in PRIMO PIANO

  • I risultati del monitoraggio dei Livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA) per l’anno 2022 attraverso il Nuovo Sistema di Garanzia (NSG) sono stati illustrati oggi nel corso di un evento al Ministero della Salute. Complessivamente, nell’anno 2022: registrano un punteggio superiore a 60 (soglia di sufficienza) in tutte le macro-aree le seguenti Regioni: Piemonte, Lombardia, Provincia autonoma di Trento, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Puglia e Basilicata una Regione, la Valle d’Aosta, presenta un punteggio inferiore alla soglia in tutte e tre le macro-aree le Regioni Calabria, Sicilia e Sardegna presentano un punteggio sotto soglia nell’area della prevenzione e nell’area distrettuale la Provincia autonoma di Bolzano, l’Abruzzo ed il Molise presentano un punteggio sotto soglia per l’area della prevenzione per la Regione Campania il punteggio sotto soglia è riferito all’area distrettuale. Il Nuovo Sistema di Garanzia (NSG), realizzato in collaborazione con i referenti istituzionali e tecnici delle Regioni e con esperti epidemiologi e statistici provenienti dal mondo universitario e della ricerca, è stato introdotto con il DM 12 marzo 2019. NSG è un sistema descrittivo, di valutazione, monitoraggio e verifica dell’attività sanitaria erogata in tutte le Regioni ed è integrato con il sistema di Verifica degli Adempimenti a cui sono tenute le Regioni per accedere alla quota integrativa del fondo sanitario nazionale (FSN). L’articolazione del sistema di indicatori associa a ciascun LEA gli attributi rilevanti dei processi di erogazione delle prestazioni in termini di: efficienza e appropriatezza organizzativa, efficacia e appropriatezza clinica, sicurezza delle cure. I dati del monitoraggio sono pubblicati nella Relazione “Monitoraggio dei LEA attraverso il Nuovo Sistema di Garanzia – Relazione 2022”, a cura dell’Ufficio 6 della ex Direzione generale della programmazione sanitaria – Dipartimento della programmazione, dei dispositivi medici, del farmaco e delle politiche in favore del Servizio sanitario nazionale, del Ministero della Salute. Consulta le notizie di Servizio sanitario nazionale: i LEA Vai all’ archivio completo delle notizie Consulta l’area tematica: Servizio sanitario nazionale: i LEA fonte: https://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=6616 vedi anche:   Sanità: Cgil, 8 Regioni non garantiscono i Lea. Servono risorse per il SSN Nuovo sistema di garanzia , Migliore FIASO: “Servono nuovi indicatori e tempestività per il monitoraggio

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  • La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome l’11 luglio, in sede di Conferenza Stato-Regioni, ha espresso parere negativo a maggioranza al decreto legge sulle liste d’attesa in sanità e in particolare sull’articolo 2, in quanto inficia le competenze regionali, chiedendone la sua riformulazione. Il parere è quindi negativo salvo l’accoglimento della proposta di modifica all’articolo 2, manifestando così sempre una volontà di leale collaborazione istituzionale volta a migliorare il testo del decreto in modo da rispettare le competenze e le prerogative previste dalla Costituzione. …leggi il documento CR  Cgil, pesante bocciatura Regioni. Governo si occupi seriamente del SSN

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  • Il nuovo rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) sullo stato globale di alcol e salute e sul trattamento dei disturbi da uso di sostanze (“Global status report on alcohol and health and treatment of substance use disorders”) fa una panoramica sul consumo di alcol, sui danni alcol-correlati e sulle risposte politiche, nonché sulle capacità di trattamento dei disturbi da uso di alcol e sostanze nel mondo. Il documento, redatto dall’Alcohol, Drugs and Addictive Behaviours Unit, Department of Mental Health, Brain Health ad Substance Use dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), è stato presentato il 25 giugno 2024 nel corso di un webinar. Il rapporto riconosce il ruolo di leadership dei componenti il Technical Advisory Group di esperti mondiali sull’epidemiologia di alcol e droghe (TAG-ADE) di cui il Direttore dell’Osservatorio Nazionale Alcol (ONA) dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), Centro OMS per la Promozione della Salute e Ricerca sull’Alcol, è membro di nomina OMS dal 2015. L’esperienza e le competenze istituzionali