La salute mentale è un buon investimento. di Stefano Cecconi, Fabrizio Starace

Una conversazione su un tema delicato, che con l’emergenza Covid ha acuito le sofferenze e le fragilità di tante persone. Dialogo fra Stefano Cecconi e Fabrizio Starace

Cecconi L’emergenza determinata dall’epidemia Covid-19, continua ad avere pesanti effetti sulla vita di tutti i cittadini, ancor più gravi per le persone con sofferenza mentale, per i più anziani, per le persone con disabilità e con malattie croniche. E sta causando danni economici e sociali. I segnali che ci sono arrivati è che il sistema dei servizi per la salute mentale abbia reagito in modo assai diversificato: in alcune realtà c’è stata una sorta di ritirata di fronte alle difficoltà, altrove invece c’è stata creatività e spirito di iniziativa. Cosa hai visto dal tuo osservatorio Siep?

Starace Il Covid è stato uno stress test al nostro sistema di cura e ha fatto emergere i nodi e le fratture che lo attraversano: in primo luogo abbiamo visto in tensione il livello nazionale e il livello regionale di regolazione del sistema. Questo deve determinare un rafforzamento della funzione centrale di indirizzo e controllo, perché i servizi e i Lea siano realmente garantiti a tutti i cittadini italiani, pur nel quadro di “federalismo sanitario” determinato dal regionalismo. Ma abbiamo anche visto emergere una grande contrapposizione tra una medicina ospedaliera che si rifa a logiche aziendalistiche di tipo produttivistico e una medicina territoriale, della prevenzione, che si occupa di servizi alle persone e alle comunità.

Cecconi Si è rivelato anche quanto le strutture residenziali – dove sono ricoverate migliaia di persone con disagio mentale o non autosufficienti – siano un modello fallimentare: nella recente assemblea promossa dal coordinamento nazionale della conferenza per la salute mentale (30 maggio 2020, ndr) si è detto che “bisogna sostituire i luoghi dell’esclusione con i luoghi della vita”.

Starace Certamente, si inserisce nell’ottica di cui parlavo prima, anche il tema del contrasto tra due visioni: la domiciliarità declina verso la casa il tema del supporto e dell’assistenza: la residenzialità invece è la trasposizione a livello territoriale del modello ospedaliero, della massificazione e ottimizzazione della produttività. Nella residenzialità si può leggere la stessa dinamica che riduce la salute delle persone ad un prodotto su cui si opera con un’economia di scala e non vede nella salute un unicum, irripetibile nella sua singolarità e dignità, che va curato come tale.

Cecconi Sempre dall’assemblea del 30 maggio è emersa con forza una richiesta di maggiori risorse per il Ssn e per la salute mentale, dopo anni di tagli che hanno colpito il personale impoverendo i servizi. Ma non ritieni necessario indirizzare le risorse, per affermare in concreto principi e obiettivi della legge 180?

Starace Siamo oggi di fronte ad un’occasione storica: il “Recovery Fund”, il fondo per la ripresa proposto dalla Commissione europea, e la presenza di fondi specifici per la sanità garantiti dal Mes, rispetto a cui dovranno essere superate alcune resistenze, ci pongono in una condizione assolutamente nuova. Per la prima volta, dopo molti anni di definanziamento, avremo a disposizione fondi specifici da collocare sulla sanità. Sicuramente ci saranno regole e verifiche su come questi fondi saranno spesi e questa è una cosa molto positiva. Non temiamo le verifiche e le valutazioni; ciò che ci spaventa è l’indifferenza verso questioni che consideriamo essenziali. Sul piano dei principi, noi sappiamo già come utilizzare quei fondi: per rilanciare la legge 833 e la legge 180 a più di 40 anni dalla loro entrata in vigore. Queste leggi sono ancora attualissime, sembrano scritte oggi e indicano chiaramente le priorità attuali. Dopo questa occasione ci saranno altre poche possibilità per tornare ad investire sulla nostra sanità pubblica. Non c’è un minuto da perdere. C’è un’urgenza che non è solo legata al dramma degli ultimi tre mesi ma, in prospettiva, si riferisce a quello di cui iniziamo a percepire le avvisaglie e che ci accompagnerà per i prossimi mesi e anni: una crisi economica senza precedenti, paragonabile forse a quella del 1929. Alle condizioni attuali ci sarebbero milioni di persone senza possibilità di accedere a beni e servizi primari. Dobbiamo assolutamente preparare sistemi di welfare che fungano da bilanciamento e sostegno per le condizioni di fragilità che queste crisi colpiscono maggiormente.

