Non è tutto oro il piano Colao, ma quasi. di Francesco Daveri

La commissione Colao ha prodotto una dettagliata serie di raccomandazioni che disegnano una possibile Italia del futuro. Alla politica il compito di selezionare le indicazioni facendo prevalere il buonsenso sulle divisioni ideologiche.

Arrivano le raccomandazioni della commissione Colao

La commissione di ventuno esperti presieduta da Vittorio Colao ha consegnato un rapporto di 120 pagine di iniziative per il rilancio, organizzate in schede sintetiche relative a 19 materie economiche e sociali. Ecco la lista: Occupazione e ripartenza delle imprese, Liquidità alle imprese, Riduzione impatto contenziosi post-crisi, Rafforzamento capitalizzazione delle imprese, Incentivo alle misure di presidio del rischio fiscale, Emersione lavoro nero, Emersione e regolarizzazione contante derivante da redditi non dichiarati, Regolarizzazione e rientro dei capitali esteri (niente scheda), Passaggio a pagamenti elettronici, Innovazione tecnologica e proprietà intellettuale, Innovazione energetica e sostenibilità (niente scheda), Sostegno a start-up innovative, Competenze gestionali e assunzioni specialistiche, Riqualificazione disoccupati/CIG, Piattaforme formative pubblico-private per filiere produttive, Reti, filiere e aggregazioni, Sostegno export, Reshoring, Terzo settore.

Tante schede sintetiche ma dense

Va detto che la lettura del rapporto è impegnativa perché le schede sono sintetiche (tra 400 e 500 parole ciascuna) ma anche tante e dense. Si potrebbe obiettare che tante schede lasciano molta, forse troppa, libertà di scelta alla politica, ma in fondo, a pensarci, l’idea di formulare un ventaglio di ipotesi è proprio quello che ci si aspetta dagli esperti. Ognuna delle schede include una descrizione del contesto che denota un’accurata comprensione del problema e una serie di azioni specifiche da tradurre in provvedimenti di legge. In fondo alla pagina sono anche utilmente indicate le fonti di finanziamento (pubblico, privato, costo zero; in basso a sinistra) e le tempistiche di attuazione (“da attuare subito”, “da finalizzare” cioè che richiedono un po’ di lavoro preparatorio, “da strutturare” cioè che richiedono molto lavoro preparatorio; in basso a destra).

Nell’insieme, prima ancora di guardare ai contenuti di dettaglio (che potranno essere discussi in modo approfondito raggruppando le schede per argomento), dal semplice esame della struttura di ogni scheda viene comunque fuori una distanza quasi antropologica rispetto agli schemi concettuali della politica. Politica che – per fare un esempio relativo agli ultimi mesi di questi crisi – ha prodotto un Dl Liquidità incapace di far arrivare la liquidità alle aziende che avevano bisogno e un Dl Rilancio fatto di 269 articoli e 329 pagine che richiederà un’infinità di decreti attuativi per provare a rilanciare l’attività economica di anche uno solo dei destinatari, con articoli di legge scritti con rimandi impossibili da interpretare per i cittadini e a volte difficili da leggere e comunque soggetti a mille interpretazioni anche per gli addetti ai lavori.

La prima scheda del rapporto, la più importante per ripartire

Il rapporto Colao elenca un ampio insieme di iniziative che individuano – come si legge a pagina 2 del rapporto – nelle imprese e nel lavoro il “motore dell’economia”, nelle infrastrutture e nell’ambiente il “volano del rilancio”, in turismo, arte e cultura il “brand del paese”, nella pubblica amministrazione l’”alleata di cittadini e imprese”, in istruzione, ricerca e competenze i “fattori chiave per lo sviluppo” e – da ultimi ma non in ordine di importanza – in individui e famiglie gli elementi fondanti di una “società più inclusiva ed equa”. Messe in fila, sono le parole d’ordine di una società italiana che nel ripartire mira ad essere più moderna e meno squilibrata, si potrebbe dire.

E infatti non a caso la lista di proposte comincia presentando a pagina 4 le misure volte a escludere il contagio Covid dalle cause di responsabilità penale. Il problema è noto. Da un lato c’è da garantire una giusta tutela al lavoratore esposto al rischio di contagio sui mezzi pubblici mentre si reca al lavoro e sul posto di lavoro (specie se a contatto con il pubblico): l’articolo 42 del cosiddetto decreto Cura Italia lo fa classificando il contagio come un infortunio sul lavoro, in tal modo estendendo la tutela oltre il trattamento della semplice malattia. Dall’altro lato, però, il possibile riconoscimento del contagio da Covid come infortunio pone un problema di eventuale responsabilità del datore di lavoro (privato e pubblico) che, in molti casi, frenerebbe la ripresa delle attività.

L’iniziativa proposta è quella di offrire uno scudo penale e civile ai datori di lavoro, stabilendo per legge (nazionale, per garantire uniformità di trattamento) che “l’adozione e l’osservanza dei protocolli di sicurezza predisposti dalle parti sociali costituisce adempimento integrale dell’obbligo di sicurezza di cui all’art. 2087 del codice civile”. Il datore che adempie all’obbligo di sicurezza come sopra non andrebbe così incontro né a responsabilità civile né penale, anche in presenza del riconoscimento da parte dell’Inail dell’infortunio su lavoro da contagio Covid.

Sempre secondo la commissione, lo scudo per i datori di lavoro potrebbe essere accompagnato da sgravi temporanei del costo del lavoro per le imprese che – a causa dell’adozione di misure volte a rispettare i protocolli di sicurezza e il principio del distanziamento – si trovino a fronteggiare un aumentato costo del lavoro. In questo caso si tratterebbe di defiscalizzare le maggiorazioni previste dai contratti collettivi per le maggiori indennità per turni di lavoro flessibili per il lavoro festivi o per gli straordinari necessari per recuperare le perdite di produzione dei mesi precedenti. Sarebbe un intervento fiscale temporaneo che non inciderebbe sulle maggiorazioni di trattamento spettanti ai lavoratori.

Sia con lo scudo penale e civile che con la defiscalizzazione degli oneri derivanti dalla necessità di garantire la sicurezza, si tratta sempre di trovare un compromesso tra le ragioni dell’economia e quelle della salute. È venuto il momento di usare il buonsenso per mettere in pratica le parole d’ordine di cui si è parlato molto in astratto durante il lockdown.

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