplice far fronte agli eventi. In alcuni casi la situazione è apparsa caotica, è mancata l’organizzazione, la consapevolezza della tempistica, delle attività da svolgere e delle competenze necessarie. L’esigenza di instaurare rapidamente delle misure organizzative con scarse risorse, ha talora generato stanchezza e frustrazione negli operatori, con una percezione di insoddisfazione per il lavoro svolto. Inoltre, l’afflusso di un gran numero di figure professionali con diverse competenze e diversa capacità operativa ha richiesto flessibilità e ha rappresentato una sfida organizzativa in un contesto di emergenza del tutto nuovo, in cui è stato necessario attuare cambiamenti e aggiustamenti continui ed è stato essenziale individuare velocemente le azioni e il personale necessari.
Con la dotazione di personale aggiuntivo, di un software specifico e di protocolli operativi, la gestione dell’emergenza è migliorata e anche la percezione degli operatori rispetto al proprio lavoro è risultata più soddisfacente.
L’importanza del lavoro in équipe e della comunicazione
Secondo l’esperienza dei professionisti coinvolti è essenziale lavorare in équipe multidisciplinari e promuovere la conoscenza e lo scambio tra gruppi di lavoro diversi. È altrettanto fondamentale favorire la costituzione di un gruppo di coordinamento e di un sistema di comunicazione continuo che possa facilitare la collaborazione e l’integrazione e quindi sostenere l’operatività, attraverso la messa in atto delle azioni programmate.
Durante la fase iniziale della pandemia, la stretta collaborazione e comunicazione tra servizi territoriali e ospedale ha rappresentato, infatti, una risorsa importante oltre che una necessità, rafforzata anche grazie all’implementazione dell’assistenza domiciliare, come servizio trasversale tra territorio e ospedale. Il lavoro di collaborazione tra équipe ha sostenuto anche l’integrazione extra-aziendale tra ASL, Regione, Rete ospedaliera, medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, enti locali e Terzo settore. A questo proposito, secondo gli operatori sarebbe importante insistere sul ruolo della formazione, affinché il personale sanitario cresca professionalmente con una forma mentis orientata all’integrazione e alla comunicazione tra ospedale e territorio.
La mancanza di coordinamento e di un sistema di comunicazione organico può contribuire ad accrescere le problematiche di tipo organizzativo che possono generare incomprensioni, insoddisfazione e sfiducia tra gli operatori stessi ed essere percepiti dal cittadino come inefficienza del sistema. Per evitare che ciò accada, è necessario rafforzare il binomio efficacia-efficienza, consolidando in anticipo procedure e protocolli per essere preparati all’emergenza e ascoltare le necessità di tutte le parti coinvolte (medici di medicina generale, sindaci, cittadini, etc.).
Nella fase di piena emergenza si sono chiariti anche alcuni aspetti procedurali riguardanti il flusso delle informazioni: è emerso che per facilitare la gestione e il ritorno delle informazioni è meglio non attivare più flussi informativi per uno stesso target, utilizzando mezzi di comunicazione diversi (e-mail, telefono, siti web). Infatti, spesso, le stesse richieste e comunicazioni, provenendo da canali diversi, si moltiplicano, mentre sarebbe più utile realizzare un punto unico informativo, che garantisca il ritorno dell’informazione, o attivare un sistema di filtri. Ad esempio, nella comunicazione con i cittadini passare attraverso i medici di medicina generale può essere un modo efficace, sia per selezionare le richieste che per diffondere informazioni validate. L’ascolto è importante ma va governato, altrimenti si può generare insoddisfazione e malcontento.
La contaminazione delle competenze
Le figure professionali di servizi diversi si sono ben integrate tra loro, manifestando dedizione e senso di appartenenza. L’arrivo di forze esterne al SISP ha permesso di inserire competenze nuove, di attivare sinergie tra conoscenze tecniche differenti e instaurare un proficuo scambio di “saperi”, una “contaminazione di competenze” che potrebbe favorire collaborazioni future. Ad esempio, nel campo delle malattie infettive, si potrebbero sperimentare interventi a sostegno del cambiamento dei comportamenti di individui e comunità utilizzando i criteri della promozione della salute, con un approccio multi-componente, intersettoriale e partecipativo, ma adeguati alla necessità di risposte rapide che caratterizza questo tipo di malattie.
L’importanza di un sistema gestionale informatizzato
La mancanza di un sistema informatizzato con piattaforme intercomunicanti e la conseguente circolazione delle informazioni in formato cartaceo, ha causato problemi organizzativi, ritardi, difficoltà nello scambio di informazioni e dati epidemiologici, con importanti ricadute sulla tempestività della messa in atto delle misure di controllo
Appare quindi evidente la necessità di potenziare la dotazione tecnologica dei Servizi per poter disporre di un sistema informatizzato e integrato che si interfacci con altri sistemi informativi, per mettere in rete dati clinici e di laboratorio e per attivare una rapida comunicazione tra figure professionali e contesti diversi (laboratori, MMG e ASL).