di direzione, coordinamento, realizzazione e gestione del “SIStema di Monitoraggio Alcol-correlato – SISMA” hanno ricevuto apprezzamento a livello internazionale, in particolare nell’ambito del monitoraggio epidemiologico e della consulenza tecnico-scientifica utile per le revisioni intervenute nel corso del processo di sviluppo dello strumento di raccolta ed elaborazione dei dati preliminari. L’uso di sostanze psicoattive, compresi i farmaci e i prodotti contenenti alcol, comporta un grosso onere sanitario e sociale. Nel 2019 sono state 2,6 milioni le morti causate dall’alcol nel mondo e 600.000 quelle causate da droghe psicoattive. Il consumo di queste sostanze comporta anche conseguenze sociali ed economiche per la comunità. Proprio per questo, la prevenzione e il trattamento dei disturbi da uso di sostanze è tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goal – SDG) dell’Agenda 2030 dell’OMS, con l’obiettivo SDG 3.5 che invita gli Stati membri a rafforzare “la prevenzione e il trattamento dell’abuso di sostanze, compreso l’abuso di stupefacenti e il consumo dannoso di alcol”. Il rapporto presenta gli ultimi dati disponibili, forniti dagli Stati membri, sulle tendenze del consumo di alcol, nonché le stime del carico di malattie alcol-attribuibili e le risposte politiche a livello mondiale. Inoltre, il documento fornisce anche un aggiornamento sui progressi relativi ai due indicatori chiave stabiliti nell’obiettivo SDG 3.5, il consumo di alcol e la copertura del trattamento per disturbi da uso di sostanze, e propone un nuovo indice di capacità di servizio (Service Capacity Index, SCI) come indicatore complementare di valutazione e monitoraggio della capacità di trattamento dei sistemi sanitari e di assistenza sociale per i disturbi da uso di alcol e droghe. Infine, definisce otto settori prioritari in cui è necessario intervenire per il raggiungimento dell’obiettivo SDG 3.5. Nonostante dal 2010 ci sia stata una riduzione del consumo di alcol e dei danni alcol-correlati a livello mondiale, l’onere sanitario e sociale dovuto al consumo di alcol rimane inaccettabilmente elevato. I giovani sono i più colpiti: nel 2019 la percentuale più alta di morti alcol-attribuibili (13%) ha interessato individui di età compresa tra 20 e 39 anni. Sebbene ci sia stato un leggero aumento del numero di Paesi che adottano politiche nazionali sull’alcol, sono ancora pochi i progressi nell’attuazione degli interventi politici ad alto impatto che si sono dimostrati efficaci nel ridurre i danni legati all’alcol, come le politiche dei prezzi, la regolamentazione del marketing e le limitazioni della disponibilità di bevande alcoliche. Il Piano d’azione globale sul consumo dannoso di alcol 2022-2030 dell’OMS definisce questi tre interventi come le migliori azioni (best buys) per prevenire o ridurre i danni alcol-correlati e invita tutti i Paesi a rafforzare e implementare con urgenza le politiche nazionali. Inoltre, il rapporto evidenzia che l’accesso a un trattamento di qualità per i disturbi da uso di sostanze è ancora in gran parte limitato o inaccessibile ai più bisognosi. Ciò riguarda quasi mezzo miliardo di persone nel mondo che convivono con disturbi derivanti dall’uso di alcol o droghe. Stigma, discriminazione e scarsa informazione contribuiscono a incrementare le difficoltà di accesso ai servizi di prevenzione e cura. Il consumo di alcol e sostanze ha un impatto non solo sulle persone che ne fanno uso, ma anche sulle loro famiglie e sulle comunità. Proprio per questo è necessario che la prevenzione e il trattamento dei disturbi da uso di sostanze diventi una priorità di sanità pubblica a livello mondiale. In tal senso, l’OMS conferma l’impegno a collaborare con i governi, i partner internazionali e le organizzazioni della società civile. I messaggi chiave del documento sottolineano che: –> sono necessarie campagne di advocacy globali e coordinate per aumentare la consapevolezza su dimensioni e impatto dell’uso di sostanze e dei disturbi correlati sulla salute e sullo sviluppo psicofisico –> l’alcol è la sostanza psicoattiva più diffusa che spesso conduce verso l’uso di sostanze illegali, nonostante ciò le istituzioni non attivano le necessarie azioni di tutela in particolare mirate ai più vulnerabili: minori, adolescenti, donne, anziani. In Italia, come molte in altre nazioni, non si riuscirà a raggiungere l’obiettivo previsto per il 2025 di riduzione della mortalità