Grazie Presidente,
a distanza di un mese dalle mie ultime comunicazioni al Parlamento sono qui in ossequio a quanto previsto dal comma 1 dell’art. 2 del DL. n. 19 come modificato e approvato dalle Camere. Esso prevede che il governo si confronti con il Parlamento per informarlo del lavoro svolto e dei suoi orientamenti rispetto ai prossimi provvedimenti.
Sono quindi qui per ascoltare con attenzione, preventivamente, le valutazioni, le proposte e gli indirizzi che il Parlamento riterrà opportuno proporre all’esecutivo. Abbiamo iniziato il 4 maggio la fase di uscita dal lockdown. Da allora proseguiamo con prudenza il nostro percorso di riapertura. Dentro questo cammino considero rilevante il dibattito parlamentare di oggi.
Un confronto è certamente necessario per riflettere sullo stato di evoluzione della pandemia in Italia e nel mondo e per ascoltare le valutazioni e le indicazioni che il Parlamento vorrà esprimere sulle prossime decisioni da adottare.
Questa nostra discussione per me non è mai, semplicemente, un atto dovuto nel rispetto di una norma, ma una possibilità per favorire una corretta dialettica tra Governo e Parlamento, tra maggioranza ed opposizione. Come ha auspicato autorevolmente più volte il nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
È con questo spirito che in premessa, ancora una volta, prima delle opinioni e delle proposte voglio partire dalla realtà, dai fatti. Purtroppo, nel corso di questa terribile pandemia abbiamo tragicamente imparato che la realtà, i fatti, non sempre coincidono con i nostri desideri e, spesso, prendono sentieri imprevedibili.
Pochi numeri, la loro sequenza, sono, quasi sempre, più chiari ed espliciti di mille parole.
Il 31 maggio, quando l’Italia era già nella fase di uscita dal lockdown, nel mondo avevamo 5.934.936 contagiati e 367.166 deceduti. Oggi a distanza di circa 40 giorni i contagiati hanno superato la soglia dei 13 milioni, sono dunque più che raddoppiati, ed i deceduti, oramai, sono, tragicamente, oltre il mezzo milione.
Di fronte a questi fatti, a questi numeri impietosi, è del tutto evidente che non possiamo abbassare la guardia.
Non dividiamoci su questo. Vi prego. Anche nella comunità scientifica si dibatte legittimamente dinanzi ad un virus nuovo. Ma nessuno, lo ripeto nessuno, dice che non bisogna mettere le mascherine, che non bisogna rispettare la distanza minima di un metro e che non bisogna rispettare le norme igieniche, a partire dal lavaggio frequente delle mani. Tre semplici regole, ma essenziali che possono farci gestire questa fase di convivenza col virus.
Nell’attentato alle torri gemelli, che sconvolse il mondo intero, persero la vita 2.974 persone, oggi, negli Stati Uniti, le vittime del CoviD sono oltre 135.000. Il dato dei contagiati è in costante crescita negli Stati Uniti, dove siamo oltre i 3 milioni, e nelle Americhe da dove, ogni giorno, ci giungono, da più parti, strazianti immagini di dolore e disperazione.
L’onda diventa sempre più alta, anche, nei paesi orientali e nel sud del pianeta dove i dati, con un sistema sanitario molto fragile, sono purtroppo incompleti e parziali.
Dentro un vortice drammatico di numeri e percentuali, che nella loro impietosa freddezza rappresentano però donne ed uomini in carne ed ossa (vite umane, non dimentichiamolo mai), voglio evidenziare un dato che a mio avviso è il più impressionante. Nel nostro pianeta, ad oggi, il CoviD ha colpito 1 cittadino ogni circa 650 abitanti dei quasi 8 miliardi di donne ed uomini che popolano la terra nella quale viviamo. Questa è la straripante forza di un nemico che non solo non abbiamo ancora sconfitto ma che continua ad espandersi, ad “occupare” altri territori, a mietere nuove vittime. Un virus subdolo che spesso colpisce mimetizzandosi.
Abbiamo infatti imparato a nostre spese che il CoviD ci attacca, moltiplicando i contagiati, non solo attraverso soggetti sintomatici, ma sempre di più per mezzo di pazienti asintomatici. Ricordo questi numeri non per alimentare paure irrazionali che non avrebbero alcun senso, ma per non smarrire la razionale consapevolezza che non possiamo e non dobbiamo sottovalutare i rischi che ancora corriamo.
