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  • la II Conferenza nazionale autogestita per la Salute Mentale decide una nuova stagione di mobilitazione e di proposte  La II Conferenza Nazionale Autogestita per Salute Mentale promossa, nel centenario della nascita di Franco Basaglia, dalle assemblee del Coordinamento Salute mentale del 22 giugno 2024, del 21 settembre 2024 e da numerose iniziative a livello regionale e locale che hanno coinvolto migliaia di persone, dopo la straordinaria e appassionata partecipazione nei giorni 6 e 7 dicembre 2024, si chiude con la seguente dichiarazione Le/I partecipanti alla Conferenza nazionale autogestita per la Salute Mentale 2024 denunciano la crisi delle politiche e dei servizi per la salute mentale, del SSN e dei servizi sociali, il permanere di stigma e pratiche non rispettose dei diritti (come la contenzione), la gravissima situazione nelle carceri e nel sistema di accoglienza per i migranti, in specie nei CPR, l’inadeguatezza del modello di assistenza rivolto alle persone anziane non autosufficienti e alle persone con disabilità, la loro istituzionalizzazione e abbandono, il disagio diffuso dei minori e dei giovani).  Una crisi che espone sempre più le persone con sofferenza e i soggetti più vulnerabili, i loro familiari, gli operatori e la comunità tutta ad una condizione di abbandono, di insicurezza, a un’assistenza sociale e sanitaria del tutto insoddisfacente che nega i Livelli Essenziali e quindi i Diritti fondamentali.  Situazione ormai insostenibile che non possiamo più accettare. Mentre le terribili guerre in corso procurano sofferenze e morte, alimentando paura e disagio mentale, il riarmo, finanziato anche dal nostro Paese, sottrae risorse ai diritti sociali. Per questo intendono reagire aprendo una nuova stagione di mobilitazione e di proposte; perché l’attualità e l’efficacia dei principi della legge 180 informano numerose esperienze, vecchie e nuove: servizi di salute mentale, associazioni, cooperative sociali, comunità locali. Queste esperienze, in parte raccontate e rese visibili in questa Conferenza, dimostrano come le risorse attuali, pur del tutto insufficienti, possano essere integrate e spese meglio, che costituiscono un riferimento importante per tanti operatori che “resistono” nel servizio pubblico e per coloro che vivono la sofferenza mentale in contesti dove i servizi sono drammaticamente poveri di mezzi e carenti nelle forme organizzative e nelle culture. Questa Conferenza ha voluto dare voce e rappresentanza a tutte le persone e realtà, oltre i confini della psichiatria, che continuano a portare avanti pratiche rispettose della dignità e dei diritti dei più vulnerabili, a costruire dal basso possibilità e reti che fanno circolare pratiche e idee innovative insieme alla speranza e alla spinta al cambiamento. Per questo:     richiamando: l’articolo 32 della nostra Costituzione che tutela la salute come “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”; la Dichiarazione di Helsinki sulla salute mentale dell’OMS (2005), la Convenzione Onu sui “Diritti delle persone con disabilità” (2006), la Convenzione Onu “Contro la tortura e i trattamenti crudeli, inumani e degradanti” (1984) e la Convenzione Onu “Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza” (1989); convinti: che per rendere effettivi questi principi occorra intervenire con politiche adeguate a livello nazionale, regionale e locale; che la Legge 180/78, sviluppata con la legge 833/78, abbia allargato gli spazi della cittadinanza e della democrazia sancendo la chiusura dei manicomi, liberando migliaia di uomini e di donne e restituendo diritti, dignità e cittadinanza alle persone con disturbo mentale; consapevoli: che anche oggi – seppure ostacolata, solo parzialmente attuata e persino tradita – la legge 180 – insieme alla legge 833 – continui a essere un potente motore di trasformazione delle istituzioni e di affermazione dei diritti civili e sociali di tutti i cittadini, e in particolare di coloro che vivono condizioni di sofferenza e fragilità; che la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, conquistata nel solco della legge 180 grazie alla Legge 81/2014, necessiti di essere sviluppata e correttamente applicata attraverso le misure alternative alla detenzione e, come extrema ratio, il ricovero nelle