Il Centro Sociale di Lastra a Signa. Un nuovo modello di residenzialità degli anziani è possibile. di Gavino Maciocco

Quando, nel lontano 1973, l’Amministrazione Comunale di Lastra a Signa decise di portare avanti il progetto di Centro Sociale era ben consapevole di aver imboccato una strada nuova. Infatti ciò che si stava realizzando era non solo una nuova struttura, ma una nuova idea di abitare, e di assistere, rivolta a una popolazione anziana fragile dal punto di vista socio-economico.


C’è modo e modo di arrivare al capolinea della propria esistenza. Quello all’interno di una Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA) è spesso il peggiore.

La situazione è ben nota: la popolazione italiana è tra le più longeve del mondo, e anche tra le più vecchie,  nel senso che il numero della popolazione al di sopra dei 65 anni cresce sovrastando nettamente le generazioni più giovani: in certe regioni ogni 100 giovani di età 0-14 anni ci sono 200 anziani.  Un gran numero di anziani molto vecchi, per lo più donne, vivono da soli.  La famiglia italiana generalmente non si tira indietro di fronte ai bisogni dei vecchi, grazie soprattutto alla dedizione di figlie e nuore.  I fenomeni migratori hanno decisamente aiutato: la presenza di circa 800 mila collaboratori domestici stranieri (detti “badanti”) è stata decisiva per mitigare il peso sociale del fenomeno, dato che le famiglie che ricorrono a un collaboratore domestico per l’assistenza a un anziano o a un disabile sono 2 milioni e mezzo (il 10,5% delle famiglie italiane).

Dedizione delle famiglie, supporto di collaboratori domestici,  qualche intervento dei servizi assistenziali pubblici (peraltro molto disomogenei da Nord a Sud) consentono di mantenere al proprio domicilio la grande maggioranza di anziani con malattie debilitanti e con perdita più o meno marcata della propria autonomia e quindi di accompagnare gli ultimi anni dell’esistenza di una persona anziana nella dignità e tra gli affetti famigliari.

Molto diverso è il destino di anziani non autonomi che, per molteplici motivi (familiari, abitativi, economici, etc.), sono espulsi dalla propria casa e dalla propria famiglia per ricoverarsi in una RSA. Sono oltre 200 mila i soggetti ospitati in queste strutture (più diffuse al Centro-Nord rispetto al Sud) che rappresentano quanto di peggio possa capitare a una persona anziana nella fase conclusiva della vita: essere sradicato dalla propria casa, allontanato dagli affetti, subire ritmi tempi e regole imposti dalla struttura, subire spesso umiliazioni come l’obbligo di indossare sempre il pannolone, essere costretti a letto anche con misure di contenzione, imbottiti di psicofarmaci, non poter usare utilmente e autonomamente i propri livelli di residua autonomia (per non parlare degli abusi criminali che periodicamente vengono a galla nelle cronache). La conclusione è che la permanenza in queste strutture genera nella maggioranza dei casi gravi forme di depressione e una rapida accelerazione  dei processi involutivi fisici e psichici.

La domanda che si pone è: esistono soluzioni che consentano ad anziani “fragili” dal punto di vista socio-economico-familiare e con problemi di salute, di evitare di finire i propri giorni nelle RSA (perché sono prevalentemente loro che affollano queste strutture)?  Le soluzioni ci sono, sono note da almeno 40 anni, e recentemente stanno sempre più diffondendosi in molti paesi (tranne che in Italia). 