Cecconi Ai disagi prodotti dalla crisi bisogna innanzitutto dare risposte sociali, non psichiatrizzare il malessere: garantire lavoro, reddito, accesso all’istruzione e al welfare. Si tratta dunque di ribadire “l’orizzonte di senso”, politico, culturale e tecnico, nel quale operare, indicando le priorità di investimento e la destinazione dei finanziamenti per rilanciare quel modello di salute mentale di comunità.. Come dovremo farlo?

Starace Non come abbiamo fatto finora, con l’ottica dell’effetto a breve termine, del bilancio trimestrale, della visione schiacciata sul presente. Dovremo farlo con una visione a lungo termine: se sta arrivando il carburante per rimettere in moto la locomotiva del sistema sanitario nazionale questo deve avvenire riprendendone gli obiettivi originari. Oggi abbiamo gli strumenti per orientare ancora meglio questa locomotiva, consapevoli delle difficoltà intervenute in questi anni che hanno reso difficile realizzare compiutamente gli obiettivi originari: in primo luogo abbiamo gli strumenti per ricomporre a valle la disgregazione tra l’impegno sociale e sanitario, che è così significativa in salute mentale. Tale disgregazione oggi si realizza nelle difficoltà di confronto, di condivisione di programmi, di strumenti di lettura, di decisioni sulla spesa.

Cecconi Quale può essere la chiave per aprire la porta del modello di salute di comunità di cui parli, in cui ci si occupa di cure sanitarie ma insieme di lavoro, di abitare, di diritti civili e sociali di ogni persona. Si riparte in un certo senso dalla riforma Basaglia?

Starace Certo, Basaglia ha anticipato più di cinquant’anni fa principi ripresi oggi da Convenzioni internazionali e documenti di programma. Occorre però chiedersi quanti di questi principi abbiano realmente costituito gli elementi fondativi della formazione culturale degli operatori della salute mentale. Bada bene: non sto negando l’importanza di una formazione professionale e tecnica. Sto affermando che la tecnica non è neutrale e che la sua acritica acquisizione orienta inevitabilmente verso i modelli dai quali essa discende. In salute mentale più che in qualunque altro settore della medicina, è fondamentale adottare una visione sistemica e storicizzata delle condizioni di sofferenza che si pongono alla nostra attenzione. Quando si parla di progetto terapeutico riabilitativo individualizzato, si considera – certo – la diagnosi medica; ma al tempo stesso si esplorano la biografia, le relazioni, il funzionamento, le limitazioni, i determinanti sociali di salute e malattia, le reti naturali di sostegno. Da quest’analisi e dalla nostra capacità di incidere positivamente su questi fattori dipenderà, a parità di diagnosi, il buon esito di un progetto terapeutico. Gli aspetti sanitari e sociali vanno affrontati in modo sincronico e coerente. L’integrazione socio-sanitaria degli interventi purtroppo è ancora lontana dall’essere compitamente realizzata. Uno degli strumenti più efficaci per comporre la separazione che ancora permane tra sistema sanitario e sociale è il budget di salute per il quale stiamo insistendo in tutti i contesti affinché diventi un modello sistemico. Per troppi anni quella del budget di salute è rimasta una sperimentazione ma oggi deve diventare uno dei cardini del sistema. Insomma i principi a cui ci ispiriamo non invecchiano: quelli della 180 e della 833, in ambito sanitario; quelli della 328 in ambito sociale. Dobbiamo applicare questi principi, attualizzandoli in un contesto sociale ed economico profondamente modificato, consapevoli che per quanto concerne il “quando” non c’è un minuto da perdere.

 

Stefano Cecconi, responsabile nazionale Cgil sanità, non autosufficienza, integrazione socio sanitaria, e direttore di Rps, la Rivista delle Politiche Sociali,

 

 

Fabrizio Starace, presidente della Società italiana di epidemiologia psichiatrica (Siep), componente del Consiglio superiore di sanità, componente del comitato di esperti in materia economica e sociale della presidenza del Consiglio per la Fase 2 dell’emergenza Covid.

 

 

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