“Il movimento di massa di persone dalle campagne alle città – oltre metà della popolazione mondiale vive in aree urbane rispetto al 34% nel 1960 – sta rivoluzionando anche il mercato degli stupefacenti”. Questo uno dei nuovi “allarmi” lanciati dal World Drug Report 2020 (rapporto mondiale sulla droga) presentato dalle Nazioni unite a giugno con dati del 2018 raccolti da circa 90 paesi su 193.
L’inurbamento ha fatto sì che le sostanze a base vegetale come cannabis, cocaina ed eroina convivano con centinaia di prodotti sintetici, molti dei quali non appaiono nelle tabelle delle Convenzioni internazionali. Malgrado una stretta sui precursori chimici, queste pasticche, prodotte principalmente in Asia e in nord Europa, si trovano dappertutto a prezzi molto bassi. All’aumento del consumo illegale si aggiunge un incremento impressionante dell’uso non medico di farmaci legali.
Il Rapporto, preparato dall’Ufficio dell’ONU su droghe e crimine (UNODC), conferma che circa 269 milioni di persone usano sostanze sottoposte al controllo internazionale, un aumento del 30% rispetto al 2009. Circa 35 milioni di persone, il 13% del totale, avrebbero sviluppato disturbi alla salute.
Per quanto riguarda l’offerta, un’analisi relativa al 2017- 2018 segnala che l’area destinata alla produzione di oppio (240.800 ettari) è in diminuzione per il secondo anno consecutivo, soprattutto in Afghanistan e Myanmar. Conseguentemente le quantità di oppiacei sequestrate nel 2018 (704 tonnellate) risultano notevolmente diminuite rispetto all’anno precedente.
La coltivazione di piante di coca continua ai massimi livelli mai registrati (244.200 ettari) e risulta stabile rispetto ai dati degli ultimi due anni. Si stima quindi che la produzione globale di cocaina abbia raggiunto il record storico di 1723 tonnellate! I sequestri di metamfetamina hanno toccato le 228 tonnellate. Niente di più lontano da “un mondo senza droga”.
Il rapporto analizza in parte anche l’impatto del COVID-19 sui mercati; sebbene sia presto per uno studio approfondito su cosa sia avvenuto nei mesi del lockdown, la chiusura generale delle frontiere e le altre restrizioni legate alla pandemia hanno causato carenze di prodotti sulle strade di mezzo mondo, il che ha fatto salire i prezzi e diminuire la qualità delle sostanze.
La cannabis resta la sostanza più diffusa nel mondo con circa 192 milioni di consumatori. I derivati dell’oppio sono consumati da oltre 58 milioni divisi quasi equamente tra legali e illegali. Quello degli oppiacei è il consumo più rischioso per la salute, soprattutto per le donne. Le anfetamine interessano 27 milioni di persone, l’ecstasy 21 milioni, la cocaina 19 milioni.
Si “denuncia” inoltre che Uruguay, Canada, e 11 giurisdizioni negli USA hanno legalizzato la produzione e il commercio di cannabis e che ciò ha fatto aumentare il consumo della pianta e dei suoi derivati.
La fine del mese di giugno sarebbe anche il termine entro cui, a norma di legge, il Governo italiano dovrebbe inviare al Parlamento la sua Relazione annuale sulle “droghe”. Non solo anche quest’anno non l’ha fatto, ma in occasione della giornata mondiale per la lotta a dipendenze e narcotraffico del 26 giugno non ha annunciato quando lo farà. L’XI Libro Bianco sulle Droghe, pubblicato qualche settimana fa da molte associazioni della società civile, ha comunque presentato dati, problemi e prospettive confermando che il mercato resta sotto il controllo della criminalità con i morti e le violenze che ne conseguono. Il contorno e le implicazioni del fenomeno sono noti, quel che da anni resta totalmente inesistente è come s’intenda adeguare leggi e politiche a un fenomeno che non accenna a diminuire e si trasforma in continuazione radicandosi nella cultura popolare.
Marco Perduca commenta il World Drug Report, ovvero il rapporto sulle droghe dell’ONU, per la rubrica di Fuoriluogo su il manifesto del 22 Luglio 2020