Residenze (REMS), e affrontando il tema del “doppio binario” riservato ai “folli rei”, dovuto alla loro non imputabilità; richiamando: la Dichiarazione conclusiva della 1° Conferenza nazionale “Diritti Libertà Servizi” del 2019; la Dichiarazione conclusiva della Conferenza “Per una salute mentale di comunità” promossa dal Ministero per la salute nel 2021; il recente Appello “Fermare una tragica nostalgia di manicomio e reagire” sottoscritto da centinaia di organizzazioni e di cittadini; RIVENDICANO a Governo, Parlamento, Regioni/Conferenza e Comuni/Anci, ciascuno per le rispettive competenze, di inserire la Salute Mentale fra le priorità dell’agenda politica dei governi nazionale, regionali e delle città e programmare in modo non episodico e non astratto lo sviluppo delle politiche pubbliche, consapevoli che il diffuso disagio, spesso di origine sociale ed economica, non si risolve con risposte meramente sanitarie ma richiama l’esigenza di azioni di prevenzione e promozione della salute relative alla vita delle persone. E affinché nessuna persona – di qualunque età e condizione – si veda costretta a rinviare le cure, a subire percorsi assistenziali di mero intrattenimento o custodia, a ricevere prescrizioni farmacologiche eccessive e inappropriate, a ricorrere alle prestazioni a pagamento (del privato profit e non profit), a essere sottoposta a trattamenti obbligatori o ad essere di fatto abbandonata senza le cure e l’assistenza dovuta; definire precise misure per assicurare la partecipazione delle persone con disagio mentale, dei familiari, delle associazioni e del sindacato nei servizi e negli organi decisionali territoriali (ad. es. dei DSM e delle Case della Comunità; negli ATS/Conferenze Socio Sanitarie Territoriali); garantire un consistente incremento del Fondo Sanitario Nazionale (esistono più proposte per arrivare al 7,5% e oltre del PIL) oggi tra i più bassi d’Europa, e adeguati finanziamenti ai Dipartimenti di Salute mentale (DSM), aumentando le specifiche risorse fino ad almeno il 5% del FSN (rispetto all’attuale 3%) vincolandole allo sviluppo dei servizi di prossimità; riorientare i DSM e i Servizi di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (NPIA) verso una cultura e una pratica rispettosa delle norme internazionali sui diritti umani delle persone con disabilità e dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Promuovere l’integrazione fra le attività dei Servizi di NPIA e quelli della salute mentale adulti, favorendo la continuità della presa in carico anche al compimento della maggiore età. Garantire con la comunità la presa in cura nell’ambiente di vita, anche durante le fasi acute, attraverso […]

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  • Si vive più a lungo e le donne sono protagoniste di questa nuova fase della vita. Servono servizi, welfare e sanità pubblica che rispondano a questa sfida demografica. Ce lo dice una ricerca promossa dallo Spi e dalle donne Ferpa. Obiettivo: vivere meglio a ogni età. scarica la Ricerca “Cure su misura”

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  • Pubblicato il report “Case della Comunità. Alla ricerca di una «nuova» nozione di pubblico” che propone di ragionare sulle Case della Comunità per sviluppare una riflessione ampia sulla funzione pubblica oggi e sul ruolo che lo Stato deve avere per garantire l’esigibilità del diritto alla salute da parte di cittadini e cittadine Migliorare la sanità territoriale: questo è stato uno dei ritornelli più ascoltati dopo la pandemia da Covid-19. A questo scopo dovrebbero rispondere le Case della Comunità che compaiono nella Missione 6 del PNRR e si configurano come strutture socio-sanitarie polivalenti che forniscono assistenza di tipo primario e attuano attività di prevenzione nonché di promozione della salute. Un ruolo essenziale ribadito anche dal Decreto n.77/2022 che definisce le caratteristiche del sistema di assistenza territoriale del Servizio Sanitario Nazionale e, dalle successive linee di indirizzo. Ritenendo cruciale garantire l’esigibilità del diritto alla salute, già ampiamente compromesso, da parte di tutti i cittadini e tutte le cittadine, come da dettato costituzionale, il Forum Disuguaglianze e Diversità pubblica il report “Case della Comunità. Alla ricerca di una «nuova» nozione di pubblico”, concentrandosi sulle