La partita non è ancora vinta, è ancora in corso. La prima valutazione che dunque offro all’aula è un preciso richiamo a non sottovalutare prima di tutto una situazione internazionale molto preoccupante perché la circolazione del virus nel mondo accelera e non perde potenza. Evidenziare i rischi esogeni non può significare sottacere o minimizzare i rischi endogeni.
Anche su questo punto voglio essere molto esplicito, in questa seconda parte del mio intervento. In Italia siamo sulla strada giusta. Conosciamo sempre di più il virus ed abbiamo adottato misure di prevenzione territoriale, nei luoghi di lavoro, come protocolli di sicurezza negli ospedali e nelle strutture sanitarie.
Ma non facciamoci illusioni, non esiste il “rischio zero” senza il vaccino.
Io credo che tutto il Parlamento, tutti gli italiani, debbano essere consapevoli del lavoro che abbiamo fatto e che ci ha consentito di mettere alle spalle i giorni più bui. Come ho già detto in precedenti interventi in questa aula: “questo dobbiamo riconoscerlo e valorizzarlo” come fa larga parte della comunità internazionale, ma “senza chiudere gli occhi dinanzi a quello che non ha funzionato come sarebbe stato necessario”. Non ci ha regalato niente nessuno. Per primi in Occidente siamo stati costretti ad affrontare una emergenza sanitaria senza precedenti dal dopoguerra; ci siamo misurati con difficoltà e problemi inediti per tipologia e dimensioni. Abbiamo combattuto con coraggio e determinazione senza avere un manuale d’istruzione da consultare per orientare le nostre scelte. Quale fosse la scelta giusta in ogni singolo passaggio non c’era scritto da nessuna parte. Quando uso il plurale, il mio non è mai un plurale maiestatis riferito al governo nazionale.
Mi riferisco all’Italia, alla nostra nazione nel suo insieme. Mi riferisco a tutte le istituzioni repubblicane, governo, regioni, comuni, province. E soprattutto a tutti gli italiani che hanno svolto un ruolo determinante facendo sacrifici inimmaginabili, al personale sanitario, alle forze di polizia, ai volontari, ai lavoratori che, per assicurare i servizi essenziali, hanno continuato a svolgere le proprie attività anche durante il lockdown. Non finiremo mai di ringraziare queste donne e questi uomini.
Con le scelte fatte abbiamo salvato migliaia di vite umane in Italia, evitando che l’onda alta tracimasse anche nel mezzogiorno. Abbiamo indicato una “rotta” di navigazione nella tempesta, che poi è servita ad altri ed è oggi seguita da quasi tutto il mondo.
Lo dico con un grande dolore nel cuore: chi ha fatto scelte differenti dalle nostre, chi si è affidato all’ipotesi dell’immunità di gregge, sta pagando un prezzo altissimo in termini di vite umane ed è ancora pienamente dentro la tempesta. 8 Noi, l’Italia, oggi siamo fuori dai giorni più drammatici della tempesta, navighiamo in un mare poco mosso, ma non siamo ancora in un porto sicuro. Non siamo al riparo. Per due motivi tanto semplici quando evidenti. Il primo. Il virus, anche se in forma ridotta e con una prevalenza di casi asintomatici, continua a circolare.
Siamo dentro una fase di “convivenza” con il Covid, in un contesto nel quale aumentando le attività e, liberalizzando gli spostamenti, aumentano inevitabilmente le probabilità di “incontrare” il virus. Lo testimoniano i numerosi focolai attivi che dobbiamo essere sempre più rapidi ad individuare ed isolare con il massimo della determinazione e senza alcuna incertezza. Il secondo motivo.
Siamo, oggettivamente, esposti al rischio di importare il Covid da italiani che tornano da viaggi all’estero o da cittadini di altri paesi che arrivano o transitano in Italia. Sono rischi non teorici ma concreti che muovendoci con grande prudenza possiamo ridurre sensibilmente, ma mai azzerare del tutto. 9 Sono rischi che le nostre rilevazioni settimanali mettono chiaramente in evidenza pur dentro un quadro nazionale che, anche questa settimana, rileva un indice Rt inferiore ad 1. A seguito di diversi piccoli focolai che si sono manifestati in questi ultimi giorni sono passate da 1 a 5 le regioni con un indice superiore ad 1 (Veneto, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana e Lazio) e conviviamo con piccole catene di contagio di cui non sempre è nota l’origine. Sia dai dati internazionali che da quelli nazionali risulta, dunque, confermata la valutazione che la partita per arginare prima e sconfiggere poi il CoviD è tutt’altro che terminata.