da consumo dannoso di alcol pro capite –> le capacità di prevenzione e trattamento dei disturbi da uso di alcol e sostanze sono parte integrante della copertura sanitaria universale e dovrebbero essere rafforzate come previsto dall’obiettivo SDG 3.5 –> sono necessari sforzi maggiori per favorire la formazione degli operatori sanitari a tutti i livelli, non solo per assicurare interventi efficaci di prevenzione e trattamento di condizioni mediche dovute all’uso di sostanze, ma anche per implementare le strategie più adeguate di sanità pubblica –> le tendenze attuali indicano che l’obiettivo globale di riduzione del 20% del consumo dannoso di alcol non potrà essere raggiunto entro il 2030, a meno di un forte impegno politico di advocacy e una mobilitazione di risorse per garantire la piena implementazione del Piano d’azione globale sull’alcol 2022-2030, con particolare attenzione alle misure politiche ad alto impatto incluse nel pacchetto SAFER dell’OMS –> è necessario incrementare gli sforzi internazionali per il trasferimento delle conoscenze e delle competenze, con l’obiettivo di consentire lo sviluppo e l’attuazione di politiche sanitarie pubbliche efficaci, compreso il rafforzamento delle […]

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  • È stato presentato recentemente presso la Camera dei deputati il Rapporto sulla politica di bilancio dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB) che avvalora le nostre (NdR: Spi Cgil, Fnp Cisl, Uilp Uil) preoccupazioni sul Decreto Legislativo attuativo della Legge Delega 33/2023 contenente la riforma della non autosufficienza, e soprattutto accredita le proposte presentate dai sindacati confederale dei pensionati Spi Cgil, Fnp Cisl, Uil Uilp. In particolare, il Rapporto UPB sulla politica di bilancio anno 2024 ha dedicato un intero capitolo (il n. 6) a: “Le politiche per la long term care in Italia: luci e ombre delle recenti riforme”. Si tratta di un contributo molto importante, che auspichiamo possa essere utilizzato anche per  riprendere e possibilmente migliorare il percorso della riforma sulla Non Autosufficienza, avviato con legge delega 33/2023 e, purtroppo, disatteso e rinviato con il successivo decreto legislativo 29/2024 “Disposizioni in materia di politiche in favore delle persone anziane, in attuazione della delega di cui agli articoli 3, 4 e 5 della legge 23 marzo 2023, n. 33”. …leggi il documento SPI CGIL, FNP CISL, UILP UIL   “Le politiche per la long term care in Italia: luci e ombre delle recenti riforme”

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  • Il Rapporto Ons sul 2022 è disponibile in versione dinamica nelle pagine del sito dedicate (Rapporto Ons sul 2022) e in versione scaricabile (pdf 1,04 Mb). Dati e commenti mostrano l’andamento dei tre programmi di screening fra il 2011 e il 2022 e sono accompagnati dall’approfondimento della sorveglianza di popolazione Passi. Più di 14 milioni di inviti e oltre 5 milioni e mezzo di test sono stati eseguiti nel 2022, evidenziando un trend in crescita che si colloca ormai stabilmente ai livelli pre-pandemici. Per quanto riguarda lo screening mammografico, nel 2022 il valore di copertura degli inviti è stato pari all’87%, superando i risultati raggiunti lo scorso anno (86%) e allineandosi di fatto ai valori del 2019 (88%) con 3.637.962 donne invitate. Nel 2022, inoltre, sono state invitate allo screening cervicale con Pap test o Hpv test quasi 4 milioni di donne di età compresa tra i 25 e i 64 anni. L’estensione degli inviti è risultata pari al 101%, con un importante recupero sia rispetto al 2021 (88%) che al 2020 (65%), superando di fatto i valori pre-pandemici (89% nel 2019). Relativamente allo screening colorettale, nel 2022 sono stati invitati oltre 7 milioni e mezzo di cittadini di età compresa tra i 50 e i 69 anni a eseguire il test per la ricerca del sangue occulto (Sof). Il valore di estensione è stato pari all’84%, superiore di 7 punti percentuali rispetto al 2021 e più alto anche dei valori registrati negli anni precedenti la pandemia. (Rapporto Ons sul 2022) in versione scaricabile (pdf 1,04 Mb). I DATI DELLO SCREENING

