Il progetto della Regione Friuli Venezia Giulia di allestire la «nave di vecchi» nello specchio del golfo di Trieste, tra il Porto vecchio e la Stazione Marittima, dove deportare più di 160 vecchi positivi al Covid 19 da case di riposo della città, ci sembra superare ogni limite etico e politico e travalicare «la soglia che separa l’umanità dalla barbarie».
Nonostante le perplessità e contrarietà espresse da molti, politici, sindacalisti, cittadini, la Giunta regionale, con la tracotanza che meglio sa esprimere nei confronti delle persone più fragili, rifugiati, homeless, anziani istituzionalizzati, ecc. ha continuato nel suo intento.
Poche le dichiarazioni ufficiali. Quelle riportate dal quotidiano locale aumentano le perplessità. La nave, già individuata nel patrimonio della Grandi Navi da crociera del gruppo Smc, per essere idonea necessita la revisione dell’impianto di areazione e la sostituzione della moquette dei pavimenti con il lineoleum, e per funzionare deve mantenere i motori sempre accesi. Ma questa soluzione afferma la Giunta garantirebbe isolamento dal contesto, bagni singoli e dignità.
Al trauma della perdita dei contatti con i familiari già subita dai vecchi con la diffusione dell’epidemia, si aggiunge la perdita dei punti di riferimento di un luogo conosciuto (l’ultimo la casa di riposo) insieme alla costrizione all’adattamento in una cabina di nave, in cui sarà difficile muoversi, o riposare, forse senza luce diretta, con servizi igienici scomodi e non adeguati, con il sottofondo del rumore dei motori.
Quale dignità viene tutelata? Piuttosto si aggiunge isolamento all’isolamento, segregazione alla segregazione. Questi vecchi sono costretti per seconda volta ad un «domicilio coatto»: al ricovero non scelto nella casa di riposo si aggiunge ora la deportazione sulla nave. E non basta dire che i familiari hanno dato l’assenso: quali altre possibilità sono state offerte? Alla persona anziana è stato poi chiesto il parere?
E allora quando la nave sarà riempita del suo carico di esclusione, si può pure immaginare che prenda il largo, come la Stultifera Navis, la nave dei folli del tardo medioevo, per allontanare l’ombra di quelle sorelle e fratelli «scomodi» e tanto più le contraddizioni poste dal «grande internamento» dei vecchi nella nostra città in cui sembra avere il sopravvento la logica della sopravvivenza su quella della qualità della vita, il profitto sulle politiche di welfare comunitario e solidale.
Una domanda affiora: la nave è stata pensata per proteggere le vite dei vecchi o interessi di qualcuno? … … LEGGI L’ARTICOLO COMPLETO
fonte: RPS LA RIVISTA DELLE POLITICHE SOCIALI