Ecco perché dobbiamo muoverci, in ogni circostanza, ispirati dal principio di massima precauzione, non sottovalutando alcun segnale di pericolo e sempre pronti ad intervenire in modo tempestivo e proporzionale alla evoluzione della situazione epidemiologica. Discuteremo, nuovamente, sia alla Camera che al Senato, con uno specifico ordine del giorno, della eventuale proroga dello stato di emergenza.
Voglio essere molto chiaro: al momento nessuna decisione è stata assunta. Dovrà riunirsi il Consiglio dei Ministri e, personalmente, sono profondamente convinto che il Parlamento debba essere pienamente protagonista del percorso decisionale, nel rapporto di fiducia che lo lega al governo.
Lo stesso Presidente del Consiglio mi ha ribadito la sua piena disponibilità ad un ulteriore momento di confronto ad hoc sul tema con il Senato della Repubblica e con la Camera dei Deputati. Con la stessa franchezza, alla luce del quadro che ho precedentemente delineato, credo risulti evidente a tutti che io non consideri terminata e archiviata la fase di emergenza.
Il punto aperto è discutere di quali siano gli strumenti formali più adeguati per affrontarla. Valuteremo con trasparenza, anche nel confronto con le camere, tutte le ipotesi in campo (nessuna al momento può essere esclusa), sia in termini di procedure e conseguenze giuridico amministrative, sia in termini di temporalità. Io sono convinto che lo stato di emergenza non possa che essere legato ad un periodo eccezionale e limitato della vita del Paese.
Quello che ci preme è essere pronti. Non avere intoppi o ritardi. Poter essere tempestivi nelle procedure, come ad esempio le gare per i banchi o per i test sierologici in vista della riapertura delle scuole. Quello che non possiamo permetterci è non avere una macchina efficace e veloce per rispondere ad ogni evenienza. Perché il rischio c’è e non si può non vederlo.
Credo che il tema del rapporto tra epidemia e democrazia meriti un ulteriore momento di approfondimento anche in vista delle scelte che a breve saremo chiamati a compiere. Dinanzi alle immagini del primo impatto del Covid in Cina alcuni osservatori hanno immaginato che le regole della democrazia potessero rappresentare un limite per affrontare l’epidemia e fermare il contagio. E che invece i Paesi con un forte dirigismo centrale fossero naturalmente più attrezzati per affrontare l’emergenza. Io penso che non sia così.
Nella nostra esperienza italiana la chiave più importante per piegare la curva del contagio è stata proprio la sintonia di fondo tra le misure che abbiamo adottato e il sentire comune della popolazione, consapevole dei rischi che tutto il Paese stava correndo. Non è per me mai stata la chiave securitaria quella decisiva, ma la persuasione, la convinzione delle persone. Io penso che la democrazia e le sue regole rappresentino sempre un punto di forza, mai un punto di debolezza. E credo che queste riflessioni valgono anche per i prossimi mesi.
In una fase in cui nel mondo viaggiamo al ritmo di oltre 200.000 nuovi contagiati al giorno è difficile non riconoscere con linearità che la sfida è ancora aperta per ciascun Paese, nessuno escluso. L’ho ripetuto mille volte in questi mesi e non mi stancherò mai di ripeterlo: il virus non conosce confini regionali, nazionali ed internazionali. Sono mille le strade attraverso le quali il contagio può essere importato in Italia ed innescare nuovi focolai di infezione. In questo quadro il nostro obiettivo sarà garantire un giusto e proficuo equilibrio tra le preziose ed incomprimibili prerogative del parlamento e la urgente necessità di tutelare la “salute pubblica”.
