Alla fine il problema più urgente sarà quello di trovare un medico, non solo una cura. di Tiziano Vecchiato

Con Carlo Vergani* se n’è andato un bosco di larici, giganti, forti e robusti, che non si affidano alle loro forti radici, preferiscono stare insieme, in prossimità l’uno con l’altro. Carlo ha interpretato la vita così, stando sul fronte del vento, ma insieme, reggendo la forza impetuosa delle difficoltà, sapendo che un io senza noi non basta. È diventato un maestro così, cercando il meglio che fa la differenza, ogni giorno, nelle grandi e piccole cose. È la differenza che trasforma il sapere in sapienza, il ricercatore nel saper ricercare, la chiusura nell’apertura esistenziale lungimirante.

Morendo ci ha consegnato le sue preoccupazioni sul futuro di un welfare affaticato, in grande difficoltà, ma non dalla carenza di risorse (che non bastano mai) ma dalla carenza di visione, di capacità di riconoscere i problemi e affrontarli. «È un sistema sanitario inadeguato, al collasso, va riformato» e aggiungeva «Oggi i pronto soccorso sono affollati di anziani che in troppi casi non trovano i servizi sul territorio o ignorano le modalità per accedervi». In questo modo «si scaricano le inefficienze del sistema…» in un collo di bottiglia pensato per affrontare l’emergenza e non i problemi che hanno bisogno di ben altre soluzioni.

È il delirio delle organizzazioni malate, che confondono la parte con il tutto, la funzione temporanea con le risposte clinicamente strutturate. Un «pronto intervento» non può diventare un «pronto per tutto». È il peggiore segnale di una malattia che cova da tempo, non solo in sanità ma in tutte le articolazioni del nostro welfare, nei suoi sistemi regionali, nel cronico squilibrio tra risposte centralizzate e risposte mal distribuite nei territori.

Quelli che dovrebbero essere terminali intelligenti per facilitare il passaggio al curare e prendersi cura, diventano discariche della sofferenza, concentrazioni di problemi a cui non si vuole dare soluzione. Vince il tutto che diventa emergenza, separazione, lontananza dalla soluzione. Le risposte necessarie non hanno alternativa, si riducono a «prestazioni» salvavita, sospendendo la possibilità di affidarle a setting in grado di gestire i diversi problemi, con cure differenziate, intensive, di breve e lungo periodo, nell’arco terapeutico che va dall’ospedale al domicilio.

Ma tutto questo richiederebbe un governo clinico e strategico che non appartiene alla realtà attuale, dove i problemi sono ridotti a materialismo tecnico e metodologico, fatto di prestazioni e trasferimenti. È la tragedia di chi ha interpretato la missione costituzionale come movimentazione di erogazioni assistenziali, senza gestire l’incontro delle capacità necessarie per fare la differenza, in termini clinici ed economici.

La pandemia ha amplificato tragicamente queste contraddizioni, al punto che oggi tutti le possono vedere e capire. Carlo le aveva espresse così «Alla fine il problema più urgente sarà quello di trovare un medico, non solo una cura», cioè trovare un sistema di capacità, non soltanto una logistica irrazionale di flussi remunerativi, non in termini di salute e rischiosi per i cittadini che li hanno finanziati. Con la solidarietà fiscale erano convinti di finanziare un sistema di protezione e promozione della salute, non un prestazionificio. Carlo lo ha pagato di persona nella sua casa di una vita, l’ospedale.

In questo modo tutto il nostro welfare, in particolare quello fatto di assistenza sanitaria e sociale, sta mostrando un volto sfiduciato e povero di futuro, proprio di fronte alle prove maggiori. Le riforme del 1978 (la L. 833 di riforma sanitaria) e del 2000 (la L. 328 di riforma dei servizi sociali) gli avevano chiesto ben altro.

Oggi è necessario chiedersi se e come riproporla, come rilanciarla, per non perdere la fiducia nella possibilità vincerla. Le prove che stiamo vivendo stanno facendo capire a tutti che le tasse che hanno pagato salvano anche la vita di chi non le ha pagate. La costituente per un nuovo welfare, che proponiamo da tempo per confrontarsi in modo autentico e libero da pregiudizi, ci aiuterà a ripensarlo, a rimetterlo a nuovo, ripartendo dalla Costituzione. Ci chiede di non confondere i mezzi con i fini, il materialismo con le strategie umane efficaci. Carlo lo diceva così «Non c’è comunità se non c’è solidarietà fra generazioni», cioè fra giovani e vecchi di questa e di ogni generazione.