Case della Comunità nel settore sociosanitario, individuando quelle caratteristiche a cui ambire e proponendo degli esempi di buone pratiche già esistenti e operative in Italia. Frutto della riflessione congiunta di un gruppo di esperte ed esperti del settore sociosanitario e del welfare, raccolto attorno al ForumDD, il lavoro ha anche l’obiettivo di indagare come le Case della Comunità possano offrire l’opportunità per ripensare la funzione pubblica, rivitalizzando il lavoro sociale, l’attenzione alla multidimensionalità dei bisogni e la partecipazione dei diversi soggetti coinvolti. Punto di partenza è il mondo del privato sociale che, a causa della spinta esasperata all’esternalizzazione di questi ultimi decenni, in alcuni casi si è trasformato in una sorta di agenzia interinale, seguendo una logica prestazionale, finendo per limitarsi a fornire manodopera qualificata a basso costo e perdendo titolarità sul senso e sulla prospettiva dei servizi. Molti governi che si sono succeduti nel tempo hanno sistematicamente annullato le tutele e i diritti del lavoro e hanno congiuntamente favorito un’inversione di tendenza delle politiche pubbliche, che hanno smesso di redistribuire ricchezza, finendo per smantellare uno dei capisaldi della Costituzione. Ossia, lo Stato sembra non garantire e tutelare più l’esigibilità dei diritti, piuttosto la funzione pubblica è piegata su imperativi economici e non agisce più sul piano dei diritti e della cura del bene collettivo. Questo cambio di rotta è evidente proprio nel settore della cura, in cui la proprietà pubblica di un servizio o di una prestazione non ne certifica nei fatti la sua funzione pubblica, per esempio garantendone l’universalità di accesso. Case della Comunità: quattro caratteristiche necessarie Nel Rapporto, il ForumDD propone quattro caratteristiche che le Case della Comunità dovrebbero avere. La prima è l’integrazione fra dimensione sanitaria e sociale, necessaria a intercettare i bisogni delle persone, in particolare di quelle più svantaggiate, cercando di incidere ex ante sui fattori di rischio. Le Case della Comunità dovrebbero quindi essere degli spazi accessibili e di prossimità dove la distanza tra cittadine e cittadini e la funzione pubblica sia ridotta, assicurando l’offerta di servizi diversi e multidisciplinari. Seconda caratteristica è l’attenzione alle relazioni: è fondamentale che ogni cittadina e ogni cittadino sia trattato sulla base di un’uguaglianza di considerazione e di rispetto. Terza la predisposizione al lavoro multidisciplinare e la valorizzazione del lavoro sociale e delle risorse della comunità stessa. Le risorse della comunità devono essere mobilitate per acquisire informazioni su bisogni inespressi o poco conosciuti ma anche per esprimere modalità alternative per potervi fare fronte. Infine, le Case delle Comunità, pur avendo una radice territoriale, devono essere mosse da un afflato universalistico. L’articolo 32 della Costituzione é netto: “La tutela della salute è diritto fondamentale dell’individuo, nonché interesse della collettività”. La prospettiva quindi non può che essere universale, assicurando a tutti e a tutti l’accesso ai servizi essenziali di prevenzione e di cura. Perché non possono essere i privati a gestire le Case della Comunità Il rischio è che la gestione delle Case di Comunità finanziate con fondi del PNRR, che si concentrano sugli investimenti in conto capitale e non sulla spesa per il personale, vengano affidate al privato convenzionato. L’affidamento a privati comporta rischi e limiti quali: creazione di posizioni di monopolio, asimmetrie informative, mancato coordinamento delle tempistiche, occultamento dei tagli alla spesa pubblica con gare al massimo ribasso con evidenti effetti negativi sia per chi riceve sia per chi offre cura, mancato coinvolgimento di tutta la comunità, incapacità di integrare la dimensione sanitaria con quella sociale. Inoltre le organizzazioni profit presentano ulteriori problemi quali il maggior peso dei detentori del capitale nelle scelte, e la dimensione della mercificazione, in conflitto con la natura universale e il valore intrinseco dei diritti, come quello alla salute. Il modello auspicabile Per il ForumDD, invece, bisogna realizzare Case della Comunità che, dentro una regia pubblica, si caratterizzino per l’adozione di