L’alcol è tra le sostanze psicoattive più usate in Europa e il suo consumo è considerato il quinto fattore di rischio per il carico di malattia globale. Ogni giorno sono circa 800 le persone che in Europa muoiono per cause attribuibili al consumo di alcol e di queste, una percentuale molto elevata, si registra in età compresa tra 20 e 24 anni paria circa 1 decesso su 4. In Italia ogni giorno in media sono 48 le persone che muoiono a causa dell’alcol, oltre 17.000 ogni anno. Nel 2016, anno di cui si dispone la mortalità registrata per tutti gli Stati dell’Unione europea (UE), è stato responsabile del 5,5% di tutti i decessi registrati nell’UE, per un totale di quasi 300 mila persone morte, in gran parte e prevalentemente per cancro (29% dei decessi attribuibili all’alcol), cirrosi epatica (20%), malattie cardiovascolari (19%) e lesioni (18%). Proporzioni che rispettano quelle verificate in passato per l’Italia anche dall’OMS, e ancora oggi confermate con la percentuale più alta di decessi attribuibili all’alcol registrata tra i giovani adulti maschi e tra i giovani sino ai 29 anni di età, per i quali l’incidentalità stradale alcolcorrelata continua a rappresentare la prima causa di morte anche in Europa.
Le conseguenze negative del consumo di alcol sulla salute sono molteplici. Nella Classificazione Internazionale delle Malattie (10ª revisione) più di 30 categorie riguardano condizioni totalmente alcol-attribuibili ma sono oltre 200 le condizioni anche parzialmente attribuibili che raddoppiano nei fatti il carico di mortalità causato dall’alcol, e tra queste almeno 12 tipi di cancro. I danni alcol-correlati non coinvolgono i soli consumatori; sempre più frequentemente le conseguenze del consumo di alcol si ripercuotono sulle famiglie e sulla comunità in generale a causa del deterioramento delle relazioni personali e di lavoro, dei comportamenti criminali (come per esempio vandalismo e violenza), della perdita di produttività e dei costi a carico dell’assistenza sanitaria.
Sono alcuni dei dati presentati nel Rapporto Istisan “Epidemiologia e monitoraggio alcol-correlato in Italia e nelle Regioni. Valutazione dell’Osservatorio Nazionale Alcol sull’impatto del consumo di alcol ai fini dell’implementazione delle attività del Piano Nazionale Alcol e Salute. Rapporto 2020”, pubblicato dall’ISS a giugno 2020. L’Osservatorio Nazionale Alcol (ONA) elabora e analizza ogni anno le basi di dati nazionali svolgendo attività di monitoraggio su mandato del ministero della Salute, in qualità di statistica derivata formale del Piano Statistico Nazionale, alle attività del “SIStema di Monitoraggio Alcol-correlato – SISMA” previste dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 marzo 2017 e dalla recente attivazione in ISS dell’azione centrale SISTIMAL per la valutazione dell’implementazione delle politiche nazionale e regionali sull’alcol che il Ministero della Salute provvede a trasmettere alla World Health Organization (WHO). L’ONA, sede del WHO Collaborating Centre for Research on Alcohol, è l’organismo indipendente di raccordo tra Ministeri, Presidenza del Consiglio, Commissione Europea e WHO per le attività tecnico-scientifiche di rilievo nazionale, europeo e internazionale che ogni anno provvede alla produzione dei dati che il Ministro della salute trasmette formalmente nella Relazione annuale Parlamento ai sensi della Legge 125/2001. La stesura del rapporto pubblicato è avvenuta in un periodo precedente alla pandemia da nuovo coronavirus e si riferisce prevalentemente a dati del 2018 e si aggiorneranno a breve con alcune sintesi dei dati del 2019, che possiamo anticipare non dissimili da quelli del 2018, che l’Istat elabora secondo standard concordati e complementari a quelli dell’ISS.