* Il Prof. Carlo Vergani (25/4/1938 – 23/4/2020) si è laureato nel 1963 in Medicina e Chirurgia. Dall’ottobre 1968 all’ottobre 1969 ha trascorso un periodo di studio con una borsa di studio NATO presso il Medical Center di San Francisco, Università della California.

È stato Ordinario di Medicina Interna – Geriatria (MED/09) presso l’Università degli Studi di Milano dal 1986 al 2010.

È stato Direttore del Dipartimento di Medicina Interna dell’Università degli Studi di Milano dal 2001 al 2007. Ha diretto la Scuola di Specializzazione in Geriatria dal 2002 al 2008. È stato Coordinatore del Dottorato di ricerca in Fisiopatologia dell’invecchiamento dal 1999 al 2005 e dal 2008 al 2010.

È stato Responsabile dell’Unità Operativa di Geriatria presso la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano dal 1993 al 2010. È stato membro del Consiglio Superiore di Sanità dal 1997 al 2002. Presso l’Università degli Studi di Milano ha avuto un incarico di insegnamento nella Scuola di Specializzazione in Geriatria e ha fatto parte del Collegio direttivo della Scuola di Dottorato in Scienze fisiopatologiche, Neuropsicobiologiche e Assistenziali del ciclo della vita.

È autore di molte pubblicazioni scientifiche e di testi in cui ha spiegato al grande pubblico i problemi e le possibili soluzioni per l’età anziana. Tra questi La nuova longevità, Oscar Saggi Mondadori 1999, e di Note pratiche di diagnosi e terapia per l’anziano, Elsevier 2008, Ancora giovani per essere vecchi, Corriere della Sera 2014, Non ho l’età. Storie, scienza e speranze della nuova longevità, Centauria 2016.

Con la Fondazione Zancan ha scritto:

– Vergani C. e altri (2008), La valutazione geriatrica multidimensionale in anziani dimessi dal pronto soccorso, in «Studi Zancan», 3, pp. 17-25.

– Bilotta C. e Vergani C. (2008), Badanti e qualità dell’assistenza domiciliare agli anziani disabili, in «Studi Zancan», 2, pp. 11-20.

– Vergani C. (2007), L’invecchiamento della popolazione: oltre l’assistenzialismo, in «Studi Zancan», 1, pp. 30-35.

– Vergani C. e altri (2005), Un nuovo strumento per la valutazione del bisogno: l’Indice di copertura assistenziale, in M. Bezze, D. De Leo e T. Vecchiato, a cura di, La valutazione di efficacia degli interventi con le persone anziane, Fondazione Zancan, Padova, pp. 170-177.

– Lucchi T., Ballabio C., Vergani C. (2004), Deterioramento cognitivo, disturbi comportamentali, bisogni assistenziali in età avanzata. I. I disturbi cognitivi dell’anziano, in Caritas Italiana e Fondazione Zancan, Vuoti a perdere. Rapporto 2004 su esclusione sociale e cittadinanza incompiuta, Feltrinelli, Milano, pp. 172-217.

– Vecchiato T. e Vergani C. (2004), Ricerca scientifica di rilevante interesse sociale e qualificazione dei sistemi di welfare, in «Studi Zancan», 6, pp. 144-161.

– Pompei A., Bavazzano A., Bezze M., Corsi M., Vergani C. e Vecchiato T. (2004,), Un nuovo strumento per la valutazione del bisogno: l’Indice di copertura assistenziale, in «Studi Zancan», 5, pp. 24-35.

– Vecchiato T., Bezze M., Bavazzano A., Corsi M., Vergani C. (2002), Una strategia per la valutazione integrata dei bisogni delle persone anziane: lo schema polare, in «Studi Zancan», 5, pp. 7-21.

– Vergani C. (2001), L’invecchiamento della popolazione e l’assistenza all’anziano, in «Studi Zancan», 1, pp. 104-109.

– Vergani C. (1999), La nuova longevità, in «Politiche sociali», 5, pp. 5-9.

– Vergani C. (1997), Per chi avrà 20 anni nel 2000, in «Politiche sociali», 3-4, pp. 46-62.

Nel 2011 gli è stata conferita la Medaglia d’oro di benemerenza civica del Comune di Milano.

fonte:   Studi Zancan 6/2019

 

 

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