Il parlamento ha definito, con la conversione del decreto legge n. 19 del 25 marzo e poi con il decreto n.33 del 16 maggio, un percorso, una modalità di funzionamento, al quale il governo, come già sta puntualmente facendo, intende scrupolosamente attenersi. Il comma 1 e 5 dell’art. 2 del DL 19 definiscono con chiarezza il procedimento da seguire nell’adozione di “misure di contenimento”. Dentro questo sentiero la mia opinione è che sia pienamente possibile contemperare e mantenere in giusto equilibrio il diritto fondamentale alla salute previsto dall’art. 32 della nostra Costituzione, e le prerogative che sempre la nostra carta costituzionale attribuisce al Parlamento.
È chiaro che l’Italia è in un’altra fase rispetto ai mesi passati. Dal 4 maggio abbiamo cominciato a ripartire. Con giudizio, ma dobbiamo ripartire. Dobbiamo farlo anche per non pagare un prezzo troppo alto sul piano economico e sociale. Ma ai nostri concittadini dobbiamo sempre dire una verità. La prima misura, quella più forte, per riavviare la nostra economia è continuare a rispettare rigorosamente tutte le regole di prevenzione adottate a partire da quelle relative ai nostri comportamenti individuali. Senza la sicurezza sanitaria non c’è legge di bilancio, investimento pubblico o privato, finanziamento europeo, in grado di farci recuperare il terreno perso in questi mesi. Per convivere con il virus, sino al vaccino, per riaccendere tutti i motori della nostra economia, per affrontare i gravi problemi sociali che vediamo crescere nel nostro paese, non dobbiamo arretrare di un millimetro sulle misure di prevenzione.
In coerenza con questa impostazione il governo intende adottare, a seguito di questo passaggio parlamentare, un nuovo dpcm che proroghi le misure attualmente vigenti sino al 31 luglio. Le principali sono: – Obbligo di indossare la mascherina nei luoghi chiusi – Obbligo di rispettare i protocolli di sicurezza definiti per la riapertura dei luoghi di lavoro – Il divieto di assembramenti – sanzioni penali per chi viola l’obbligo di quarantena – divieto di ingresso o quarantena per chi arriva da Paesi extra Eu e controlli più stringenti su aeroporti, porti e luoghi di confine. Questa ultima misura che ho adottato con mia ordinanza è direttamente correlata alla grave situazione di contagio in un numero crescente di aree nel mondo.
La scelta è chiara. Non possiamo vanificare i sacrifici fatti dagli italiani in questi mesi ed è per questo che abbiamo scelto, ancora una volta, la linea della massima prudenza.
Il divieto di ingresso e transito in Italia riguarda ad oggi chi nei quattordici giorni antecedenti ha soggiornato o è transitato in 13 Paesi: Armenia, Bahrein, Bangladesh, Brasile, Bosnia Erzegovina, Cile, 15 Kuwait, Macedonia del Nord, Moldova, Oman, Panama, Perù, Repubblica Dominicana. Sono le nazioni che hanno un alta percentuale di incidenza del virus in rapporto alla popolazione ed una resilienza molto bassa dei sistemi di prevenzione e controllo.
Al fine di garantire un adeguato livello di protezione sanitaria sono sospesi anche i voli diretti e indiretti da e per i Paesi indicati nell’Ordinanza. Aggiorneremo costantemente questa lista sulla base di una analisi puntuale della evoluzione dei dati. Voglio inoltre ricordare che per tutti gli arrivi dai Paesi extra Ue ed extra Schengen abbiamo confermato la quarantena di 14 giorni come misura precauzionale per evitare la diffusione del contagio.
Particolare attenzione è rivolta, in queste ore, agli sbarchi sulle nostre coste con rigorosi controlli sanitari ed obbligo di quarantena per tutti coloro che arrivano. Nessuna sottovalutazione può essere ammessa.
Sulla urgente necessità di coordinare e controllare con misure comuni le frontiere europee nei giorni scorsi ho scritto una lettera al 16 Commissario Ue alla Salute e alla Sicurezza alimentare, Stella Kyriakides, e al Ministro della Salute tedesco, Presidente di turno, Jens Spahn. Nella lettera ho insistito sulla inderogabile esigenza di definire “nuove rigorose misure cautelative per gli arrivi da aree extra Schengen ed extra Ue”. Richiedendo: “a Commissione e Presidenza di promuovere un maggiore coordinamento tra gli Stati Membri e garantire, così, una maggiore efficacia alla realizzazione dell’obiettivo di contenere la diffusione di contagi causati da focolai di origine esterna”.
