Il Servizio sanitario nazionale di fronte alla pandemia (RPS). di Chiara Giorgi e Francesco Taroni

1. L’importanza del Servizio sanitario nazionale

Un sistema sanitario che garantisce una copertura universale, finanziato attraverso la fiscalità generale e con una capacità di intervento sia preventivo che diagnostico-terapeutico, a livello territoriale e a livello ospedaliero, è l’unica organizzazione capace di affrontare efficacemente una condizione come l’attuale infezione da coronavirus.

Questa epidemia presenta infatti sia un’ampia diffusione nella popolazione generale, sia un’elevata letalità, con un altissimo assorbimento di risorse concentrate su un segmento relativamente ristretto di popolazione. Nessuno schema di assicurazione, privata o sociale, che si basa sul principio di equivalenza fra contribuzione e benefici e separa necessariamente la prevenzione collettiva dalla assistenza individuale, può infatti affrontare con eguale ampiezza di intervento e disponibilità di risorse un evento come quello attuale.

Ne avevamo avuto una dimostrazione già nei primi anni ottanta con l’infezione da Hiv, che infatti è stata affrontata potendo contare non sul vecchio sistema delle mutue ma su un Servizio sanitario nazionale (pur nelle primissime fasi della sua attuazione). La persistente attualità dei principi fondamentali del Ssn a oltre quarant’anni dalla sua istituzione dimostra la lungimiranza della scelta operata allora. Una scelta in controtendenza, se si considera che il Ssn, una delle più importanti riforme in materia di welfare, si realizzò in Italia quando altrove in Europa stava per iniziare la controrivoluzione neoliberale e la sanità diveniva uno dei principali bersagli delle politiche di contenimento della spesa pubblica. Quella scelta, fatta in un momento di difficoltà economiche – conseguenti alla crisi degli anni settanta – ha consentito di superare i limiti strutturali del sistema mutualistico e ha dotato il paese di una istituzione in grado di affrontare problemi futuri, al momento imprevedibili e addirittura impensabili, come l’attuale pandemia da coronavirus.

Oggi il Ssn si trova al centro della più perfetta delle tempeste, la più grave dalla sua istituzione. Come lo sventurato peschereccio del famoso film, dopo essere a stento sopravvissuto a dieci anni di politiche di austerità (che hanno visto una riduzione delle risorse pro capite per la sanità pubblica italiana del 10%, a fronte di un aumento del 20% in Francia e Germania) e allorquando cominciava appena a intravedere il sole di un’alba incipiente, è stato investito dall’onda poderosa della pandemia che, malgrado i motori al massimo, minaccia di inabissarlo. Superare l’onda poderosa della crisi sanitaria in atto e prepararsi al nuovo ordine mondiale del dopo-crisi ci pone in una condizione in fondo non troppo diversa da quella di quaranta anni fa. Occorre approntare una risposta immediata ai gravissimi problemi contingenti, «a qualsiasi costo» (whatever it takes, come si usa ormai dire) che sia non soltanto rispettosa dei principi fondamentali attorno a cui è organizzato il Ssn, ma anche appropriata alla «nuova» normalità che si instaurerà dopo la crisi sanitaria, economica e sociale. Il primo punto è, naturalmente, il più pressante; il secondo, in tutta evidenza, il più importante. La ricognizione della concatenazione dei fatti che caratterizzano la situazione attuale e condizionano gli sviluppi futuri può aiutare a introdurre i termini di una riflessione che aiuti il Ssn a resistere in condizioni di avversità, e che rivitalizzi i principi fondamentali alla base della sua istituzione e funzionamento. …LEGGI L’ARTICOLO COMPLETO SU RPS

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