Si tratta di strutture costituite da miniappartamenti raggruppati, dotati di servizi comuni: mensa, biblioteca, lavanderia, palestra, pulizie, in certi casi un ambulatorio infermieristico.  I miniappartamenti, per singoli o per coppie, del tutto indipendenti, sono dotati dei servizi essenziali, compresa la cucina, con una scrupolosa attenzione alle barriere architettoniche e alla facile agibilità per il transito  delle carrozzine.  Quindi libertà di vivere nel proprio appartamento in piena autonomia, e di utilizzare i servizi comuni (e di fruire della solidarietà degli altri ospiti) in caso di bisogno. In Francia queste strutture sono denominate logements foyers, nel Regno Unito sheltered housing. In Francia e Regno Unito queste soluzioni abitative “aperte” convivono con strutture assistenziali tradizionali (equivalenti alle nostre RSA), denominate rispettivamente Maison de retraite e de soins de  long durée Care and nursing home.

In Svezia invece le strutture  equivalenti alle nostre RSA (long term care institutions) sono state abolite  nel 1992 e sostituite con unità abitative composte da 10-15 miniappartamenti che dispongono di servizi comuni e di un’assistenza socio-sanitaria disponibile per l’intero arco della giornata: attualmente sono 90 mila gli anziani – anche affetti da gravi  condizioni, come le demenze – che fruiscono di questo servizio.

lastraasignaDicevamo, in Italia niente o quasi: le esperienze innovative in questo campo si contano sulle dita di una mano.  A Lastra a Signa, Comune di 20 mila abitanti nei dintorni di Firenze, dal 1979 esiste il Centro Sociale, un complesso residenziale composto di 25 miniappartamenti per due persone (36 m2) e 36 miniappartamenti per persone singole (20 m2), con una capienza complessiva di 86 posti.  Il complesso è dotato di numerosi  e ampi spazi comuni.  L’area dei servizi comuni (fruibili dal resto della popolazione) include: il ristorante-mensa, il bar, la lavanderia, la biblioteca, la palestra, la sede di associazioni. Inizialmente vi erano collocati i servizi  del Distretto socio-sanitario, attualmente sostituiti  dalla scuola materna comunale.

Il Centro Sociale nacque dalla volontà di dare una risposta assistenziale pubblica a una fascia di popolazione anziana “fragile” dal punto di vista economico e della condizione abitativa e familiare. Si deve tener conto che all’epoca della sua nascita – anni 70 – molti anziani del Comune di Lastra a Signa vivevano in aree rurali, in casolari privi il più delle volte di riscaldamento, telefono, bagno; inoltre non era passato molto tempo dalla terribile alluvione dell’Arno del 1966 che aveva inondato il centro storico della cittadina, rendendo poi precaria l’abitabilità di molti fabbricati. Di questa situazione erano gli anziani il gruppo che aveva più sofferto.

Il 10 maggio scorso si è tenuto a Lastra a Signa un convegno per presentare una ricerca(1), e la relativa pubblicazione, sul Centro Sociale, promossa dall’Amministrazione Comunale e sostenuta dalla Regione Toscana. Si tratta del bilancio di 40 anni di storia, come si nota da questi brani introduttivi:

“Quando, nel lontano 1973, l’Amministrazione Comunale di Lastra a Signa decise di portare avanti il progetto di Centro Sociale era ben consapevole di aver imboccato una strada nuova, di avere di fronte una sfida che richiedeva un impegno diverso dalla normale routine della gestione di una comune struttura. Infatti ciò che si stava realizzando era non solo una nuova struttura, ma una nuova idea di abitare, rivolta a una popolazione anziana fragile dal punto di vista socio-economico.

Un’idea di abitare, e anche di assistere, basata non sulla costrizione (classico modello dei vecchi ospizi e delle più moderne residenze sanitarie assistenziali – RSA), ma sulla libertà, sulla adattabilità e sulla condivisione.

Le Amministrazioni Comunali che si sono succedute nel tempo – con i loro Sindaci e Assessori ai servizi sociali – hanno avuto sempre ben presente la portata di questa sfida e per questo hanno dedicato le migliori risorse per la gestione del Centro Sociale. Hanno anche deciso di rendere questo esperimento visibile dall’esterno e verificabile. Ne sono prova le molte pagine del registro di coloro che da varie regioni d’Italia e anche dall’estero sono venuti a visitarlo, e soprattutto le ricerche e le valutazioni che periodicamente sono state svolte da  parte di équipe multidisciplinari.