La sintesi dei dati sull’impatto dell’alcol in Italia
In estrema sintesi, gli indicatori principali dell’impatto negativo sulla salute risultano confermati in una tendenza di stabilità nel canale di crescita anziché di attesa e mancata diminuzione del consumo di alcol puro pro-capite salito a oltre 7 litri e d’incremento di comportamenti a rischio per milioni di consumatori.
Il numero di consumatori fuori pasto, di consumatori a rischio (e comunque non in linea con le linee guida) e di binge drinkers (consumatori che bevono per ubriacarsi) non mostra battute di arresto, anzi si consolida, anche a fronte della contestuale insufficienza d’iniziative, di programmi e azioni di prevenzione istituzionali e dell’incrementata attività di rinnovate forme di marketing teso alla diffusione di fake news che hanno richiesto campagne istituzionali poste in essere da ISS e ministero della Salute e di forme di comunicazione ambigue ed equivoche rivolte ai più giovani e tese alla diffusione d’iniziative da più parti segnalate come incongrue per l’età e per la violazione di norme e cultura di tutela, quali, tra le altre, quelle sul cosiddetto “bere responsabile”, promosse da alcuni settori della produzione su target di popolazione minorile negli istituti scolastici, supportati e facilitati da un’inadeguata interpretazione del ruolo e del concetto di autonomia scolastica che non ha ritenuto in alcune sedi regionali di sottrarre i minori ad eventi condotti da portatori d’interesse e a messaggi e contenuti didattici proposti in assenza di un contraddittorio critico e in evidente distanza dalle raccomandazioni europee e nazionali che pongono in 25 anni l’età da indicare come quella di avvio all’eventuale consumo e che le stesse norme nazionali, ampiamente disapplicate, pongono da decenni almeno a 18 anni attraverso il divieto di vendita e somministrazione a tutela della salute dei minori.
I numeri dell’alcol in Italia
- Le persone che, nel 2018, hanno consumato bevande alcoliche lontano dai pasti sono state il 40,5% degli uomini e il 20,4% delle donne, pari a quasi 16 milioni di persone sopra gli 11 anni, un dato in aumento rispetto alle stime precedenti. I valori massimi riguardano gli uomini nella fascia di età 18-44 anni e le donne della classe di età 18-24 anni. L’analisi del trend dei consumatori di vino o alcolici fuori pasto mostra che, per entrambi i generi, è aumentata la prevalenza dei consumatori rispetto al 2008 (M=+10,2%.; F=+38,0%) e per il genere femminile si conferma anche nel 2018 un incremento lineare costante rispetto al precedente anno (da 19,4% a 20,4%)
- Nel 2018, oltre 5 milioni di persone sopra gli 11 anni (il 14,2% degli uomini e il 6,1% delle donne) hanno dichiarato di aver abitualmente ecceduto nel consumo di bevande alcoliche. La percentuale, non diminuita rispetto agli anni precedenti, è più elevata per entrambi i sessi riguarda gli adolescenti di 16-17 anni e gli ultra 65enni. Al contrario, la percentuale più bassa riguarda la fascia 18-24 anni.
- La prevalenza dei consumatori binge drinkers che hanno dichiarato di essersi ubriacati almeno una volta negli ultimi 12 mesi (che hanno consumato 6 o più bicchieri di bevande alcoliche in un’unica occasione) è stata nel 2018 pari a 11,7% tra gli uomini e 3,6% tra le donne di età superiore a 11 anni, con una frequenza in aumento tra le donne rispetto all’anno precedente, identificando oltre 4 milioni di persone. Le percentuali di binge drinkers sia di sesso maschile che femminile aumentano nell’adolescenza e raggiungono i valori massimi tra i 18-24enni per poi diminuire nuovamente nelle fasce di età più anziane. Per tutte le classi di età considerate, la proporzione di binge drinker di sesso maschile è superiore a quella di sesso femminile a eccezione dei giovani di età inferiore ai 15 per i quali non si rilevano differenze statisticamente significative di genere.