Tuttavia sul territorio è presente la disponibilità a un approccio pragmatico sul piano tecnologico e organizzativo: nell’ambito dell’assistenza primaria, in alcuni casi, per la rilevazione di parametri clinici da remoto (saturazione di ossigeno, pressione arteriosa) è stata utilizzata la telemedicina, che garantisce interventi di facile e veloce applicazione, rigorosi sul piano della pratica medica e della sicurezza.
I punti di forza per la gestione dello stress
In piena emergenza, le condizioni e il carico di lavoro, la difficoltà a fronteggiare problemi complessi, la paura del contagio e la stanchezza dovuta alla carenza di risorse umane, la scarsità di mezzi, strumenti e strategie, la necessità di rimodulare più volte l’organizzazione in base al numero di casi crescente e alle esigenze gestionali, hanno contribuito a generare stress tra gli operatori che, in alcuni contesti, hanno potuto usufruire di sevizi di consulenza psicologica messi a disposizione dalla ASL.
Nonostante le difficoltà, l’emergenza ha messo in luce anche dei punti di forza:
- la presenza di un gruppo di coordinamento coeso con il quale potersi confrontare, condividere strategie e lavorare in sinergia per il raggiungimento degli obiettivi
- la possibilità di poter contare sui propri referenti sia come singoli, sia come gruppo di lavoro in caso di situazioni difficili da affrontare o decisioni da prendere
- la vicinanza e il sostegno di colleghi (con un atteggiamento positivo e motivati) e la condivisione dei momenti più difficili anche con colleghi nuovi, perché provenienti da servizi diversi
- il clima collaborativo e la disponibilità all’ascolto dell’équipe
- le risorse e gli strumenti tecnici messi a disposizione dalla Direzione Aziendale.
Ascoltare il territorio è essenziale
La situazione emergenziale ha confermato che occorre lavorare di più sul e con il territorio, porre attenzione all’analisi del contesto per poi poter progettare interventi mirati quali il coinvolgimento delle comunità, l’utilizzo di strumenti di ricerca qualitativa e una migliore integrazione tra le diverse figure professionali.
Con lo stato di emergenza sono state interrotte molte attività di prevenzione e promozione della salute, con possibili ripercussioni future sulla salute delle persone e sulle disuguaglianze. Sarà dunque importante nella fase post pandemica capire se e come sono cambiate le comunità, perché le azioni di prevenzione e promozione della salute dovranno tener conto di questo cambiamento, non solo per migliorare la risposta alla pandemia, ma anche per recuperare le ricadute negative sul benessere psicofisico e sulle disuguaglianze.
È urgente garantire il pieno coinvolgimento delle comunità, rivitalizzare le Reti esistenti nei territori per coinvolgere il Terzo settore, comitati di cittadini e volontariato, in accordo con il governo centrale, regionale e locale. A questo si collega la necessità di disporre di una strategia comunicativa efficace in grado di attivare “percorsi bidirezionali”, così che le comunità non siano solo le destinatarie di un contenuto informativo o esecutivo, ma possano diventare parte attiva e partecipe e, attraverso l’ascolto, fornire indicazioni, esprimere bisogni, preoccupazioni ed eventuali resistenze alle misure di prevenzione stabilite dagli organi istituzionali, nonché avere chiarezza sulle risorse di cui possono disporre.
Inoltre, lo stress causato dalla pandemia, l’impatto che questa ha avuto e l’importante legame tra stili di vita e vissuti emotivi complessi di operatori e cittadini, suggeriscono l’opportunità di rafforzare sul territorio i servizi di psicologia e di salute mentale affinché abbiano un ruolo attivo, in un’ottica di promozione della salute. Dovrebbero inoltre essere potenziati anche i servizi di prossimità con il territorio a bassa soglia di accesso, orientati alla prevenzione e promozione della salute di popolazioni target, come i consultori familiari.
I problemi da affrontare
- L’intero sistema di prevenzione e promozione della salute, con i Dipartimenti di prevenzione, i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, è in prima linea per contenere la diffusione del virus. Dovrà sostenere e controllare l’implementazione delle misure di prevenzione nei luoghi di lavoro, nelle scuole e negli altri luoghi pubblici, oltre ad attuare azioni adeguate in contesti e categorie più fragili. Dovrà essere in grado di ascoltare e coinvolgere le diverse comunità, facilitandone la collaborazione attiva nel controllo dell’epidemia e promuovendo una sorta di “auto-consapevolezza e auto-sorveglianza”.