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  • IL SERVIZIO SANITARIO PUBBLICO E’ INDISPENSABILE Giovedì 5 – Sabato 7 Settembre 2024 (San Domenico, Fiesole) a cura del Laboratorio su salute e sanità, con la collaborazione di Salute diritto fondamentale,  Salute internazionale e Sbilanciamoci. Informazioni  e programma  Un modo immediato ed efficace per descrivere il declino del nostro Servizio sanitario nazionale (SSN) è quello di registrare nel tempo l’andamento della spesa sanitaria pubblica come % del PIL (Figura). Questo semplice indicatore riflette le scelte di allocazione delle risorse che sono state adottate ed è utilizzabile anche in fasi di elevata inflazione come quella sperimentata di recente. La Figura, che riporta per il periodo 2024-27 le previsioni del Governo (Documento di economia e finanza 2024), mostra il picco di spesa registrato nel corso della pandemia (anche per la caduta del PIL), ma anche la successiva rapida discesa, che ci sta portando a livelli di spesa sanitaria inferiori a quelli degli anni precedenti all’esplosione del Covid-19. Il grave sotto finanziamento del SSN ha suscitato la recente mobilitazione di un gruppo di scienziati che con un appello, in dieci specifici punti, hanno spiegato “perché non possiamo fare a meno del servizio sanitario pubblico”. Nel loro documento, tra l’altro, si legge: “Dal 1978 – data della sua fondazione, al 2019 il SSN in Italia ha contribuito a produrre il più marcato incremento dell’aspettativa di vita (da 73,8 a 83,6 anni) tra i Paesi ad alto reddito. Ma oggi i dati dimostrano che il sistema è in crisi: arretramento di alcuni indicatori di salute, difficoltà crescente di accesso ai percorsi di diagnosi e cura, aumento delle diseguaglianze regionali e sociali. Questo accade perché i costi dell’evoluzione tecnologica, i radicali mutamenti epidemiologici e demografici e le difficoltà della finanza pubblica, hanno reso fortemente sottofinanziato il SSN, al quale nel 2025 sarà destinato il 6,2% del PIL (meno di vent’anni fa). Il pubblico garantisce ancora a tutti una quota di attività (medicina generale, urgenza, ricoveri per acuzie), mentre per il resto (visite specialistiche, diagnostica, piccola chirurgia) il pubblico arretra, e i cittadini sono costretti a rinviare gli interventi o indotti a ricorrere al privato. Progredire su questa china, oltre che in contrasto con l’Art.32 della Costituzione, ci spinge verso il modello USA, terribilmente più oneroso (spesa complessiva più che tripla rispetto all’Italia) e meno efficace (aspettativa di vita inferiore di sei anni)”. Ma non solo di sottofinanziamento può morire un servizio sanitario nazionale e può essere distrutto il suo universalismo. Fin dalla prima ondata di Covid-19 fu evidente che l’epidemia poteva avere effetti letali sulle persone anziane con patologie croniche, con conseguenze catastrofiche nei confronti dei soggetti più fragili ricoverati in RSA. Si parlò allora di una “sindemia”, dell’interazione di un’epidemia infettiva con un’altra, apparentemente meno esplosiva, quella delle malattie croniche, di cui fecero le spese i gruppi di popolazione in condizioni di svantaggio socioeconomico con un maggior rischio di infezione, di ricovero in terapia intensiva e di decesso. L’Italia si trovò impreparata di fronte alla pandemia infettiva, e questo lo sappiamo. Ma si trovò impreparata anche di fronte alla forte diffusione delle malattie croniche. Con le risorse del PNRR e con l’approvazione del DM 77 del maggio 2022 sembrava aprirsi l’irripetibile occasione di riformare le cure primarie e di allestire una più razionale e efficace organizzazione della sanità territoriale basata su Case della comunità, integrazione socio-sanitaria, team multidisciplinari, sanità d’iniziativa per la prevenzione e il controllo delle patologie croniche. Una prospettiva del tutto estranea al Governo Meloni, che ha infatti messo la riforma delle cure primarie su un binario morto (avendo tra l’altro tagliato di quasi un terzo i fondi per le Case della comunità). Su un binario morto è finita anche la Legge 33/2023 sulla non-autosufficienza che aveva come priorità quella di creare un nuovo sistema di sostegni e di cure a domicilio, per assicurare il diritto e la libertà di vivere assistiti a casa propria, pur con l’ambiguità di istituire un Sistema nazionale per la popolazione anziana non autosufficiente (Snaa) i cui rapporti con il Servizio sanitario nazionale (Ssn), e le sue garanzie consolidate, rimangono da definire. In un paese come l’Italia, ad elevato e crescente tasso d’invecchiamento, con alte e crescenti percentuali di anziani soli, è un vero crimine non disporre di politiche sanitarie e sociali che contrastino la diffusione delle malattie croniche, che ne