Ogni misura di divieto di ingresso in Italia e di limitazione della libera circolazione dei voli è una decisione che assumiamo con dolore. Ma sono scelte necessarie. L’Italia vuole isolare il virus, fermare la catena del contagio, non isolare i paesi colpiti nei confronti dei quali riconfermiamo la nostra massima disponibilità di aiuto e cooperazione
Siamo al lavoro con il ministro Di Maio e con il commissario Arcuri per corrispondere positivamente, a partire dal Brasile, alle tante richieste di aiuto che ci giungono da nazioni particolarmente in difficoltà a causa della pandemia. L’Italia farà in fondo la sua parte! Nessuno si salva da solo, un virus globale si batte anche e soprattutto con una forte cooperazione internazionale.
Parallelamente a questi provvedimenti sempre relativamente alla gestione dell’emergenza il governo è impegnato tutti i giorni su quattro fronti prioritari.
Il primo. Innanzitutto il vaccino.
Il nostro paese, l’Italia, è pienamente in campo per assicurare, al più presto, il vaccino a tutti i cittadini. Un vaccino che, lo ribadisco con forza, deve essere un diritto di tutti, un bene pubblico globale e non un privilegio per pochi. Rispetto alla mia precedente informativa devo sottolineare che l’iniziativa che abbiamo intrapreso, come gruppo di testa, insieme a Germania, Francia ed Olanda ha provocato una accelerazione delle iniziative della commissione europea su questo partita decisiva per sconfiggere definitivamente il CoviD.
L’accordo che abbiamo firmato con Astrazeneca prevede la produzione di 400 milioni di dosi di cui 60 entro la fine dell’anno. È una bella notizia che il vettore virale del vaccino di Astrazeneca, su cui ha lavorato in primis l’università di Oxford, è fatto a Pomezia e l’infialamento avverrà ad Anagni. L’Italia c’è. Con i suoi cervelli e con le sue competenze. Continua poi in questi giorni il confronto con gli altri Paesi europei per chiudere accordi con altri candidati vaccini credibili interloquiamo, a 360 gradi, con tutti i potenziali produttori. Nei giorni scorsi ho visitato IRBM di Pomezia, Rheitera di Castel Romano, dove pure si lavora ad un vaccino tutto italiano, e lo stabilimento Catalent di Anagni dove anche la Johnson & Jonson, oltre ad Astrazeneca, infialerà il vaccino in sperimentazione. l’Italia ha enormi potenzialità connesse all’industria farmaceutica. È un asset strategico del Paese. Dobbiamo valorizzare i siti italiani in grado di produrre e attrarre nuovi investimenti internazionali. È questa la scelta di fondo a cui stiamo lavorando.
Il secondo. Gli ospedali CoviD.
Mi fa molto piacere informare il parlamento che entro pochi giorni, entro la fine della prossima settimana, il ministero avrà terminato l’esame di tutti i progetti pervenuti dalle regioni per gli ospedali CoviD. Conseguentemente saranno trasmessi al commissario all’emergenza per mettere in essere, con procedure straordinarie, tutti gli adempimenti necessari per la loro rapida realizzazione. Si tratta, di un passo in avanti fondamentale per rafforzare la nostra rete dell’emergenza, delle terapie intensive e sub intensive e contemporaneamente rendere più sicuri i nostri ospedali superando qualsiasi forma di promiscuità tra la rete CoviD e quella non Covid.
La terza. Aumentare il personale sanitario e rafforzare il territorio.