forme di autogoverno democratico e per la partecipazione delle risorse plurali della comunità, inclusi gli enti del terzo settore e del volontariato. In termini diversi, si tratta, di pensare a una nuova forma di responsabilità e governo pubblico che riconosca gli attori privati come co-gestori attivi di una funzione pubblica, “soggetti” e non “oggetti” di politiche. Un governo della Casa della Comunità partecipato da rappresentanti del comune, dell’azienda sanitaria e del distretto sociosanitario in cui la Casa è inserita, dei soggetti che nelle diverse comunità si occupano del sociale (cooperative, imprese sociali, sindacati, altre organizzazioni della cittadinanza attiva, incluse organizzazioni di advocacy e mutuo aiuto), dei lavoratori e delle lavoratici e degli utenti. In altre parole una sperimentazione e una messa in pratica di processi di trasformazione del modo di pensare la salute pubblica e, più in generale, il welfare integrato sociosanitario, che permetta di passare da forme assistenziali, contenitive e istituzionalizzanti, estremamente costose e inefficaci, spesso disumane e divoratrici di capitale sociale e delle capacità delle persone, verso modelli sanitari comunitari, generativi, strutturalmente intrecciati con sistemi di economia civile produttiva che amplificano capitale e coesione sociale, libertà e capacità delle persone e, insieme, le risorse economiche. Le buone pratiche Nel Rapporto vengono raccontati tre casi: il Laboratorio LaVàl della Val Chiusella, in provincia di Torino, la […]

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  • La maggioranza della popolazione mondiale attualmente vive nelle città. Entro il 2050, si prevede che quasi 7 miliardi di persone nel mondo vivranno nelle aree urbane. Trasformare le infrastrutture urbane al fine di garantire migliori qualità di vita e salute per una popolazione urbana in continua crescita diventa di primaria importanza. La maggiore attenzione dovrebbe indirizzarsi alle strategie per la protezione della salute del pianeta nel difficile contesto dei cambiamenti climatici. In questo quadro gli spazi verdi urbani (cioè coperti dalla vegetazione) e gli spazi blu (cioè le risorse idriche) svolgono e svolgeranno un ruolo determinante per il bene della salute pubblica. Per spazi urbani verdi e blu (Urban green blu spaces -UGBS) si intendono spazi accessibili al pubblico, come parchi, foreste, vegetazione lungo le strade, cortili scolastici, percorsi verdi chiusi al traffico, spiagge, mari, laghi, fiumi e canali. L’urbanizzazione in aumento, aumenterà la domanda e la necessità di accedere agli spazi urbani verdi e blu.  Avere accesso alle aree urbane verdi e blu può migliorare la salute e mitigare le disuguaglianze contribuire al benessere fisico, psicologico, sociale, economico e ambientale e offrire opportunità di inclusione sociale e cittadinanza attiva. L’evidenza che esiste una relazione tra gli aspetti qualitativi degli spazi verdi e blu (p.es., biodiversità, estetica, sicurezza e servizi) e gli esiti su salute e benessere supporta l’idea che migliore è la qualità dello spazio, migliori sono i risultati. Tuttavia, i benefici derivanti dagli spazi verdi e blu potrebbero non essere distribuiti in modo equo nello spazio o nella società: alcuni gruppi di popolazione, in particolare chi già è affetto da problemi di salute, non hanno le stesse opportunità di accesso alle aree cittadine verdi e blu. In sintesi nonostante controversie tra gli studiosi, la scarsa qualità e la disuguale distribuzione degli spazi urbani verdi e blu sono state associate all’aumento delle disuguaglianze sanitarie e sociali. Gli spazi verdi e blu offrono opportunità per la pratica dell’attività fisica e l’interazione sociale, e possono contribuire alla regolamentazione dell’ecosistema, per mitigare gli effetti dell’urbanizzazione sempre più estesa (p.es., la vegetazione può migliorare la qualità dell’aria rimuovendo gli inquinanti e può ridurre le emissioni di gas serra). Intervenire sugli spazi verdi urbani, per aumentare la copertura arborea, contribuisce a ridurre gli effetti delle isole di calore e la mortalità. Gli spazi verdi e blu rafforzano l’azione contro la crisi del clima e della biodiversità e offrono soluzioni basate sulla natura, “azioni per proteggere, gestire in modo sostenibile e ripristinare ecosistemi