controllino l’evoluzione (prevenendo le conseguenze più gravi e disabilitanti), che forniscano alla popolazione più fragile soluzioni diverse da quelle di finire la vita in un letto di RSA. L’assenza di queste politiche avrà non solo conseguenze disastrose sulla salute della popolazione, con la netta riduzione degli anni vissuti in buona salute, ma dilaterà enormemente le diseguaglianze tra coloro che avranno, o non avranno,  le risorse economiche e familiari per affrontare con dignità le difficoltà terminali della vecchiaia. Usando la facile metafora ferroviaria, un treno sta invece marciando sulla linea dell’alta velocità, quello dell’autonomia regionale differenziata. Una riforma che – se andasse in porto – provocherebbe una frantumazione del diritto alla salute e, prefigurando tasse regionali e il trattenimento dei tributi su base territoriale, romperebbe ogni idea di equa distribuzione delle risorse. Dopo quasi 10 anni di politiche di austerity, restrizioni e definanziamenti, il Servizio Sanitario Nazionale è arrivato stremato all’appuntamento inatteso con la pandemia da COVID-19. Con questa frase si apriva il post di presentazione della prima edizione delle Giornate fiesolane di politica sanitaria tenutasi dal 6 all’8 settembre dello scorso anno. Se è stato possibile contenere  i pur gravissimi danni inferti dalla pandemia alla popolazione lo si deve alla dedizione, alla abnegazione, perfino al sacrificio, di medici, di infermieri, di personale addetto all’assistenza. Ci si aspettava un riconoscimento per tutto ciò, ma non è arrivato. Non è arrivata neppure la soluzione dell’annosa questione dei tetti di spesa per il personale, il cui sblocco sembrava ovvio e doveroso, dopo tutto quello che era successo (la lezione non è proprio servita). È arrivata invece la delusione, la disaffezione verso l’amato SSN, perfino la fuga da esso. Con un ulteriore allungamento delle liste di attesa, la rinuncia a prestazioni essenziali e il progressivo ricorso al privato. Alla forte riduzione della spesa sanitaria in termini reali, si accompagnano […]

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  • Aperte le iscrizioni alla summer school di Forum Droghe e CNCA Di Generi e di Droghe Consumi Culture Contesti Diritti 5-7 settembre 2024 FIRENZE – Villa La Stella Via Iacopone da Todi, 12 **** POSTI DIPONIBILI TOTALI 90. La quota di iscrizione per ogni partecipante è pari ad € 130 + IVA 22% = € 158,60 La quota di iscrizione per gli associati CNCA e Forum Droghe è di 110 euro più IVA = € 134,20  – i soci dell’Associazione Forum Droghe sono esentati dal pagamento dell’Iva.     Al momento della richiesta di iscrizione on line  è richiesto il versamento della quota con bonifico bancario ( al max entro 10 giorni dalla richiesta – in caso si iscrizioni nell’ultima settimana il pagamento dovrà essere contestuale). I posti sono limitati (in caso di esaurimento dei posti sarà creata una lista di attesa in ordine di richiesta di iscrizione). Grazie. ùIl versamento della quota deve essere versato sul Conto corrente intestato a Forum Droghe presso Banca Intesa Sanpaolo Codice IBAN: IT97E0306909606100000106359 (Bic/swift code:BCITITMM) Per i pagamenti provenienti da enti pubblici si prega di inviare la documentazione necessaria (es. delibera di spesa, altro…)  via mail all’indirizzo: segreteria@forumdroghe.it – sarà nostra cura elaborare la documentazione nel più breve tempo possibile La quota comprende il materiale di documentazione, il pranzo a buffet del venerdì, ed un piccolo buffet di benvenuto il giovedì all’arrivo Il pernottamento è a carico dei partecipanti, si segnala che data l’alta stagione è bene provvedere a prenotare con anticipo la sistemazione a Firenze o Fiesole. La sede dei lavori è raggiungibile in autobus in circa 20 minuti dalla Stazione Santa Maria Novella info: https://villalastella.it/it/contatti Segreteria organizzativa Summer School: segreteria@forumdroghe.it; segreteria@cnca.it Organizzazione scientifica: segreteria@forumdroghe.it Il programma completo IN FASE DI DEFINIZIONE – tutte le informazioni su www.fuoriluogo.it  – www.cnca.it fonte: https://www.fuoriluogo.it/mappamondo/summer-2024-iscrizioni/