Si tratta di un lavoro senza precedenti. Abbiamo investito più risorse sul Servizio Sanitario Nazionale negli ultimi 5 mesi che negli ultimi 5 anni. Siamo arrivati al momento a 29.433 assunzioni di cui 6330 medici, 13.607 infermieri, 6476 OSS. Il prossimo passo, con l’adozione definitiva del decreto rilancio, sara l’assunzione a tempo indeterminato di 9600 infermieri di comunità. Una svolta storica che ci consentirà di rafforzare concretamente i servizi territoriali che rappresentano, come anche questa emergenza ci ha confermato, il baluardo fondamentale per prevenire e successivamente gestire le emergenze sanitarie. È particolarmente strategico l’investimento sui servizi domiciliari alle persone fragili che farà passare l’Italia dal 4% della platea di assistiti over 65 al 6,7%. Passiamo, grazie ad un solo decreto, da essere due punti sotto la media OCSE a 0,7% sopra la stessa media. L’investimento sul personale è fondamentale sempre. Lo è in modo particolare in queste settimane in cui la nostra priorità deve essere recuperare le visite e gli interventi che sono stati sospesi a causa del Covid. Il Coronavirus, come è ovvio, non ha fermato le altre patologie, a partire da quelle croniche e da quelle oncologiche. Ora più che mai il Servizio Sanitario Nazionale ha bisogno di più energie per recuperare il ritardo accumulato. Dobbiamo continuare ad investire e dichiarare definitivamente chiusa la stagione dei tagli.
La quarta. È l’apertura in sicurezza della scuola.
La partita più importante, fondamentale per i nostri ragazzi, per il nostro futuro. Senza la riapertura di tutte le nostre scuole, di ogni ordine e grado, non saremo completamente fuori dal lockdown. Con l’accordo del 26 giugno, raggiunto nella conferenza unificata con regioni province e comuni , abbiamo compiuto un importante passo in avanti condividendo le linee guida e gli obiettivi da perseguire. È un appuntamento che va gestito con la massima cautela e prudenza anche alla luce delle difficoltà in cui si sono imbattute le nazioni che prima di noi, hanno deciso di riaprire le scuole. La riapertura delle scuole riguarderà circa 10 milioni di italiani. 22 Tutte le simulazioni fatte a fine aprile per decidere le modalità attraverso le quali procedere ad un graduale superamento del lockdown indicano nella scuola una delle attività a maggior rischio proprio per l’elevato numero delle persone coinvolte. Per questo motivo dobbiamo concentrare ogni attenzione sulle riaperture di settembre e dobbiamo tenere un livello alto di monitoraggio su quanto avverrà nei mesi successivi nelle scuole. Innanzitutto stiamo lavorando alla definizione di una strategia organica di prevenzione. Il personale scolastico sarà sottoposto ad indagine sierologica. Il commissario Arcuri ha già bandito la gara per i kit. Poi è allo studio un modello di test molecolari a campione per monitorare la popolazione scolastica durante il corso dell’anno. La chiave del nostro lavoro è ristabilire un contatto più stretto tra scuola e dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria territoriale. Negli anni dei tagli, con una decisione a mio avviso sbagliata, è stata archiviata la medicina scolastica che era stata normata nel 1961.
I presidi, i professori, il personale scolastico non possono essere lasciati soli nella gestione di questo difficile passaggio. Per questo è essenziale ricostruire un rapporto strutturato e non saltuario tra scuola e sanità, rapporto che purtroppo manca da troppo tempo nel nostro paese.
Il comitato tecnico scientifico farà a settembre un’ulteriore verifica sulle modalità di ripresa in piena sicurezza delle lezioni anche relativamente all’utilizzo delle mascherine e al distanziamento, ovviamente sulla base dell’andamento del contagio. Una cosa a me sembra certa ed indiscutibile: le scuole frequentate dai nostri figli e nipoti riapriranno. Sono un valore fondamentale del Paese a cui dedicheremo ulteriori ingenti investimenti economici e finanziari. A scuola dovranno esserci misure di precauzione all’altezza della situazione. A scuola si deve poter andare in piena sicurezza. E con questo spirito che intendiamo affrontare le prossime settimane e la ripresa successiva al mese di agosto. Io credo che dobbiamo farlo, non smarrendo il filo di uno sforzo unitario. So che non è semplice, ma dobbiamo provarci.
La ricerca della massima convergenza nella gestione di questa difficile emergenza sanitaria non è una “concessione” che il governo regala alle opposizioni né uno “sconto” che le minoranze fanno alla attuale maggioranza parlamentare. È la via maestra per portare il paese definitivamente fuori dalla tempesta. È la via della responsabilità. L’unica a mio avviso seriamente percorribile nell’interesso prioritario e prevalente del nostro paese. Spero che il dibattito di oggi saprà essere all’altezza di questa sfida.
* Intervento del Ministro della Salute Roberto Speranza alla Camera e al Senato 14.7.2020
Fonte: Ministero della Salute