- Con la ripresa delle attività e di progetti di prevenzione e promozione della salute precedentemente rallentate o interrotte, il sistema dovrà anche recuperare le situazioni sospese, affrontare e gestire la perdita di salute che ha colpito e colpirà la popolazione più fragile.
- Occorre ricordare che uno dei problemi più rilevanti è la dimensione ordinaria delle risorse umane dei SISP. Una volta che unità di personale suppletive avranno fatto ritorno ai propri servizi di appartenenza, gli operatori rimasti del SISP dovranno esercitare le attività di controllo e arresto delle infezioni sul territorio. Nella maggior parte delle Regioni, con il personale correntemente in essere, i Dipartimenti di prevenzione potrebbero avere difficoltà a sostenere un impegno simile per un lungo periodo di tempo. Nelle Regioni meridionali, che hanno fatto tesoro dell’esperienza delle altre Regioni, il Dipartimento di prevenzione è stato rafforzato, ma gli spazi sono esigui, come pure le risorse, umane ed economiche, a disposizione.
Le principali necessità
È necessario potenziare i Dipartimenti di prevenzione per affrontare le emergenze in modo strutturato e organico, dando la priorità a:
- dotazione tecnologica per disporre di un sistema gestionale informatizzato e integrato e poter condividere le informazioni e attivare una rapida comunicazione tra figure professionali e contesti diversi
- supporti multimediali e utilizzo di telemedicina
- sistemi gestionali aggiornati per velocizzare e razionalizzare il lavoro
- disponibilità di personale adeguatamente formato
- specifica formazione del personale volta alla collaborazione in team.
Occorre sollecitare la consapevolezza e la partecipazione della comunità, nei diversi contesti di vita e di lavoro, senza la quale l’opera di tanti professionisti impegnati nella prevenzione e promozione della salute, rischia di fallire.
Ringraziamenti Grazie ai colleghi contattati in rappresentanza dei Dipartimenti di Prevenzione per la loro disponibilità e per il loro senso di appartenenza alla sanità pubblica. Grazie per aver raccontato e condiviso la loro esperienza sul campo che è preziosa per ragionare sui cambiamenti causati dalla pandemia e per essere pronti ad affrontare il presente ed eventuali situazioni di emergenza future.
- Giuliano Carrozzi – Medico Servizio Epidemiologia Dipartimento di Sanità Pubblica, AUSL Modena
- Rossella Cristaudo – Medico Dipartimento di Prevenzione Asl Città di Torino, Regione Piemonte
- Amalia Gabriella De Luca – Medico Epidemiologia e Sorveglianza di Popolazione ASP Cosenza
- Giusy Famiglietti – Psicologa Dipartimento di Prevenzione Asl Città di Torino, Regione Piemonte
- Lucia Portis – Antropologa ed educatrice Dipartimento di Prevenzione Asl Città di Torino, Regione Piemonte
- Mauro Ramigni – Medico Servizio Epidemiologia ULSS 2 Marca Trevigiana Regione del Veneto
- Rachele Rocco – Infermiera Dipartimento di Prevenzione Asl Città di Torino, Regione Piemonte
- Massimo Trinito – Medico Dipartimento di Prevenzione – ASL Roma 2
- Serena Vadrucci – Psicologa Dipartimento di Prevenzione Asl Città di Torino, Regione Piemonte
- L’articolo “Comunicazione e coinvolgimento delle comunità: facciamo nostre le raccomandazioni dell’OMS per il passaggio alla fase 2” pubblicato su Epidemiologia & Prevenzione il 22 aprile 2020
- L’articolo “La promozione della salute può imparare dalla crisi?” pubblicato sul sito del DoRS il 22 luglio 2020
- L’articolo “Quando passeremo alla fase 2 della pandemia?” pubblicato sul sito del DoRS il 22 aprile 2020
- L’articolo “Potenziamo i servizi territoriali per preparare l’isolamento selettivo” pubblicato su scienzainrete.it il 6 aprile 2020
- L’articolo “Lombardia e Veneto: due approcci a confronto” pubblicato su scienzainrete.it il 18 aprile 2020
- L’articolo “Comunità e COVID-19: la prospettiva di Glenn Laverack, esperto di epidemie” pubblicato sul sito del DoRS il 18 aprile 2020
- L’articolo “Interrompere le catene di trasmissione di COVID-19 in Italia: indagine tra i Dipartimenti di Prevenzione” pubblicato su E&P repository il 21 luglio 2020
- Webinar AIE di Primavera “L’epidemiologia la tempo del Coronavirus”, Seminari interattivi sul tema “Fase 2 e Contact tracing: esperienze a confronto” – Giovedì 30 aprile, in collaborazione AIE con Epidemiologia & Prevenzione.
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