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  • Cento anni fa nasceva a Codogno Giulio Alfredo Maccacaro, il fondatore di Epidemiologia & Prevenzione.  Maccacaro era prima di tutto uno scienziato, a cui erano ugualmente estranei il culto e l’esorcismo della scienza. Docente di biometria all’Università Statale di Milano negli anni caldi dei movimenti operai e studenteschi, era convinto che quella predominante non fosse la scienza, ma un particolare modo della scienza, espressione del potere delle classi dominanti. Ha agito sempre in prima persona a favore di una scienza che fosse degli uomini e non degli scienziati soltanto. E&P, insieme a molti altri che lo hanno conosciuto e apprezzato, ne ripercorrerà l’opera in un incontro che avrà luogo a Roma la mattina del 26 novembre 2024 presso l’Accademia dei Lincei. fonte: https://epiprev.it/notizie/100-anni-dalla-nascita-di-giulio-maccacaro

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  • Nuove frontiere della esecuzione penale: la giustizia di comunità Nell’universo delle “misure non carcerarie” Biblioteca comunale-centro polivalente Pietro Ingrao Corso Vittorio Emanuele, Lenola (Latina), Venerdì 20 settembre, ore 14,30-19 Sabato 21 settembre, ore 9,30-13 e 15,30-19 Domenica 22 settembre, ore 9,30-12,30 Seminario annuale 2024 della Società della Ragione In collaborazione con Centro Riforma Stato-CRS, con l’associazione Pietro Ingrao-Lenola, con il Comune di Lenola Presentazione Nell’universo delle “misure non carcerarie” La “giustizia di comunità” ha ricevuto tale denominazione ufficiale col DPCM n.84 del 15 giugno 2015, che ha istituito il Dipartimento giustizia minorile e di comunità. Si sono così accorpate tutte le misure di esecuzione penale esterna che hanno come riferimento la comunità territoriale, siano i destinatari minori o adulti. Fanno parte della giustizia di comunità le tradizionali misure alternative alla detenzione, applicate a condannati definitivi; le misure che funzionano da pena sostitutiva, come i Lavori di Pubblica Utilità (LPU); la misura di sospensione del procedimento penale con Messa Alla Prova (MAP) della persona oggetto del procedimento, cui il giudice assegna un certo numero di ore di LPU come parte fondamentale del percorso di MAP. Anche la giustizia riparativa può essere vista nell’ambito della giustizia di comunità, guardando alla sua origine di pratica di giustizia radicata nella comunità. L’argomento è stato scelto perché unisce l’interesse generale per uno sviluppo relativamente recente della normativa penale con la esperienza diretta dell’associazione Società della Ragione nelle pratiche di giustizia di comunità, attraverso l’accoglienza di soggetti che devono adempiere alla prescrizione di Lavori di Pubblica Utilità (LPU). L’inquadramento storico e politico della giustizia di comunità in Italia non è semplice, per le spinte contrastanti che impattano sul suo sviluppo normativo e sulla sua applicazione. Da un lato la giustizia di comunità nasce dalla convinzione che le misure penali all’esterno del carcere rispondano appieno alla finalità riabilitativa/rieducativa/risocializzante della pena; dall’altro lato, il suo sviluppo è anche in relazione alle necessità deflattive del carcere. Va inoltre esplorato quello che Stanley Cohen ha definito effetto di “ampliamento della rete” (net-widening): la crescita delle misure di comunità in contemporanea alla crescita della popolazione carceraria, con il risultato di espandere la rete di controllo[1]: come se l’aumento di misure non carcerarie, invece di segnare un nuovo indirizzo penale, costituisse in realtà un “nuovo affluente” che, insieme a quello tradizionale del carcere, alimenta il grande fiume della penalità. Ciò richiede di esplorare il significato della giustizia penale nella coscienza collettiva, nell’attuale contesto politico e sociale: il fattore che a monte “governa” il sistema penale nel suo insieme. Come è noto, la cosiddetta riforma Cartabia ha notevolmente ampliato le misure di comunità e ha dato impulso alla giustizia riparativa: ragionare sulla sua applicazione può offrire elementi di giudizio non solo sulla validità della normativa e sulla sua applicabilità, ma anche sulla sua capacità di incidere sul sentire sociale riguardo al carcere, che buona parte dell’opinione pubblica vede ancora come il luogo d’elezione per l’esecuzione della pena. In questa direzione, il linguaggio ha una sua pregnanza. Parlare di giustizia di comunità segnala un salto linguistico e concettuale rispetto alla dizione tradizionale di “misure alternative alla detenzione”, che ha pur sempre il carcere come spartiacque di riferimento.  