naturali o modificati, che affrontano in modo efficace e adattivo le sfide sociali, fornendo contemporaneamente benefici per il benessere umano e la biodiversità”. Gran parte della popolazione mondiale non ha accesso sufficiente agli spazi verdi, in particolare le persone che vivono nelle città. Questo accesso limitato è associato a un carico di mortalità che potrebbe essere prevenuto. Migliorare la salute pubblica, l’equità sanitaria e la giustizia sociale richiede politiche e pratiche che coinvolgano co-progettazione, co-implementazione, co-valutazione e co-adattamento di soluzioni per creare (o ricreare) lo spazio verde e blu, e la necessità di far fronte a importanti lacune nella fase di implementazione e attuazione di tali politiche. Una progettazione del paesaggio urbano improntata alla creatività può incoraggiare le persone verso comportamenti che promuovono la salute. Tuttavia, per migliorare gli spazi verdi e blu sono necessari approcci integrati che coinvolgano la ricerca, l’advocacy, la politica e la pratica per contribuire alla salute della popolazione, alla qualità ambientale, alla resilienza verso i cambiamenti climatici, al miglioramento della biodiversità e alla riduzione delle disuguaglianze. Quali sono le sfide da affrontare La Ricerca Scientifica I disegni di ricerca Ad oggi, gran parte delle attuali evidenze sul verde e blu urbani provengono da studi trasversali e, in misura minore, da studi osservazionali longitudinali, con poche prove da studi di tipo sperimentale o quasi sperimentale. Numerose ricerche e politiche, considerano la semplice vicinanza o la possiblità di accedere agli spazi cittadini verdi e blu come proxy dell’usufruirne. Ma informazioni riferite a distanza, dimensioni e aspetti qualitativi di tali luoghi sono scarse e potrebbero avere invece un impatto benefico per la salute. Sono perciò stati proposti nuovi indicatori, come la triade 3-30-300 per gli spazi verdi: ogni cittadino dovrebbe essere in grado di vedere almeno 3 alberi dalla propria casa, dovrebbe avere il 30% di copertura arborea nel proprio quartiere e non dovrebbe vivere a più di 300 m di distanza dal parco o dallo spazio verde più vicino. Tuttavia raramente questi indicatori sono stati presi in esame e potrebbero differire in base a contesti con diversi livelli di densità di popolazione e status socioeconomico. È necessario comprendere come aspetti dei luoghi tipo la biodiversità possano giovare alla salute umana e come la densificazione delle città stia aumentando gli effetti delle isole di calore. Tuttavia le evidenze scientifiche suggeriscono che la semplice possibilità di vedere luoghi verdeggianti, a prescindere dal frequentarli, potrebbe fornire benefici per la salute. Ciò che conta è valutare con completezza gli interventi relativi ai luoghi urbani verdi e blu, ben coscienti della complessità dei conosciuti co-benefici, fattori confondenti e modificatori di effetto; della difficoltà di stabilire il periodo di tempo in cui misurare il cambiamento e determinare l’attribuzione; della natura multifunzionale e multistrato degli spazi di verde e di blu presenti nel tessuto urbano. Il ciclo di ricerca-politica-pratica intorno a questi luoghi è spesso non allineato riguardo ai tempi, agli attori e alle priorità. Ne consegue che la base di prove disponibili è insufficiente e non si focalizza su ciò che funziona, per chi funziona o dove si collocano i problemi. Differenti popolazioni e l’equità Sostanziali segmenti della popolazione (molti appartenenti a gruppi svantaggiati ed emarginati) hanno, rispetto a chi proviene da ceti sociali abbienti, minore accesso e quindi meno utilizzo delle aree verdi e blu della città, con conseguenze per la loro salute e benessere. La qualità di questi spazi cittadini è solo in parte radicata nella disparità di accesso. Sebbene le aree svantaggiate non lo siano necessariamente in termini di quantità di spazi verdi rispetto alle aree più benestanti, è la carenza di strutture, servizi di qualità e i […]

