MAMMA MI PARLI DEL CORONAVIRUS?: le domande dei bambini sul Covid- 19. Speciale Dors sullo studio Edge Hill University

Introduzione

La vita dei bambini di tutto il mondo è stata trasformata dalla pandemia COVID-19. La maggior parte di loro non frequenta più la scuola, non vede più gli amici o i nonni e resta a casa con la famiglia stretta per prevenire il contagio e tutelare la propria e l’altrui salute.

I bambini studiano, imparano, si collegano alle piattaforme digitali e fanno educazione fisica a distanza, disegnano arcobaleni e tifano per il personale sanitario. Ma, come gli adulti, molti stanno sperimentando l’incertezza, la confusione e hanno molti dubbi e curiosità sul COVID-19 e sul mondo “rivoluzionato” in cui si sono trovati a vivere.

Nella quantità schiacciante di informazioni sanitarie e di disinformazione sul COVID-19 – che è stato descritto, appunto, come “infodemico” – molte risorse sono state sviluppate appositamente per i bambini, per fornire informazioni adatte a loro e per aiutarli ad affrontare le loro preoccupazioni: opuscoli, programmi televisivi, racconti brevi e favole, video animati, e sessioni di FAQ pensate apposta per i più piccoli.

Questi prodotti comunicativi a misura di bambino raccontano ai piccoli del virus e di come stare al sicuro praticando il distanziamento sociale e il lavaggio delle mani. Le risorse includono consigli su come affrontare l’isolamento, suggerendo diverse attività con cui tenersi occupati. Ma, la maggior parte di queste risorse sono state progettate e sviluppate da adulti e potrebbero non rispondere appieno alle domande, ai bisogni e alle preoccupazioni dei bambini.

Domande e risposte

In un recente studio inglese, è stato chiesto ai bambini dai sette ai dodici anni come hanno avuto accesso alle informazioni sul COVID-19 e cosa hanno compreso del virus e delle misure di prevenzione quali la necessità di isolamento.

I bambini hanno risposto che i loro genitori sono la loro principale fonte di informazioni ma che vogliono sapere di più di “andrà tutto bene” o “lavati spesso le mani”. Vogliono risposte a domande quali: “perché i bambini non stanno male come gli adulti?”, “quante persone muoiono ogni giorno?” e “come sappiamo che sarà davvero sicuro uscire quando finirà l’isolamento?”

E’ stato anche chiesto ai genitori come hanno avuto accesso alle informazioni sul COVID-19 e come hanno condiviso queste informazioni con i loro figli. Abbiamo scoperto che molti genitori hanno cercato di proteggere i loro figli dalle informazioni più allarmanti e di limitare l’accesso dei loro figli al flusso costante di informazioni sul COVID-19. La maggior parte dei bambini, tuttavia, sono perfettamente consapevoli che il mondo è in crisi e la gente sta morendo a causa del virus, come ha spiegato un bambino intervistato:

“Non so cosa stia succedendo, perché la gente intorno a me fa finta di niente e mi dice che il virus non può uccidere la gente, ma la gente muore ogni giorno, lo so”

Che tipo di informazioni?

Una precedente ricerca dell’Edge Hill University aveva rilevato il fatto che i genitori  hanno spesso difficoltà a scegliere quali informazioni sia “giusto” condividere con i propri figli e quali no su argomenti particolarmente delicati e difficili. Il rischio è che queste difficoltà possano portare i genitori a “nascondere” informazioni importanti per cercare di proteggere i loro figli da eventuali turbamenti o shock.

Il recente studio riferito al Covid- 19, conferma tali timori e difficoltà.  Come ha spiegato una madre di un bambino di sette anni:

“[Condividiamo] qualsiasi informazione che non causi troppa ansia e tendiamo a minimizzare la gravità della situazione. [Noi] principalmente discutiamo solo di come possiamo proteggerci attraverso alcuni comportamenti”

In questo periodo, la maggior parte dei genitori rassicura i propri figli dicendo loro che “andrà tutto bene”. Ma così come confermano i risultati di numerose ricerche, rassicurazioni sterili senza esempi concreti e risposte “a misura di bambino”, possono portare i più piccoli a “riempire da soli gli spazi vuoti”, usando la loro immaginazione e frammenti di informazioni raccolte attraverso diversi canali.

Inoltre, sentirsi dire “non preoccuparti” può essere inutile quando una persona cerca di capire cosa sta succedendo intorno a lei trovando il modo migliore per affrontare una situazione. Se si tratta di bambini, questo atteggiamento può tra l’altro avere un effetto boomerang, aumentando in loro l’ansia e il senso di insicurezza.

Suggerimenti

I bambini sono una parte essenziale nello sforzo globale per gestire questa pandemia. Hanno il diritto di ricevere informazioni importanti per il loro benessere. Questo diritto non viene affrontato semplicemente dicendo ai bambini di lavarsi le mani, di stare in casa e di non preoccuparsi. I bambini dovrebbero essere liberi di fare domande ed esplorare ciò che sta accadendo “là fuori” e di ricevere risposte appropriate e adeguate dagli adulti di cui si fidano.

Le risorse comunicative progettate a misura di bambino sono certamente utili per dare avvio ai discorsi e alle riflessioni sul tema, ma non possono essere un punto di arrivo. I risultati del presente studio ci dicono che i bambini hanno bisogno di diverse risposte sul COVID-19 che non vengono affrontate dai materiali comunicativi progettati per loro e divulgati in questi mesi.

Gli adulti devono riconoscere e essere trasparenti sul fatto che non possono conoscere “tutte le risposte” ma nello stesso tempo è necessario che si sentano sufficientemente al sicuro per sostenere le domande e le curiosità dei bambini. I discorsi sul Covid -19 dovrebbero avvenire a più livelli ed essere sostenuti da campagne e materiali di comunicazione in cui le domande e le preoccupazioni dei bambini possano essere riconosciute e affrontate. Anche le scuole e gli insegnanti dovrebbero essere coinvolti per aiutare a sostenere le opportunità di apprendimento e a facilitare la comprensione. Ma il veicolo informativo più importante è rappresentato dalle conversazioni che i bambini hanno con chi si prende cura di loro nell’ambiente domestico.

Un buon punto di partenza per queste conversazioni è chiedere ai bambini: “cosa volete sapere?” ,”quali domande avete?, “c’è qualcosa che vi spaventa?” In questo modo, non solo i bambini possono essere messi in grado di  identificare i loro bisogni e le loro preoccupazioni inerenti la situazione attuale, ma anche gli adulti possono sviluppare un importante livello di empowerment personale, evitando rassicurazioni confezionate ad hoc da altri a favore del riconoscimento e rispetto dei bisogni informativi che variano da bambino a bambino.

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