Tuttavia, per emanciparsi davvero dalla “centralità del carcere”, è necessario riflettere su come intendere la  “comunità”; quanto le nuove pratiche di giustizia siano radicate nella comunità; se e quanto siano in grado di influenzare la società. Restorative Justice o giustizia riparativa Nel dibattito acceso e a volte confuso sulla giustizia riparativa, ai fini di un chiarimento è utile avere presente il contesto storico da cui origina, così come ricostruito dal European Forum for Restorative Justice [2]. La “Restorative Justice” nasce agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso in Canada e USA. Ha avuto negli anni una tale fortuna e un tale sviluppo che il termine è diventato assai elastico, tanto da comprendere molte pratiche, anche diverse. In genere ci si riferisce oggi alla “Restorative Justice” come a specifiche risposte ai reati (o ai danni causati da traumi e conflitti civili), “attraverso il coinvolgimento di tutti gli attori – vittime, autori di reato, le loro famiglie, membri della comunità- compresi, più di recente, soggetti professionisti e istituzioni” – in un processo di dialogo in cui l’evento criminoso e il danno causato possono essere essere discussi e pienamente compresi. Attraverso spazi di “mediazione” o di “confronto” (conferencing), il dialogo può avere luogo in sicurezza in modo da concordare soluzioni di riparazione del danno nelle diverse dimensioni: materiali, relazionali e sociali. Circa l’origine, diversi autori sottolineano il ruolo della crescente sfiducia nella capacità del sistema formale della giustizia di scoraggiare il crimine e di riabilitare gli autori di reato, così come di rispondere in maniera adeguata ai bisogni delle vittime. Tale critica ha spinto a ricercare meccanismi alternativi di risoluzione dei problemi all’interno della comunità. Ha influito anche la critica femminista alla natura di genere della giustizia tradizionale, insieme alla necessità di trovare forme di riparazione a crimini e violazioni dei diritti umani perpetrati da regimi autoritari[3]. Mentre nei paesi anglosassoni la giustizia riparativa si è prevalentemente sviluppata nella forma di “confronti di comunità” (community conferences) o “confronti di gruppo familiare” (family group conferences), nei paesi europei il modello predominante è diventato quello della “mediazione” fra vittima e autore di reato. I primi progetti europei risalgono agli anni Ottanta, più di recente molti paesi hanno provveduto a dare una cornice legale alla giustizia riparativa. La riforma Cartabia si inserisce in questo processo di “formalizzazione/istituzionalizzazione” della giustizia riparativa. Le ONG nella giustizia di comunità Anche la normativa che permette la prescrizione dei Lavori di Pubblica Utilità (o come pena sostitutiva al carcere o come parte del percorso di Messa Alla Prova) fa intravedere un’idea di una qualche forma di “riparazione e riconciliazione” rivolta all’intera comunità, oltre il rapporto diretto vittima-autore di reato (peraltro in molti reati è perfino difficile identificare una vittima diretta). Può essere interessante ragionare sulla declinazione della finalità “riparativa” applicata ai LPU presso le associazioni. In realtà, più propriamente, le ONG adempiono a una finalità di socializzazione/integrazione sociale dell’autore di reato. […]

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  • Questo volume nasce da una ricerca collettiva finalizzata a elaborare strumenti analitici e operativi per la prevenzione e il contrasto dei processi di istituzionalizzazione che coinvolgono le persone con disabilità in Italia, soprattutto con l’incedere dell’età. L’Italia, infatti, nonostante si sia contraddistinta in epoca repubblicana per la critica pragmatica delle logiche di apartheid e relegazione (con l’abolizione delle classi differenziali, la soppressione del manicomio civile e la dismissione dell’ospedale psichiatrico-giudiziario), presenta ancora solidi grumi di resistenza nel superare definitivamente la cultura della segregazione. Ciò in controtendenza con la cultura giuridica che, a inizio del XXI secolo, si è cristallizzata nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, resa possibile dalle teorie e dalle pratiche critiche elaborate negli anni dal Disability Rights Movement. Cardini di questi nuovi codici culturali e di questo nuovo ordine normativo sono il principio per cui in nessun caso la condizione di disabilità può giustificare la privazione della libertà personale e il