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  • Daniele, un giovane lavoratore, mentre guidava un furgone aziendale alle 5:00 del mattino, si è schiantato contro un mezzo della raccolta differenziata dei rifiuti, fermo ai margini della carreggiata, ed è deceduto sul colpo. Luogo: Emilia Romagna – Anno: 2016 – Comparto produttivo: Elettricità – Gas – Acqua Esito: morte Dove è avvenuto: Alle 5:00 della mattina del 7 settembre 2016 Daniele ha perso la vita in un incidente stradale,in provinciadi Reggio Emilia. Cosa si stava facendo: Daniele stava rientrando dalla notte di lavoro trascorsa a riparare i guasti e le avarie provocate dalla tromba d’aria della sera prima. Era tecnico di una azienda elettrica. Descrizione dell’infortunio: A bordo del furgone aziendale Daniele è finito contro la parte posteriore di un camion della azienda che si occupa della raccolta differenziata dei rifiuti della bassa Reggiana. Il camion era fermo sulla carreggiata per la raccolta della carta del cassonetto dei rifiuti. Raccomandazioni: Si sarebbero dovuti applicare approcci di vario tipo: organizzativi gestione adeguata dei turni e delle pause di lavoro; attenzione generale ai segnali premonitori di quasi incidenti o eventi di lieve entità che possono allertare il datore di lavoro circa una iper suscettibilità al colpo di sonno e poter stabilire, con il lavoratore, un’adeguata strategia per limitarne i possibili danni; comportamentali: corsi di guida sicura e/o inserimento di specifici argomenti legati alla guida dei mezzi nei corsi di formazione ex art. 37 del D. Lgs 81/08; normativi attenzione all’argomento da parte dei medici competenti in fase di visita periodica, in particolare nella redazione del protocollo di sorveglianza sanitaria ex art. 41 del D.Lgs 81/08 il quale potrebbe tenere in considerazione non solo le procedure di accertamento della tossicodipendenza e dell’alcol dipendenza ma anche dell’eventuale uso di farmaci e/o comportamenti alimentari che possono avere conseguenze sui livelli di attenzione di un soggetto alla guida dei mezzi, di qualunque genere o natura. Leggi la storia completa https://www.storiedinfortunio.dors.it/2024/12/16/i-have-a-dream/ fonte: https://www.dors.it/2024/12/i-have-a-dream/

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  • Prosegue anche quest’anno la diffusione della collana regionale dei Report BesT, un’analisi integrata degli indicatori Bes dei Territori (BesT). Il sistema di indicatori BesT, riferiti alle province e città metropolitane italiane, comprende un ampio set delle misure del Benessere equo e sostenibile (Bes) e le integra con ulteriori indicatori di benessere in grado di cogliere le specificità locali. L’intera base dati e i metadati sono disponibili nella  sezione del sito dedicata al Benessere equo e sostenibile dei territori e sulla piattaforma IstatData. Ciascun Report BesT presenta il profilo di benessere della regione e delle sue province sotto vari aspetti: la posizione nel contesto nazionale ed europeo, i punti di forza, gli svantaggi, le disparità territoriali, le evoluzioni recenti e si completa con alcuni indicatori sul territorio, la popolazione, l’economia. Ai report regionali BesT 2024 si aggiunge quest’anno un ventunesimo report, già pubblicato, che approfondisce e confronta i profili di benessere delle 14 città metropolitane. vai su BES 2024 per i Report delle singole Regioni Video Il benessere Equo e Sostenibile dei Territori I report regionali  arricchiscono significativamente l’offerta informativa per i territori e sui territori. Grazie ad un sistema di indicatori comuni e pienamente armonizzati con il Bes nazionale, le analisi dettagliate delle diverse aree del Paese permettono di conoscere le specificità e le disuguaglianze di ciascun territorio, sia nel confronto con il contesto nazionale che con quello europeo. Guarda il video su YouTube01:07

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  • CGIL, SPI CGIL e INCA (il Patronato della CGIL) hanno prodotto dei materiali informativi su due sperimentazioni previste dalla Riforma della Disabilità (Legge 227/2021 e successivo decreto attuativo D.Lgs 62/2024) e dalla Riforma Anziani-Non Autosufficienza (Legge 33/2023 e successivo decreto attuativo D.Lgs 29/2024). I materiali INFO: —> Depliant INFO riforma Disabilità e Non Autosufficienza —> Le Diapo SPI CGIL su Riforme Disabilità e Non Autosufficienza (interattive: clicca sui bottoni) —> Depliant INFO Riforma Non Autosufficienza sperimentazione (in tutta Italia) “Prestazione Universale” —>  Il video sulle sperimentazioni (in nove province) Riforma Disabilità e Riforma Non Autosufficienza  