- La prevalenza dei consumatori a rischio in Italia rileva che, nel 2018, il 23,4% degli uomini e l’8,9% delle donne non si sono attenuti alle indicazioni di salute pubblica relativamente a frequenza, quantità di alcolici e modalità di consumo di bevande alcoliche per un totale di 8 milioni e 700 mila individui, stabili i maschi con 6 milioni e 200 mila consumatori a rischio, in aumento le femmine con 2 milioni e 500 mila consumatrici a rischio. L’analisi per classi di età mostra che la fascia di popolazione più a rischio per entrambi i generi è quella dei 16-17enni (M=48,3%, F=40,7%), seguita dagli anziani ultra 65enni. Verosimilmente, a causa di una carente conoscenza o consapevolezza dei rischi che l’alcol causa alla salute, circa 1.700.000 giovani (di cui 800.000 minorenni) e 2.700.000 ultra sessantacinquenni sono individui da considerare a rischio per patologie e problematiche alcol-correlate, esattamente quei target di popolazione sensibile per i quali la WHO e la Commissione Europea raccomandano azioni d’intervento volte a sensibilizzare le persone sulla non conformità dei loro consumi alle raccomandazioni di sanità pubblica.
- Infine, è preoccupante la proporzione di consumatori dannosi, in need for treatment, (dati non inclusi nel report ma prodotti per la Relazione al Parlamento di prossima pubblicazione) che avrebbero bisogno di una qualunque forma d’intervento sanitario e non lo ricevono; 65.000 pazienti alcoldipendenti in carico ai servizi rappresentano il 10% circa della platea stimata di poco meno di 600.000 persone attese per l’immissione in un programma di disassuefazione, persone che non sono identificate nei settori di assistenza primaria e non sono intercettate dalle strutture territoriali di riferimento del Servizio Sanitario Nazionale i cui gruppi di lavoro, ridotti in organico, sono in costante affanno per un carico crescente di domanda. Una situazione destinata a pregiudicare peggiorare ulteriormente le attività a causa della recrudescenza di tutte le dipendenze nel corso del lockdown imposta dall’epidemia da COVID-19 e che ha messo in evidenza la mancanza di preparedness e readyness del sistema delle reti curanti da riorganizzare urgentemente sia per funzionalità che per competenza.
Alcune considerazioni
I dati dimostrano ancora una volta che l’alcol è ancora uno tra i più temibili fattori di rischio e di malattia in Italia. Ai consumi medi pro-capite in ripresa non poteva non esserci il riscontro di un incremento della popolazione di consumatori a rischio e di binge drinker, indicatori della necessità di risposte di salute pubblica e dei servizi sanitari, di interventi sul marketing e sulla disponibilità delle bevande alcoliche più incisive, e anche i sistemi di monitoraggio relativi all’implementazione delle politiche in Italia mostrano essere tra le aree da rafforzare. La cultura del bere in Italia, oggi più incisivamente influenzata dal marketing aggressivo delle fake news proposto da alcuni settori della produzione, può e deve ritrovare una capacità di maggiore controllo formale e informale per il raggiungimento di dimensioni più adeguate al mantenimento di livelli di salute e sicurezza nella popolazione che possano contribuire ad abbattere gli elevati costi sociali e sanitari dell’impatto dell’alcol stimati in 25 miliardi di euro l’anno dall’OMS e oggi in crescita. La necessità di invertire la tendenza all’aumento del consumo pro capite e con esso quello dei consumatori a rischio richiede politiche di prevenzione e programmazione convinte e più incisive e dedicate, azioni e investimenti in grado di poter sostenere e garantire il raggiungimento degli obiettivi da conseguire mirando all’agenda globale per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite in cui l’Italia ha necessità di esprimere il massimo impegno, se vorrà vedere realizzati nei prossimi anni gli obiettivi di salute e di benessere condivisi. Tematiche