Alla fine la domanda era sempre la solita: può il Centro Sociale rappresentare un nuovo modello di residenzialità per anziani, una soluzione alternativa al modello “costrittivo” delle  RSA?

“Soluzione alternativa” non nel senso di sostituire un modello come quello delle RSA, che ha una sua effettiva e indiscutibile utilità per pazienti con bisogni assistenziali complessi e che necessitano di alti livelli di intensità assistenziale (un esempio classico: le forme molto gravi e terminali di demenza).

“Soluzione alternativa” nel senso di distinguersi dal modello costrittivo,  caratterizzato da una struttura rigida – tipica delle strutture di degenza simil-ospedaliera – a cui si devono necessariamente piegare gli ospiti. Alternativo perché si basa sulla libertà e sulla adattabilità.  Al cambiamento delle condizioni di salute e di autonomia di una persona (che fa parte della storia naturale di ogni essere umano) si creano due condizioni di adattabilità:   1) La persona che  ha “perso” qualcosa, per esempio comincia ad avere problemi nella deambulazione, trova all’interno del Centro Sociale le condizioni per adattarsi alla nuova condizione e quindi mantenere ampi margini di autonomia; 2) Il Centro Sociale è stato ideato per adattarsi ai mutevoli bisogni delle persone che vi abitano e la sua organizzazione interna – nell’arco di 32 anni – è rimasta fedele all’idea originaria, creando di volta in volta, persona per persona, le condizioni per poter consentire di continuare a vivere all’interno del Centro. Pur in presenza di gravi forma di disabilità, fino all’ultimo istante della vita”.

Dal 1979 a oggi sono entrati e “usciti” dal Centro Sociale oltre 200 anziani.   La grande maggioranza delle persone sono decedute all’interno del Centro Sociale, spesso dopo aver trascorso qui mesi o anni in condizioni di grave disabilità. 

Il Centro Sociale di Lastra a Signa è riuscito a creare le condizioni per garantire la permanenza a decine di persone che in altre circostanze sarebbero state costrette al ricovero in RSA (avvenuto nell’arco di 35 anni solo per 28 persone), grazie alle sue risorse “interne”: l’assenza di barriere architettoniche, la possibilità di fruire di servizi comuni,  l’aiuto domestico di (sole) quattro operatrici, l’intervento di personale infermieristico  e riabilitativo del distretto,  l’aiuto solidale dei vicini, il ruolo dei medici di famiglia, la presenza delle famiglie e di eventuali “aiutanti”, e – infine –  la volontà politica dell’Amministrazione Comunale che in tutti questi anni ha assicurato la necessaria attenzione e l’indispensabile sostegno economico, garantendo nel contempo la presenza di operatori capaci, competenti e appassionati.

Quanto costa questa struttura all’Amministrazione Comunale di Lastra a Signa? 2.466 euro all’anno per residente.  Troppo poco. Per questo nessuno l’ha imitata.  

Risorsa

Il Centro Sociale di Lastra a Signa. La sfida continua [PDF: 3,1 Mb]. A cura di Leonora Biotti e Gavino Maciocco. Signa: Masso delle Fate Edizioni, 2013.

Nota
Il Centro Sociale di Lastra a Signa. La sfida continua. A cura di Leonora Biotti e Gavino Maciocco. Signa: Masso delle Fate Edizioni, 2013.
La  pubblicazione può essere richiesta all’Amministrazione Comunale: Vice Sindaco e Assessore ai Servizi Sociali,  angela.bagni@comune.lastra-a-signa.fi.it.

NdR: Riproponiamo l’articolo pubblicato su saluteinternazionale il 20.5.2013 ritendendolo ancora attuale …

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