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  • A Roma presentato il volume sui numeri delle neoplasie, frutto della collaborazione tra AIOM, AIRTUM, Fondazione AIOM, ONS, PASSI, PASSI d’Argento e SIAPeC-IAP. Sono stabili le diagnosi rispetto al biennio precedente e il 50% dei cittadini che oggi si ammalano è destinato a superare definitivamente la malattia. Dal 2006 al 2021, i decessi nei 20-49enni sono calati del 21% nelle femmine e del 28% nei maschi, con una netta riduzione nel carcinoma polmonare. A questo ha contribuito la lotta al fumo, sulla quale bisogna fare ancora tanto e stare attenti a non invertire la rotta. Migliora la copertura degli screening, ma restano le differenze regionali. Boom di sedentari: il 28% non svolge alcuna attività fisica. Focus anche sulle neoplasie nei migranti, nelle carceri e nelle zone di guerra. I numeri del cancro in Italia 2024

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  • In un tempo buio, che uccide la fiducia e la speranza, noi vogliamo suscitare un sogno, antico e moderno:  “il sogno di una società fraterna”. Organizziamo assieme la più grande Marcia PerugiAssisi per la pace e la fraternità In un mondo devastato dall’individualismo, dall’egoismo e dall’indifferenza che uccide e lascia uccidere, mentre lo scontro di interessi alimenta spietate guerre di ogni genere, mentre guerre sanguinose si accaniscono ferocemente contro bambini, donne, malati e anziani, in un mondo intriso di violenza, pieno di muri e confini, mentre si accelera un’incontrollata corsa al riarmo, di fronte ai segni sempre più marcati della “terza guerra mondiale”, noi vogliamo reagire con “un nuovo sogno di fraternità e amicizia sociale”. In un pianeta in fiamme, in un mondo in guerra, noi vogliamo spingerci in una direzione e in un mondo diverso. Al mondo dell’inevitabile, della guerra inevitabile, della corsa al riarmo inevitabile, dello scontro inevitabile, della competizione inevitabile, delle disuguaglianze inevitabili, dello sfruttamento inevitabile noi rispondiamo con la fraternità e l’amicizia sociale. La fraternità è l’alternativa alla guerra: l’altro orizzonte possibile. Noi lo vogliamo immaginare, sognare, desiderare e costruire. Facciamolo assieme! Se condividi questo sogno, se vuoi tornare a sognare insieme, aiutaci ad organizzare la più grande Marcia PerugiAssisi per la pace e la fraternità. Domenica 12 ottobre 2025 Marcia PerugiAssisi della pace e della fraternità Immagina tutte le persone vivere insieme in pace SCARICA L’APPELLO INFO PER PARTECIPARE DOMANDE FREQUENTI COMITATO PROMOTORE SCARICA IL MANIFESTO leggi tutto su https://www.perugiassisi.org/marcia-2025/

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  • AGENAS pubblica un nuovo Quaderno di Monitor sulla distribuzione delle grandi apparecchiature sanitarie in Italia, realizzato dall’Agenzia con la collaborazione delle Società Scientifiche di settore e del Ministero della salute che, in particolare, ha fornito i dati aggiornati a maggio 2024 provenienti dal flusso informativo per il monitoraggio di questo tipo di apparecchiature sanitarie in uso presso le strutture sanitarie pubbliche, private accreditate e private non accreditate istituito con Decreto del Ministero del 22 aprile 2014. L’obiettivo del Report è rendere disponibile la conoscenza aggiornata della dotazione, distribuzione sul territorio nazionale, livello tecnologico e obsolescenza delle grandi apparecchiature presenti nelle strutture delle varie Regioni e Province Autonome. Il livello tecnologico delle apparecchiature sanitarie e la loro adeguata distribuzione sul territorio rivestono un ruolo fondamentale nel garantire la qualità dell’assistenza erogata dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN), l’equità nell’accesso alle prestazioni, la riduzione dei tempi di degenza e delle liste d’attesa, la razionalizzazione delle risorse. Per favorire una maggior diffusione e approfondimento dei dati, AGENAS mette a disposizione anche una dashboard navigabile, accessibile liberamente dal proprio Portale statistico (Portale Statistico AGENAS – LINK), nella quale sono riportati ulteriori informazioni e dettagli relativi al parco tecnologico per Azienda e singola struttura sanitaria. Sintesi per la stampa –  PDF Quaderno di Monitor –  PDF fonte: Agenas

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