che non possono essere trattate unilateralmente o, peggio, essere assoggettate a mere e perdenti logiche di convenienza, prevalenti su quelle di una tutela della salute e del diritto a livelli più elevati di benessere individuale e sociale ma che richiedono il contributo di tutti gli stakeholder che avranno l’opportunità di esprimersi nel tavolo tecnico permanente approvato dal Ministro della Salute e della Conferenza Nazionale Alcol programmata per il 2021, affrontando i burning issues resi ancora più cogenti dall’era post-COVID19 e legati alla prevenzione in ambito scolastico, alla prevenzione tra i giovani, all’annoso problema alcol e guida ancora prima causa di morte tra i giovani in Italia, in Europa e nel mondo, alla inderogabile e urgente riorganizzazione del sistema delle reti curanti per le quali l’Osservatorio Nazionale Alcol in collaborazione con la Società Italiana di Alcologia hanno già proposto linee guida che rappresentano un prezioso punto di riferimento da condividere per rendere omogenea, accessibile, disponibile l’offerta multidisciplinare e multiprofessionale di strutture di prevenzione diagnosi, cura e riabilitazione che devono rinnovare la proposta e l’offerta di prestazioni e servizi anche di natura digitale e di e-health che si candidano a colmare un’inaccettabile gap di intercettazione di consumatori dannosi e di alcoldipendenti che si trovano in necessità di trattamento e che le strutture del SSN intercettano per meno del 10 % della platea degli oltre 700.000 ai quali nessun intervento è offerto.
Conclusioni
L’alcol è e resta un serio problema di salute in Italia; la prevenzione che manca va rafforzata richiedendo interventi urgenti, al momento non resi disponibili dai piani di prevenzione e comunque evidentemente sinora inefficaci se da anni non riescono a contrastare stili e modelli di consumo che causano costi sostanziali di cui si dovrebbe valutare congruo e opportuno l’abbattimento lì dove, come l’OMS ha appena affermato nell’ultimo report reso disponibile ”L’alcol è una delle principali cause del peggioramento della salute, disabilità e morte prematura in Europa, che è al primo posto nel mondo in termini di consumo di alcol. L’impatto dell’alcol si registra principalmente sulle persone in età lavorativa e produttiva ed è un fattore che impedisce lo sviluppo economico rappresentando un ulteriore onere finanziario per la società con conseguenze per i sistemi sanitari e la giustizia penale che spesso superano i benefici delle entrate fiscali sui prodotti alcolici”.
In estrema sintesi, tutte le bevande alcoliche non sono un bene ordinario di consumo e molto si dovrà fare per costruire una nuova cultura della prevenzione, rivalutando le diseconomie sottese a una corretta valutazione dei costi sociali e sanitari che l’alcol genera rispetto alla ricchezza di una nazione e ridurre sostanzialmente l’esposizione della popolazione alla più diffusa sostanza tossica, cancerogena, calorica, anti-nutriente, psicoattiva e induttiva di una dipendenza e di rischi completamente evitabili a fronte di una rinnovata cultura di prevenzione universale basata sulla corretta interpretazione del bere e di investimenti in identificazione precoce del rischio alcol e nella ricerca per la prevenzione che l’ISS sollecita come risorse indispensabili per il raggiungimento degli obiettivi di salute che l’Italia è impegnata a conseguire nelle numerose strategie e nei piani di azione che, come ribadito dal Ministro della Salute nella sua Relazione annuale, l’Osservatorio Nazionale Alcol e il Centro OMS per la promozione della salute e la ricerca sull’alcol in ISS contribuiscono a rinnovare anche attraverso una riconosciuta leadership negli orientamenti basati sull’evidenza scientifica e la comunità di pratica internazionale alla quale come ricercatori contribuiamo con autorevolezza e apprezzate competenza ed esperienza.
fonte: EPICENTRO e ISTISAN