correlato riconoscimento del diritto di vivere nella società con libertà di scelta, inclusa la possibilità di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere, senza l’obbligo di vivere in una sistemazione particolare. In un momento di fermento legislativo, questa ricerca, che è stata condotta da studiosi e professionisti provenienti da diversi campi del sapere – sociologia, social work, diritto, psichiatria, pedagogia, filosofia, antropologia –, propone allora un quadro dei modi di persistenza dei dispositivi di incapacitazione delle persone con disabilità e dello strumentario disponibile per la loro emancipazione. INDICE: PROLOGO Il mormorio insistente della somiglianza. Elementi di tropologia giuridica, di Ciro Tarantino Ringraziamenti PARTE PRIMA. GEOMETRIE ESISTENZIALI E CRISI DELLA PRESENZA Storia di Moreno. Le biografie e i rischi di riproduzione delle diseguaglianze, di Matteo Schianchi e Massimiliano Verga Storia di Anna che cammina strano, di Natascia Curto Storia di Marco che non sta fermo, di Cecilia Maria Marchisio Storia di Daniel che non è in un Paese per giovani, di Virginia De Silva Storie di ordinaria vecchiaia, di Lavinia D’Errico Postilla. All’ombra delle parole. Nota metodologica sulle storie di vita, di Giovanni Pizza PARTE SECONDA. CARTOMETRIE E CARTOGRAFIE DELLA RESIDENZIALITÀ IN ITALIA Sociogramma della residenzialità in Italia, di Ciro Pizzo L’istituzionalizzazione impropria delle persone con demenza: tentativo di caratterizzazione di un fenomeno complesso, di Nicola Vanacore PARTE TERZA. CODICI CULTURALI E QUADRI NORMATIVI Effettività della libertà personale, suoi determinanti sociali e condizione di disabilità. Una prospettiva costituzionale per lo studio della libertà delle persone con disabilità, di Daniele Piccione Riannodare i fili: libertà, dignità e autonomia, di Emilio Santoro Libertà: contesto, scelta e relazione, di Orsetta Giolo La posizione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità nell’ordinamento italiano, di Daniele Amoroso PARTE QUARTA. DISPOSITIVI DI INCAPACITAZIONE Istituzioni totali e de-istituzionalizzazione, di Benedetto Saraceno Il CPT e la questione del collocamento nelle residenze socioassistenziali, di Christian Loda La capacità legale universale come requisito indefettibile della libertà. Notazioni teoriche in un’ottica di riforma, di Maria Giulia Bernardini Competenze e limiti delle figure di sostegno e del giudice tutelare, di Diana Genovese Paternalismo giuridico e condizione giuridica delle persone con disabilità, di Paolo Addis Bloccati dalle procedure, di Fabrizio Magani e Giovanni Merlo Il maltrattamento invisibile degli anziani e dei disabili nelle RSA tra quotidianità e normalizzazione, di Luca Fazzi PARTE QUINTA. STRATEGIE DI EMANCIPAZIONE L’abitare inclusivo: un approccio di governance per politiche trasformative, di Ranieri Zuttion Welfare multicentrico e di prossimità, di Natascia Curto Il progetto personalizzato e partecipato, di Cecilia Maria Marchisio Il Budget di Progetto, di Fabrizio Starace Il Budget di Progetto: uno strumento innovativo di partenariato pubblico-privato, di Alceste Santuari A chi lo chiedo? Proposta per un Punto Unico Informativo sui benefici, le tutele e i servizi a favore delle persone con disabilità e dei loro familiari, di Massimiliano Verga Profili di responsabilità penale degli operatori socio-sanitari. Regressioni giurisprudenziali, progressioni dottrinali, di Filippo Venturi Esperti di disabilità? Riflessioni sulla formazione in ambito socio-educativo e scolastico, di Matteo Schianchi Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale e disabilità. Nuove forme di limitazione della libertà personale, di Gilda Losito Linee guida e strategie per la prevenzione e la gestione del maltrattamento in RSA, di Luca Fazzi Postfazione. Il cammino della Vita Indipendente non può essere arrestato, di Vincenzo Falabella Ciro Tarantino, professore di Sociologia del diritto, insegna Sociologia dei codici culturali all’Università della Calabria e Sociologia della disabilità all’Università degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa. È responsabile scientifico di Atypicalab for Cultural Disability Studies, condirettore del Robert Castel Centre for Governmentality and Disability Studies e della rivista «Minority Reports. Cultural Disability Studies».  FONTE: https://www.mulino.it/isbn/9788815389039

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